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Gaza, per il 96% delle persone è carestia mentre anche il disastro ambientale cresce

Prima della guerra l’agricoltura permetteva alla popolazione palestinese di essere completamente autosufficiente: adesso l’intera filiera è stata distrutta o contaminata
 |  Approfondimenti

Quando si pensa all’attuale situazione palestinese, i danni ambientali sono l’ultimo degli elementi che compongono il quadro disastroso che si sta dipingendo a Gaza dal 7 ottobre 2023.

La recente sospensione degli aiuti umanitari ha aggravato ulteriormente la condizione sanitaria delle quasi due milioni di persone attualmente sfollate nella Striscia di Gaza, dove il 96% vive in condizioni di carestia. Secondo le Nazioni Unite, l’84% delle strutture sanitarie è stato distrutto, facendo aumentare vertiginosamente il numero di malattie e persone che necessitano cure mediche, a causa della mancanza di acqua potabile e alla scarsa qualità dell’aria. Secondo uno studio pubblicato su Social Science Research Network, solo nei primi 60 giorni dell’attuale conflitto, in Palestina sono state emesse 281 mila tonnellate di CO2, un numero che supera la somma delle emissioni annuali di 20 paesi del mondo. Il rilascio di questa enorme quantità di anidride carbonica è causato esclusivamente dalle operazioni militari, dagli aerei, dalle bombe sganciate sul suolo. Uno dei maggiori fattori inquinanti e di rischio per la salute umana è l’uso intensivo di bombe incendiarie, tra cui il fosforo bianco, arma chimica usata principalmente nelle operazioni militari israeliane e statunitensi che rilascia polveri sottili tossiche all’inalazione o al contatto.

Il costo della guerra, che si dimostra già altissimo in termini di vite umane, si riversa anche sul suolo, che a causa del continuo passaggio di mezzi pesanti militari e del rilascio di sostanze tossiche è diventato impossibile da arare o coltivare.

Prima del conflitto in corso, l’agricoltura permetteva alla popolazione palestinese di sostentarsi, riuscendo ad essere completamente autosufficiente attraverso la produzione e il consumo di verdure, olio e altri generi alimentari. Al momento, la quasi totalità dei campi e delle serre presenti è stata distrutta o contaminata, distruggendo la catena di produzione alimentare rendendo ancora più vulnerabile la popolazione palestinese che risulta essere completamente dipendente dagli aiuti umanitari.

Il disastro ambientale causato dalla guerra non si limita solo alle operazioni militari, la distruzione delle strutture di stoccaggio e smaltimento di rifiuti sulla Striscia di Gaza ha aggiunto un altro fattore inquinante. Nel giugno 2024 l’UNRWA ha riportato che più di 330 mila tonnellate di rifiuti solidi sono stati prodotti e accumulati in soli sei mesi, che si aggiungono alle 2000 tonnellate prodotte quotidianamente. Senza le strutture adatte per smaltire i rifiuti, la popolazione si trova a doverli bruciare rilasciando nell’aria quantità enormi di sostanze tossiche che si ripercuotono sulla salute, soprattutto dei bambini.

L’inquinamento massiccio del suolo, dell’acqua e dell’aria non tocca solamente la popolazione sfollata di Gaza, ma può arrivare ad avere conseguenze a lungo termine anche su territori e persone completamente esterne al conflitto.

COSPE

COSPE è un'associazione di cooperazione internazionale, laica e senza fini di lucro. Dal 1983 il suo impegno è volto a favorire il dialogo tra persone e popoli per costruire un mondo di pace, accoglienza e giustizia sociale, con particolare attenzione alla parità di genere, alla sostenibilità ambientale e alla lotta contro ogni forma di discriminazione. Attualmente opera in 24 paesi, sostenendo attivamente le comunità locali e la società civile nel perseguimento dell'inclusione sociale, dei diritti umani e della democrazia.