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«Un Paese inquieto, in cui si lavora di più e si consuma di meno». L’Italia nella fotografia del Rapporto Coop 2024

Dall’indagine emerge che a tenere banco sono le preoccupazioni per le tensioni internazionali, i cambiamenti climatici, ma anche i sacrifici e le rinunce per difendere il potere d’acquisto. Aumentano gli acquisti bio
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Si lavora di più e si compra meno. Preoccupa la crisi climatica ma non solo. E l’Italia assume sempre più i contorni di «un Paese inquieto, dove si riduce la quota di chi guarda con fiducia al futuro (che scende di 4 punti in due anni) e aumenta il timore (+ 11 punti percentuali 2024 su 2022)». La non esaltante fotografia scattata alla nostra penisola ci viene consegnata dal “Rapporto Coop 2024 - Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani”.

Dalle indagini condotte nel corso degli ultimi mesi emerge un quadro complessivo in cui non mancano né le luci né le ombre, ma la nota dominante è piuttosto cupa. Incide su questo, ovviamente, la situazione geopolitica complessa e i conflitti divampati negli ultimi due anni, e non a caso nel documento presentato ieri a Milano si legge che «un italiano su 3 dichiara la sua preoccupazione per le tensioni internazionali». Ma non c’è soltanto questo a spingere gli italiani a guardare con meno ottimismo al futuro rispetto a quanto non si facesse in passato. «A generare preoccupazione fra i nostri connazionali è anche il cambiamento climatico», viene sottolineato. «Se è vero infatti che le conseguenze del climate change si scaricheranno soprattutto sul sud del mondo (anche se la metà delle emissioni dei gas serra è responsabilità di appena un decimo della popolazione, la più ricca), l’Italia per la sua condizione geografica e la posizione al centro del Mediterraneo ne subirà i maggiori effetti in Europa come teme il 55% dei manager intervistati nella survey “Looking Forward”, per non parlare del 37% degli intervistati che vede tra i principali rischi del surriscaldamento del Pianeta anche la difficoltà di approvvigionamento di materie prime (e il 52% dà già per certo l’aumento dei costi operativi). Peraltro, proprio la sua posizione espone l’Italia ai maggiori flussi migratori che verranno dal continente africano, protagonista nei prossimi trent’anni di una eccezionale crescita demografica».

Ma, di nuovo, non è solo questo a far dell’Italia «un Paese inquieto». A dare un pesante contributo in questo senso ci sono motivi economici, legati al mondo dell’occupazione e a preoccupazioni sulla tenuta per il futuro. Perché se è vero che c’è una ripresa economica in atto, dalle risposte degli intervistati emerge che «non basta a tranquillizzare gli italiani». Si legge nel Rapporto che «una inquietudine di fondo è generata anche dal fatto che la maggioranza degli italiani (il 55%) è alle prese con una vita ben diversa dalle proprie aspettative di partenza molto spesso in senso peggiorativo (44% del campione)». E il motivo è semplice: si è costretti a lavorare di più, per mantenere il potere d’acquisto su livelli accettabili. «Se è vero infatti che il potere di acquisto nel nostro Paese ha recuperato i livelli pre-pandemia e che oggi più di ieri sono diminuiti gli italiani che hanno vissuto situazioni di disagio profondo (l’ammettevano 20 milioni di persone nel 2022 rispetto ai 12 milioni di oggi) e che le famiglie in difficoltà ad affrontare una spesa imprevista di 800 euro passano dal 45% del 2023 al 33%, restano comunque ampie le difficoltà sociali del Paese. E anche questa faticosa tenuta non è avvenuta senza sacrifici. Innanzitutto, l’overworking è la leva principale con cui gli italiani provano a difendere il loro tenore di vita; infatti, già nel 2023 per ottenere redditi reali di poco superiori a quelli di 5 anni fa sono stati costretti a un surplus di ore lavorate (un miliardo e mezzo di ore in più). E, come spesso accade, sono molto ampie le differenze tra i settori economici. Ad esempio, i redditi per occupato dei lavoratori della sanità sono calati dell’8,5%, quelli dell’istruzione dell’11,2% mentre per altri come il settore costruzioni o l’ambito immobiliare i redditi sono cresciuti rispettivamente del 4,6% e del 6,4%. Forse anche per questo a precisa domanda il 75% degli intervistati non esita a dichiararsi insoddisfatto in primo luogo della propria retribuzione».

E questa insoddisfazione per quanto guadagnato, nonostante l’aumento delle ore lavorative settimanali, si traduce in un altro tipo di comportamento che è indice di mancanza di fiducia nel futuro: la tendenza al risparmio. «Non sorprende che la parola chiave con cui gli italiani si approcciano ai consumi sia il risparmio, di gran lunga il primo criterio di scelta negli acquisti (lo dice il 75% del campione) sia che si tratti di riempire l’armadio sia di scegliere un’auto (peraltro sempre più frequentemente usata, tanto che sono 15 milioni gli italiani che hanno rinunciato all’acquisto dell’auto nuova nel 2024), mentre rimane un miraggio la casa di proprietà (-2,1% le compravendite nel corso di quest’anno). Anche i prodotti tecnologici a partire dallo smartphone, fino all’altro ieri oggetto dei desideri, hanno perso buona parte della loro attrattività e le vendite a volume nell’ultimo anno scendono di oltre il 6% e proprio lo smartphone con i suoi accessori (-7,4% e quanto a numero di pezzi quasi un milione in meno anno su anno) insieme alle tv e ai pc registrano cali significativi (mentre crescono prodotti tech per la cucina e il beauty)».

Una nota positiva viene dal fatto che, nonostante questa attenzione per l’acquisto di prodotti meno costosi e un taglio generale ai consumi, «il cibo rimane, anche nelle previsioni, l’unico comparto in cui tagliare la spesa è una opzione solo per una ristretta minoranza degli italiani; il 21% del campione dichiara che aumenterà la sua spesa contro il 10% che intende diminuirla». Non solo, i nostri connazionali sono «ben più attenti a una alimentazione sana rispetto al resto degli europei» e scelgono sempre più alimenti biologici. Si legge nel rapporto: «Coloro che pensano di rafforzare questa propensione sopravanzano di 36 punti percentuali chi la diminuisce; una differenza più alta di quella europea che si ferma a 31 punti percentuali. E sempre gli italiani sono anche gli unici, almeno a parole, a dirsi disposti a pagare di più per avere prodotti salutari (complessivamente e al netto di chi non sarà disposto, +15%; a fronte di una media Ue ferma a +1%). Sempre di più la scelta del cibo passa dalla testa piuttosto che dalla pancia e questo spiega molte delle rinunce in atto. Una riscossa salutistica che non lascia a casa nemmeno il biologico ritornato dopo anni di appannamento tra i desiderata degli italiani: sono 24,8 milioni le famiglie già acquirenti con una penetrazione del 96,6% e 9,6 milioni gli italiani che nei prossimi mesi ne aumenteranno l’acquisto».

Redazione Greenreport

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