Forum terzo settore: meno fondi per il sociale dopo la revisione del Pnrr da parte del governo Meloni
Diciotto modifiche sostanziali, due misure eliminate del tutto, nove interventi rivisti al ribasso e una misura commissariata. Ecco com’è cambiato il Pnrr riguardo gli interventi in ambito sociale, dopo la revisione da parte del governo Meloni. Tra le totali 54 misure e sottomisure che interessano anche il Terzo settore, infatti, in totale 18 risultano modificate. Alcune in maniera marginale, ma la maggior parte in modo profondo. Non solo. Due misure sono state totalmente eliminate: quella per la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie (300 milioni di euro che sarebbero serviti per realizzare 254 progetti) e quella per la realizzazione di infrastrutture sociali di comunità nelle aree interne, ovvero servizi di istruzione, salute e mobilità (500 milioni per la realizzazione di 803 progetti). La misura per il superamento degli insediamenti abusivi in agricoltura al fine di combattere il caporalato è invece stata commissariata. Inoltre, 9 interventi (misure o sottomisure) di interesse per il Terzo settore sono stati rivisti al ribasso negli obiettivi.
Tutto ciò emerge dal rapporto “Pnrr e Terzo settore, cosa cambia e perché”, realizzato dal Forum Terzo Settore e da Openpolis. I contenuti dell’indagine sono stati presentati oggi alla Camera dei deputati. E il quadro complessivo che ne deriva è decisamente negativo.
Oltre alle misure modificate, ci sono stati infatti anche pesanti cambiamenti dal punto di vista dei finanziamenti: i principali tagli di risorse hanno riguardato la misura sui Piani Urbani Integrati per il miglioramento delle periferie (meno 1,6 miliardi di euro), gli interventi di rigenerazione urbana per contrastare emarginazione e degrado sociale (meno 1,3 miliardi), gli investimenti per la costruzione o l’ammodernamento di asili nido e scuole dell’infanzia (meno 1,4 miliardi). Di contro, 4 interventi sono stati rivisti al rialzo negli obiettivi e altrettanti nei finanziamenti: in particolare quello per le politiche attive del lavoro (aumento di oltre 1 miliardo di euro), per la telemedicina (+500 milioni), per lo sviluppo e la resilienza delle imprese turistiche (+305 milioni) e per l’assistenza domiciliare (+250 milioni).
Rispetto agli ambiti sociali considerati, si legge nel rapporto diffuso dal Forum Terzo Settore, il “nuovo” Pnrr mantiene oltre 35mila opere finanziate, per un importo complessivo di 30 miliardi (che includono però anche altre fonti di finanziamento). La revisione operata dal governo, però, ha portato all’eliminazione di oltre 1.300 i progetti, per un valore di circa 1,3 miliardi. Lo “stralcio” riguarda per gran parte gli interventi sulle due misure totalmente definanziate (beni confiscati alle mafie e infrastrutture sociali di comunità). Altri progetti, invece, sono stati eliminati a causa delle rinunce dei soggetti attuatori o della presenza di errori così rilevanti da richiederne la chiusura.
Dopo la prima pubblicazione di un analogo rapporto, nel 2023, l’osservatorio nato dalla collaborazione tra Foru Terzo Settore e Openpolis è proseguita portando avanti il lavoro di monitoraggio del Pnrr con particolare attenzione all’ambito del sociale. Permangono, come evidenziato già lo scorso anno, rilevanti problemi di trasparenza rispetto all’andamento dell’attuazione del Piano: nonostante alcuni passi compiuti dal governo Meloni, spiegano fonti dei due enti, le informazioni disponibili non sono ancora sufficienti a ricostruire un quadro completo e la piattaforma Regis risulta ancora non accessibile per la società civile. Inoltre, nonostante sia stato assicurato più volte dal governo il ricorso ad altre tipologie di risorse per bilanciare l’avvenuto definanziamento, e nonostante il cosiddetto decreto Coesione sarebbe dovuto servire proprio a questo scopo, non c’è ancora chiarezza su come ciò potrà avvenire, senza ridurre l’investimento per altri interventi già previsti.
Per quanto riguarda la distribuzione territoriale delle risorse Pnrr per le misure di interesse per il Terzo settore, alla Lombardia va la cifra più consistente, pari a circa 3 miliardi (12,5% del totale), mentre a seguire si trova la Campania con 2,8 miliardi (11,6%) e la Sicilia con 2,3 miliardi (9,6%). Viene rispettata la clausola che prevede che almeno il 40% dei fondi Pnrr sia riservato alle regioni meridionali (43,7%), nonostante ogni singola misura presenti dati molto diversi. Ad esempio, al Sud i finanziamenti per migliorare la qualità dei servizi pubblici digitali si fermano al 34,3%, quelli per il sostegno alle persone vulnerabili al 36,5%.
Rispetto alle scadenze, 16 sono quelle previste per il 2024. Di queste, 5 sono state completate e riguardano le riforme sulla disabilità, sugli anziani e non autosufficienti, sugli appalti, sulla spesa pubblica e sull’amministrazione fiscale. Sette scadenze sono invece state posticipate al 2025 o 2026.