
Microfibre tessili in mare, a sorpresa oltre il 92% sono naturali

Se sarà confermata, c’è un’ottima notizia per l’ambiente e quindi per tutti noi: le microfibre tessili in mare sono quasi tutte naturali. A rilanciarla è uno studio coordinato dall’Istituto di scienze marine del Cnr e argomentato in una ricerca pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Science Advances. Se non è un coup de théâtre poco ci manca, quindi, perché sembra che le fibre tessili, così tanto diffuse come sappiamo in mare, solo per l’8% siano effettivamente sintetiche, mentre la maggior parte “sono composte da polimeri naturali, come lana e cotone, i cui tempi di biodegradazione non sono però ancora noti”. L’abbondanza e la diffusione – spiega una nota del Cnr – è dovuta all’aumento di produzione tessile e agli scarichi dei lavaggi, e le concentrazioni più alte sono state rilevate in Mediterraneo e in Antartide
Un'analisi condotta dall’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismar), in collaborazione con un team di ricercatori sudafricani e australiani, indica che la grande maggioranza delle fibre tessili che galleggiano in oceano sono quindi naturali. Lo studio, pubblicato come detto su Science Advances, ha analizzato 916 campioni di acqua di mare durante 5 spedizioni internazionali condotte in 617 località.
“Abbiamo raccolto 23.593 fibre in sei bacini oceanici differenti e ne abbiamo analizzate circa duemila tramite un microscopio ad infrarossi (µFTIR) per identificarne la composizione polimerica, scoprendo che il 79,5% era a base di cellulosa (principalmente cotone), il 12,3% era a base animale (principalmente lana) e solo l'8,2% era sintetico (principalmente poliestere)”, racconta Giuseppe Suaria, ricercatore del Cnr-Ismar e coordinatore dello studio insieme a Peter Ryan dell’Università di Cape Town. Le concentrazioni variano considerevolmente da una regione all'altra: da 0,02 a 25,8 fibre per litro. I numeri più alti sono stati rilevati in Mediterraneo, ma alte concentrazioni sono state rinvenute anche in Antartide durante una spedizione internazionale di circumnavigazione dell’Antartide organizzata dall’Istituto polare svizzero.
La cosa ancor più interessante e che potrebbe quindi ridurre la portata dell’impatto ambientale di queste fibre, che comunque hanno tempi di biodegradabilità incerta e che comunque creano problemi di vario genere, è che “i risultati del nostro studio concordano con altre ricerche nel dimostrare la maggior presenza in ambiente marino di fibre a base di cellulosa e indicano invece che studi precedenti potrebbero aver sovrastimato l’abbondanza delle fibre sintetiche”.
“Inoltre - osserva il ricercatore Cnr-Ismar - mentre la produzione globale di fibre tessili, naturali incluse, è più che raddoppiata in tutto il mondo negli ultimi 20 anni, raggiungendo 107 milioni di tonnellate prodotte nel 2018, quelle sintetiche dominano il mercato del tessile solo a partire dalla metà degli anni '90”.
Le fibre naturali e sintetiche sono utilizzate principalmente nella produzione di abbigliamento ed entrano in ambiente quando gli indumenti si logorano o attraverso le acque di scarico delle lavatrici. “Le fibre tessili vengono spesso incluse nelle valutazioni dell'abbondanza di microplastiche in ambiente e sono state rinvenute praticamente ovunque: nelle profondità oceaniche, nello stomaco dei pesci, negli alimenti e nelle bevande e addirittura nei polmoni umani, gli studi hanno però raramente dimostrato che percentuali significative di queste fibre ritrovate nei campioni siano effettivamente sintetiche”, conclude Suaria.
