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La Corte dei conti europea: l’Ue non è del tutto pronta ad affrontare nuove emergenze sanitarie

È quanto emerge da una relazione dell’istituzione comunitaria: presi alla sprovvista dal Covid, recenti misure hanno colmato alcune lacune, ma servono ulteriori sforzi per metterci al sicuro
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E se scoppiasse un’altra pandemia? La domanda arriva dal Lussemburgo, sede centrale della Corte dei conti europea (European court of auditors, Eca). E la risposta che segue non è proprio confortante: le agenzie mediche dell’Unione europea devono organizzarsi meglio, perché attualmente non siamo del tutto pronti a far fronte a eventuali nuove emergenze di sanità pubblica.

Domanda e risposta si leggono in una relazione appena pubblicata dalla Corte dei conti Ue, istituzione incaricata del controllo delle finanze comunitarie e delle questioni direttamente o indirettamente ad esse attinenti. Il documento prende le mosse dalla pandemia da Covid-19 di quattro anni fa. Viene sottolineato che le agenzie mediche dell’Ue non erano del tutto pronte a una pandemia prolungata, ma anche che allora sono state adattate le necessarie misure per rispondere efficacemente alla crisi innescata dal virus. Ora però bisogna guardare avanti, e se è vero che quell’emergenza «ha colto l’Ue un po’ alla sprovvista» e «sebbene le due agenzie mediche dell’Ue responsabili della situazione abbiano in fondo svolto un buon lavoro - si legge nella sintesi della relazione - la pandemia ha anche messo in luce carenze e lacune che recenti misure dell’Ue hanno cercato di colmare». La conclusione sintetica che emerge rapporto è però questa: «Non si può ancora ritenere che l’Ue sia del tutto pronta ad affrontare gravi emergenze di sanità pubblica».

Le due agenzie mediche comunitarie a cui si fa riferimento sono il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) e l’Agenzia europea per i medicinali (Ema). Erano sì in prima linea nella risposta alla pandemia di Covid-19, gli auditor della Corte osservano però che inizialmente l’Ecdc aveva sottovalutato la gravità della situazione e considerato bassa la probabilità di introduzione del virus all’interno dell’Ue. Solo il 12 marzo 2020 ha riconosciuto la necessità di «misure mirate immediate», ossia tre giorni dopo l’annuncio del primo confinamento da parte dell’Italia.

«Come molti altri organismi, le agenzie mediche dell’Ue sono state sopraffatte dalla forza e dalla velocità con cui si è diffusa la pandemia di Covid-19», ha dichiarato João Leão, Membro della Corte responsabile dell’audit. «A quattro anni di distanza, gli insegnamenti tratti vanno applicati con efficacia a livello dell’Ue, in modo che la storia non si ripeta».

L’Ecdc - viene ricordato dalla Corte dei conti europea - ha iniziato effettivamente per tempo a raccogliere dati sulla pandemia, ma il numero di infezioni segnalate dipendeva in larga misura dalle strategie in materia di test adottate dai singoli Stati membri. Lo stesso vale per l’attribuzione dei decessi alla Covid-19. La Corte sottolinea che si sarebbe potuto fare maggiore ricorso a tecniche più affidabili, come l’analisi delle concentrazioni del virus nelle acque reflue. Inoltre, l’Ecdc ha emanato talvolta troppo tardi valutazioni dei rischi, orientamenti e informazioni pubbliche: ad esempio, gli orientamenti sulle mascherine e sul tracciamento dei contatti sono stati divulgati solo tra aprile e maggio 2020, ossia verso la fine della prima ondata. Gli auditor della Corte segnalano inoltre che diversi paesi non hanno tenuto conto del parere dell’ECDC, come dimostra la prolungata applicazione di restrizioni di viaggio che il Centro non riteneva efficaci.

Dal canto suo, a giudizio della Corte, l’Ema si è rapidamente adattata alla situazione. Nelle fasi iniziali della pandemia ha contattato potenziali sviluppatori di vaccini e terapie e ha adottato varie altre misure per accelerare il processo di autorizzazione. Gli auditor hanno inoltre rilevato che l’Ema ha contribuito a contrastare le carenze di medicinali durante la pandemia. L’unico vero problema è stato che l’agenzia non era riuscita a promuovere le sperimentazioni cliniche nell’Ue.

Forte degli insegnamenti tratti nelle prime fasi della pandemia, la Commissione europea ha adottato una serie di decisioni e piani. I mandati dell’Ecdc e dell’Ema sono stati chiariti e rafforzati, mentre le proposte di revisione della normativa Ue nel settore farmaceutico mirano ad accelerare i processi di autorizzazione per i nuovi medicinali. Tali misure colmano indubbiamente alcune lacune nella capacità dell’Ue di rispondere alle emergenze sanitarie. Ne è tuttavia derivato un quadro organizzativo più complesso – avverte la Corte. L’Hera, l’Autorità per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie, è stata istituita nel 2021 per supervisionare lo sviluppo, la produzione e la distribuzione di medicinali, vaccini e altri prodotti in caso di emergenza. Il problema è che le responsabilità e i poteri di questo nuovo organismo sono in parte analoghi a quelli dell’Ecdc: la Corte invita pertanto a una stretta cooperazione per evitare un’inutile duplicazione del lavoro.

Redazione Greenreport

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