La chiamavano Trinità: l'ultimo scandalo siciliano della diga non collaudata e da svuotare
E così le autobotti della Protezione civile stanno svuotando la diga Trinità, in esercizio nell'area del trapanese compresa tra Castelvetrano, Campobello di Mazara e Mazara del Vallo. È il simbolo dell'immobilismo e dello spreco in una delle aree più colpite dalla siccità e dalla crisi idrica, che fornisce acqua per uso irriguo. Motivi? L’ennesima storia di menefreghismo di un’isola coi livelli degli invasi parecchio lontani dalle medie stagionali, una cronica mancanza di infrastrutture idriche primarie e con quelle realizzate risalenti al secolo scorso, che versano in condizioni vergognose. La diga da svuotare è solo l’ultimo esempio del disinteresse e dell’indifferenza e anche della strafottenza di opere vitali abbandonate al loro destino, come i primi tre grandi dissalatori europei al largo di Gela, Trapani e Porto Empedocle.
L’invaso è stato costruito tra il 1954 e il 1959 nel territorio di Castelvetrano ma senza essere mai stato collaudato. Il lago, a quota 69 metri sul livello del mare, ha una superficie liquida di 2,13 chilometri quadrati corrispondente ad un volume massimo di 20,3 milioni di metri cubi.
Negli ultimi anni è stato sottoposto a limitazioni con un provvedimento dell'Ufficio dighe della Regione che costringe il gestore, il Consorzio di bonifica della Sicilia occidentale, a svuotarla seccando le reti irrigue delle colture circostanti. In 70 anni la Regione non è stata in grado di avviare i necessari collaudi per garantire la sua piena funzionalità nella massima sicurezza cosicché oggi, giustamente il Ministero delle Infrastrutture che ha competenze primarie sulle dighe, scrive per l’ennesima volta alla Regione di procedere poiché l’invaso strategico “non risponde ai requisiti antisismici richiesti dalla normativa vigente”.
Non l’allarme sui mancati collaudi nei sette decenni alle spalle ma l’ipotesi della chiusura fa insorgere amministratori e associazioni come Coldiretti: “Significa far chiudere le aziende della provincia di Trapani. Sono anni che l’acqua viene sprecata e non è più possibile accettare questa situazione. Da tempo si aspettano soluzioni. Qui si va oltre il paradosso e ci si avvicina alla fantascienza”. Per la Confagricoltura il problema va risolto in fretta: “La chiusura di questo impianto significherebbe la morte definitiva di centinaia di aziende vitivinicole che, ogni estate, per l’irrigazione, dipendono dalle acque di questo invaso. Senza l’acqua di questa diga non ci sarà futuro per 2.500 ettari di colture”.
Sotto attacco c’è la Regione, che da Palermo prova a far rimbalzare le responsabilità su Roma, provando a cancellare le reiterate richieste “perentorie” che ormai da 6 anni arrivano dal Ministero al Palazzo d’Orleans per la messa in sicurezza dell’argine che trattiene l’acqua dell’invaso, e che dal 2022 autorizza la Regione di gestire la diga solo “in esercizio limitato”, con la quota di accumulo fissata a 62 metri sul livello del mare e l’obbligo di tenere aperte le paratie di superficie “per le gravi criticità e carenze di manutenzione rilevate nell’ambito dell’attività di vigilanza del gestore”. Il Ministero aveva anche messo nero su bianco che il provvedimento “…potrà essere riesaminato a seguito della progettazione ed esecuzione di interventi di incremento della sicurezza della diga”.
Il menefreghismo però ha vinto, e l’assenza di interventi ha portato all’inevitabile stop. Anche i sindaci delle aree senz’acqua da Marsala a Petrosino, Mazara del Vallo, Campobello di Mazara e Castelvetrano denunciano il “colpo durissimo per il nostro territorio e per le comunità che da sempre si affidano a questa infrastruttura fondamentale per l’agricoltura e la vitivinicoltura”, chiamando in causa la Regione per “…l’inerzia e la mancanza di interventi concreti…Già dallo scorso luglio, in piena crisi siccità, si sapeva delle difficoltà della diga, ma non sono stati adottati provvedimenti efficaci…una mancanza di programmazione inaccettabile che rischia di aggravare la crisi economica e sociale”. E i sindacati uniti attaccano “l’inconcludenza della politica”.
Il ministero delle Infrastrutture il 14 gennaio ha prescritto la riduzione del quantitativo di acqua presente fino a un’altezza massima di 50 metri. Una pezza è stata messa dal dipartimento regionale acqua e rifiuti per “adeguarsi immediatamente alle richieste del Mit per quanto riguarda lo sversamento parziale dell’acqua della diga per la sua messa in sicurezza”, e l’acqua andrà tolta dall’invaso per ragioni di sicurezza con le autobotti della Protezione civile per non disperderla, e in “stretta collaborazione operativa” con il Mit dovrà predisporre gli interventi di consolidamento necessari.
Ma a Trapani sono piani di emergenza, turni di erogazione alle colture in un’area a forte vocazione agricola. Così a Campobello di Mazara e Castelvetrano, i più colpiti in caso di cedimento strutturale dell’argine artificiale.
Il ballo delle responsabilità vede il ministro della Protezione Civile e le Politiche del Mare, l’ex presidente della Regione Nello Musumeci, attaccare la Regione poiché sono sue competenze sulla gestione delle dighe: “Le carenze della diga sono note da tempo e derivano da anni di mancata manutenzione e di adeguamenti mai effettuati. Il Ministero, già nell’aprile 2024, ha avviato le procedure per limitare ulteriormente l’accumulo idrico, vista la grave carenza di sicurezza statica, sismica e di piena”.
Peccato che anche lui è stato un governatore regionale inadempiente e anche il suo immobilismo ha trasferito anni di ritardi e inefficienze del sistema idrico e delle dighe e della stessa diga Trinità, potenzialmente in grado di accumulare 18 milioni di metri cubi d’acqua, costretta a svuotare ogni giorno 130 mila metri cubi d’acqua sversandoli in mare mentre migliaia di ettari di terreni e centinaia di aziende agricole rischiano di restare a secco. Dal ministero spiegano che: “Di fronte ai rilievi di inadeguatezza strutturale della diga non si è potuto far altro che ridurne la portata e lavorare per trovare una soluzione. Una delle ipotesi è il commissariamento, per accelerare le procedure e ripristinare la piena funzionalità”.
Nel 2016 erano stati previsti tre tipi di interventi: rivalutazione della sicurezza sismica della diga e delle opere accessorie; adeguamento dello scarico di superficie previo studio idraulico; studio dei moti di filtrazione in fondazione finalizzato al miglioramento della tenuta dello sbarramento. Le verifiche sulla stabilità sismica dovevano essere realizzate nel 2018 ma ancora mancano. “È impensabile che in un'annata estremamente siccitosa si continui a sversare acqua che l'invaso non può contenere a causa della mancanza di ordinaria manutenzione - dice Davide Piccione, imprenditore agricolo - Questo spreco, dovuto all'inefficienza degli addetti ai lavori, la viticoltura trapanese non se lo può permettere”.
“Tante vigne rischiano di scomparire - protesta Dino Taschetta, presidente della cantina sociale Colomba bianca, che rappresenta 2400 viticoltori - già l’anno scorso abbiamo avuto la peggiore vendemmia degli ultimi sessant’anni, quest’anno sarà lo stesso. Se taglieremo le vigne perché non riusciamo ad irrigarle, tante cooperative rischiano di chiudere”.