Forum diseguaglianze e diversità: «Il Piano Draghi così non va, si apra un confronto sul futuro dell’Ue»
«Bene se il Rapporto “The Future of European Competitiveness”, noto come Piano Draghi, serve per discutere del futuro dell’Unione europea. Male se ci si ferma alla superficie e, restando ai titoli, lo si usa per schieramenti tattici o pregiudiziali o per facili ironie». Il Forum disuguaglianze e diversità, con un documento disponibile da oggi sia in italiano che in inglese, interviene sul piano congiunto di decarbonizzazione e competitività proposto da Draghi all’inizio di settembre. Il giudizio che ne dà è negativo perché, viene spiegato, «non fa bene all’Europa, non ne valorizza i punti di forza, promuove una crescita che trascura la giustizia sociale e ambientale». In sintesi, sostiene il forum guidato da un gruppo di coordinamenti presieduto da Fabrizio Barca e Andrea Mornioli, «la strategia del Piano è portata fuori strada sia dalla scelta degli Usa come standard ricorrente di riferimento, senza coglierne debolezze, instabilità economica e recenti evoluzioni, sia dalla parallela disattenzione alle specificità e ai punti di forza dell’Europa e alle sue effettive convenienze geopolitiche». Sul Piano, sostiene il Forum Dd, «pesa anche il fatto di non assumere il punto di vista delle persone e una visione ancillare della dimensione sociale, che accentua la frattura fra economia e società come se questi anni nulla ci avessero insegnato. Questi limiti condizionano l’insieme dei rimedi, che, fermo restando la validità di singole idee, farebbero male all’Europa».
Da qui la proposta lanciata dal Forum, ovvero quella di usare il Piano «già penetrato profondamente nell’agenda europea» per «aprire un confronto pubblico, informato e aperto sul futuro dell’Unione». Dall’esame del testo presentato il mese scorso dall’ex premier italiano, infatti, il Forum Dd ha ricavato questa conclusione: se quel Piano dovesse improntare l’azione dell’Ue nei prossimi mesi e anni, fermo restando la validità delle singole idee, gli effetti sull’Europa sarebbero negativi, «favorendo una concentrazione ulteriore del potere economico e politico, coerente con la de-democratizzazione in atto, accrescendo le disuguaglianze e aggravando la distanza delle istituzioni dell’Unione da bisogni e aspirazioni di cittadini e cittadine, facendo della difesa un volano dello sviluppo, senza attenzione ai gravi effetti di tale scelta, relegando l’UE nei rapporti internazionali in una posizione rigidamente predeterminata e non necessariamente conveniente».