Gli aiuti europei allo sviluppo dirottati verso le grandi multinazionali
Il nuovo report “Who profits from the Global Gateway? The EU’s new strategy for development cooperation” pubblicato da Oxfam, Counter Balance e Eurodad, denuncia che «La nuova strategia dell'Ue per gli investimenti e lo sviluppo globale, il Global Gateway, rischia di dirottare verso le grandi aziende buona parte delle risorse europee destinate all’aiuto allo sviluppo dei Paesi più poveri» e rileva che «Oltre il 60% dei progetti presi in esame andrà a beneficio di almeno un'azienda europea».
Il Global Gateway ha lanciato 225 progetti tra il 2023 e il 2024. La maggior parte dei progetti riguarda il clima e l'energia (49%), seguita dai trasporti (22%) e dal settore digitale (13%). L'istruzione e la sanità hanno ricevuto meno attenzione (7% e 9%).
Su 40 progetti presi in esame dal rapporto, 25 sosterranno multinazionali europee come Siemens, Moller Group o Suez. Mentre solo il 16% di tutti i progetti del Global Gateway porterà investimenti in settori chiave per lo sviluppo dei Paesi poveri come la salute, l'istruzione e la ricerca. Inoltre, almeno 7 aziende (Moller Maersk, Enel, Meridiam, Orange, Nokia, Total Energies e Siemens) che fanno parte del Global Gateway Business Advisory Group - il gruppo di esperti istituito dalla Commissione europea e composto da 59 grandi aziende e associazioni imprenditoriali, principalmente europee - hanno firmato contratti finanziati con i fondi del Global Gateway.
Per le tre organizzazioni che firmano il rapporto si tratta di «Un quadro che quindi tradisce le regole europee, dato che la principale fonte di finanziamento del Global Gateway è il budget comunitario per gli aiuti allo sviluppo, che dovrebbero essere impiegati prima di tutto per la "riduzione e l'eliminazione della povertà nel lungo termine”».
Per Francesco Petrelli, portavoce e policy advisor su finanza per lo sviluppo di Oxfam Italia, «Esiste il rischio concreto che il bilancio degli aiuti dell'Ue venga destinato, nel quadro finanziario pluriennale’21-’27, più alla difesa degli interessi geopolitici ed economici europei, che alla lotta alla povertà e alla promozione dello sviluppo sostenibile. Su questa strada il Global Gateway finirebbe con l’alimentare i profitti delle imprese con i soldi dei contribuenti europei. Il bilancio dell'Ue per gli aiuti non ha questo obiettivo. Per questo l’Unione europea deve assicurarsi che non si stravolgano gli obiettivi politici affermati in tutti i documenti approvati da Commissione e Parlamento. Così vengono favoriti gli interessi privati, in un quadro di mancanza di trasparenza, a scapito sia del contribuente europeo che delle popolazioni locali, facendo emergere seri rischi di colossali conflitti di interesse».
Alexandra Gerasimcikova, responsabile delle politiche e dell'advocacy di Counter Balance, ha aggiunto: «Abbiamo esaminato decine di progetti, riscontrando che i progetti Global Gateway vengono attuati per incrementare le attività commerciali dell'Ue nel Sud del mondo, nonostante i gravi rischi sociali, economici e ambientali, che questo comporta. Gli elevati standard che la Commissione sostiene di offrire al resto del mondo spesso non sono all'altezza».
Inoltre, il report evidenzia l'opacità della strategia del Global Gateway: «Mancano, ad esempio, informazioni pubbliche su progetti, finanziamenti, contratti o valutazioni in materia di tutela dei diritti umani e dell’ambiente. Ciò rende difficile stabilire in che misura il Global Gateway contribuisca allo sviluppo sostenibile».
Farwa Sial, senior policy e advocacy officer di Eurodad, sottolinea che «Il Global Gateway è in gran parte finanziato dal bilancio dell'Ue per gli aiuti: il pubblico ha il diritto di sapere per cosa vengono spese queste risorse. Eppure, quando abbiamo cercato di indagare sui progetti, abbiamo riscontrato una mancanza di informazioni estremamente preoccupante. Temiamo che quanto siamo riusciti a scoprire e analizzare sia solo la punta dell'iceberg.
In più, il Global Gateway rischia poi di accrescere le disuguaglianze in molti Paesi fragili, come in Perù, dove uno dei progetti individuati incoraggia le famiglie più povere a sottoscrivere mutui per l’acquisto di proprietà agricole, versando un sostanzioso anticipo. Con il rischio di farle indebitare e spingerle ancora più in povertà. La strategia europea rischia anche di esacerbare la crisi del debito in diversi Paesi. L'Ue avvierà infatti progetti del Global Gateway in 29 dei 37 Paesi poveri più indebitati del mondo e le tre organizzazioni fanno notare che «Questi progetti privilegiano i prestiti rispetto alle sovvenzioni, riducendo la capacità dei governi di soddisfare i bisogni della popolazione, poiché devono ripagare il debito e gli interessi alle istituzioni finanziarie europee».
Petelli fa l’esempio dell’approccio del Global Gateway nei confronti dell'America Latina che «Rischia di dirottare risorse destinate allo sviluppo delle comunità più povere e vulnerabili al cambiamento climatico per pagare la cosiddetta transizione verde dell'Unione europea. E ciò avviene in una delle regioni più disuguali al mondo. Invece l’Europa dovrebbe ascoltare le voci di chi si batte per una transizione verde davvero equa».
La ricerca sottolinea anche i potenziali impatti negativi del Global Gateway sul pianeta: «3 dei 13 progetti analizzati che prevedono la produzione di idrogeno derivato dall’impiego di elevate quantità d’acqua verranno realizzati in Paesi come Namibia, Cile e Sudafrica, dove questa vitale risorsa scarseggia. Allo stesso tempo, aziende che producono combustibili fossili come Total Energies ed Enel sono membri del Global Gateway Business Advisory Group».
Per Oxfam, Counter Balance e Eurodad c’è infine il rischio che alcuni progetti aggravino le crisi e i conflitti esistenti. Come in Rwanda, dove l'Ue ha previsto un accordo per il piano idroelettrico regionale Ruzizi III in Rwanda e in Congo che, secondo le stime della Banca africana di sviluppo, il progetto del costringerà al reinsediamento di 4.500 persone e interesserà proprietà quali terreni, coltivazioni, frutteti.
Un altro accordo sempre con il Rwanda prevede l'estrazione di materie prime e il presidente della Repubblica Democratica del Congo (RDC), élix Tshisekedi ha denunciato l'accordo Ue-Rwanda e il gruppo della società civile congolese Lucha ha accusato l'Ue di finanziare la guerra nell'est della RDC. La piattaforma consultiva della società civile e delle autorità locali non garantisce alla società civile un accesso sufficiente alle informazioni per influenzare la selezione e l'elaborazione dei progetti. La piattaforma dà spazio anche alle organizzazioni imprenditoriali, come Internet Society, che rappresenta grandi colossi tecnologici come Nokia, che è anche membro del Business Advisory Group.
Petrelli conclude: «Il quadro è davvero desolante e deriva dalla mancanza di controlli democratici e di rappresentanza da parte dei Paesi partner e della società civile. Mentre gli interessi delle imprese europee sono al centro del processo decisionale attraverso il Business Advisory Group dell'Ue, il ruolo dei Paesi partner, del Parlamento europeo e della società civile è stato relegato a quello di testimonial».