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Ma il trend dal 1951 a oggi resta decrescente

Bigbang Ispra, nell'ultimo anno l'Italia ha avuto piogge e disponibilità idrica più alte della media

Il Paese è stato diviso in due dall’acqua: si va da +40% precipitazioni al nord al -55% della Sicilia
 |  Acqua

Alla vigilia della Giornata mondiale dell’acqua, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) pubblica oggi le prime stime (l’ultimo report completo è riferito al 2023) sull’andamento delle precipitazioni e della disponibilità idrica nel 2024, fornite dal modello nazionale di bilancio idrogeologico chiamato Bigbang.

In base a questi dati, il volume totale annuo di precipitazioni che si sono riversate sull’Italia nel corso del 2024 in circa 319 miliardi di metri cubi (corrispondenti a 1.056 mm), superiore di oltre il 10% alla media annua riferita all’ultimo trentennio climatologico 1991-2020, stimata in circa 285 miliardi di metri cubi (951 mm).

Il regime delle precipitazioni mostra però profondi cambiamenti a livello sia temporale sia spaziale. Febbraio 2024 è stato ad esempio il mese più piovoso, con un’anomalia positiva di +72% rispetto al valore medio relativo al trentennio 1991-2020; di contro, novembre (normalmente tra i mesi più piovosi) ha fatto registrare una forte anomalia negativa di -72% rispetto alla media climatologica.

Anche guardando al livello regionale e distrettuale, la situazione è molto diversificata: il nord Italia è stato interessato da quantitativi di precipitazione superiori alle medie storiche, che in alcuni casi hanno causato eventi alluvionali, come quelli in Lombardia a maggio e in Emilia-Romagna a settembre e ottobre. Il sud Italia e le isole maggiori hanno continuato invece a subire significativi deficit di precipitazione, che hanno prolungato la siccità e i relativi problemi di severità idrica, anche se la Sardegna, a ottobre, ha visto eventi piovosi particolarmente intensi.

«In sintesi – spiega Ispra – nel Meridione e nelle isole maggiori la riduzione idrica è stata del -49% nel distretto idrografico della Sicilia, del -55% nel distretto della Sardegna e del -39% nel distretto dell’Appennino Meridionale. Situazione rovesciata invece nel nord Italia, dove troviamo Piemonte, Veneto e Liguria che nel 2024 hanno visto un surplus annuo di precipitazione superiore al 40%, rispetto alla media di lungo periodo».

È la crisi climatica in corso, legata all’impiego di combustibili fossili, a rendere progressivamente più intensi e frequenti i fenomeni meteo estremi – che comprendono sia siccità sia alluvioni –, che Legambiente stima in crescita nel nostro Paese del 485% dal 2015.

In un contesto tanto diversificato, per valutare al meglio il rischio siccità è più utile guardare a un dato diverso dal semplice cumulo delle precipitazioni, ovvero alla disponibilità idrica, anche detta internal flow o disponibilità naturale di risorsa idrica rinnovabile: si tratta della quantità di precipitazione, al netto della perdita per evapotraspirazione, che rimane disponibile nell’ambiente per gli ecosistemi e per i diversi usi antropici.

Secondo le stime preliminari del modello Bigbang, nel 2024 la disponibilità idrica ha toccato quota «158 mld di metri cubi, a fronte di un valore medio annuo di 138 miliardi di metri cubi (+14%). Questa maggiore disponibilità complessiva è, tuttavia, da attribuire alle elevate precipitazioni verificatesi al nord». L’Ispra sottolinea però che «permane, a livello nazionale, un trend decrescente, dal 1951 a oggi, della disponibilità annua di risorsa idrica».

Nel corso del 2023, ad esempio, si era infatti fermata a 112,4 mld mc d’acqua, in crescita del 68% rispetto all’arido 2022 ma registrando comunque -18,4% sulla media storica dal 1951. «Tale riduzione – spiegava nell’occasione l’Ispra – è l’effetto combinato di un deficit di precipitazione e di un incremento dei volumi idrici di evaporazione dagli specchi d’acqua e dal terreno e di evapotraspirazione dalla vegetazione. Gli scenari futuri non sembrano promettenti, delineando per l’Italia una complessiva riduzione del volume delle precipitazioni annue e un aumento delle temperature, che dovrebbe quindi riflettersi in una complessiva riduzione del volume dell’internal flow».

È dunque urgente un Piano nazionale per la sicurezza idrica e idrogeologica, di cui si parla sempre dopo ogni siccità o alluvione, per dimenticarsene subito dopo. In Italia spendiamo 7 mld di euro all’anno di risorse pubbliche e da tariffa per la gestione di tutti gli aspetti idrici, mentre ne servirebbero 10 in più, secondo le stime elaborate dalla Fondazione Earth and water agenda (Ewa). Al contempo occorre migliorare il contributo dell’Italia alla decarbonizzazione, perché in un pianeta in surriscaldamento continuo la disponibilità idrica non potrà che continuare a diminuire nel medio periodo.

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.