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L'intera popolazione della Striscia di Gaza è a rischio di carestia e in condizioni di grave insicurezza alimentare

Azione contro la Fame: solo un cessate il fuoco può salvare la popolazione palestinese di Gaza
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Secondo l'ultima allarmante dichiarazione dell’Integrated Food Security Phase Classification (IPC) interagenzia dell’Onu, «Un elevato rischio di carestia persiste in tutta la Striscia di Gaza finché il conflitto continua e l’accesso umanitario è limitato. Circa il 96% della popolazione della Striscia di Gaza (2,15 milioni di persone) dovrà affrontare elevati livelli di insicurezza alimentare acuta fino a settembre 2024. Sebbene l’intero territorio sia classificato in emergenza (IPC Fase 4), oltre 495.000 persone (il 22% della popolazione) si trovano ancora ad affrontare livelli catastrofici di insicurezza alimentare acuta (IPC Fase 5) . In questa fase, le famiglie sperimentano un’estrema mancanza di cibo, fame ed esaurimento delle capacità di far fronte. 745.000 persone (33%) sono classificate in Emergenza (IPC Fase 4)».
La Fase 5 è il livello più alto nella classificazione IPC. e l’ONG Azione contro la Fame avverte che «Inoltre, è molto probabile che la situazione degeneri rapidamente in carestia a causa dell'imprevedibilità del conflitto e delle sfide umanitarie. È necessario intervenire con urgenza per fermare la fame e l'ulteriore deterioramento delle condizioni».
Natalia Anguera, responsabile delle operazioni in Medio Oriente di Azione contro la Fame, denuncia che «La fame e gli ostacoli al lavoro umanitario vengono usati come arma di guerra a Gaza, come dimostra l'ultima analisi dell'IPC sull'insicurezza alimentare».
Le famiglie di Gaza continuano ad avere un accesso del tutto insufficiente a cibo nutriente: nel dicembre 2023, il rapporto dell'IPC indicava che 2 gazawi su 10 erano a un passo dalla carestia; nel marzo 2024, i dati rivelavano che lo erano 5 su 10. Ora, sebbene il numero di persone nelle Fasi 4 e 5 sia diminuito grazie alle consegne di cibo e all'assistenza nutrizionale fornita nel Nord della Striscia negli ultimi mesi da ONG come Azione contro la Fame, secondo l'analisi la popolazione a rischio di carestia si è espansa in tutta la Striscia di Gaza.
La Anguera accusa il governo israrliano: «L'ostruzione dei movimenti degli operatori umanitari lungo la Striscia, e quindi l'impossibilità di raccogliere dati sufficienti, porta a una grande incertezza sulla situazione di Gaza, soprattutto sulla situazione dei più vulnerabili. Se le parti in conflitto e la comunità internazionale aspettano ad agire fino a quando non verrà fatta una classificazione di carestia, sarà troppo tardi. Avremo fallito collettivamente nel salvare morti evitabil. Oggi sappiamo che più della metà dei 2,3 milioni di persone a Gaza non ha cibo a casa. Questa situazione non deve continuare per un altro giorno. È urgente che le organizzazioni umanitarie come la nostra possano raggiungere tutte le persone che ne hanno bisogno».
Nella Striscia di Gaza la disponibilità di generi alimentari di base è estremamente limitata e l’inflazione altissima impedisce alle persone di accedere al poco cibo disponibile. Negli ultimi otto mesi e mezzo, Azione contro la Fame ha continuato a lavorare in condizioni di estrema insicurezza. La risposta umanitaria della ONG ha incluso attività di nutrizione, distribuzione di cibo fresco e secco, pasti caldi, servizi di pulizia, trasporto di acqua, gestione dei rifiuti solidi e distribuzione di kit igienici e di rifugi. Nonostante l'escalation del conflitto, nelle ultime settimane i team di Azione contro la Fame hanno costruito una cucina per fornire pasti caldi a migliaia di sfollati.
Hélène Pasquier, responsabile della sicurezza alimentare e dei mezzi di sussistenza di Azione contro la Fame. evidenzia che «E’ importante ricordare che anche quando le famiglie ricevono un po' di cibo, molte non hanno utensili da cucina, acqua o combustibile con cui prepararlo. La popolazione è già molto fragile. L'unico modo per prevenire e fermare la carestia è un cessate il fuoco che permetta una risposta umanitaria completa e multisettoriale. La maggior parte dei terreni agricoli, dei pozzi, delle strade e delle altre aree essenziali per la produzione, la lavorazione e la distribuzione del cibo è stata distrutta. Questo, insieme al blocco, ha creato a Gaza una dipendenza insostenibile dagli aiuti umanitari. Sarà fondamentale riabilitare i sistemi di produzione alimentare non appena sarà possibile».
Ma i gravi rischi per la sicurezza – l’ultimo bombardamento su un campo profughi ha fatto numerosi morti e feroti - gli impedimenti burocratici continuano a limitare la consegna di cibo nutriente, sufficiente e vario.
La Anguera conclude: «Il cessate il fuoco rimane il primo passo per consentire un aumento sicuro e duraturo della fornitura di aiuti umanitari salvavita. Solo un cessate il fuoco può proteggere la popolazione palestinese di Gaza».

Redazione Greenreport

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