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Le chiese, il cambiamento climatico e il gap di genere

Ogni secondo perso è un secondo di troppo, soprattutto per i più colpiti dal cambiamento climatico, come donne, bambini e persone diversamente abili
 |  Crisi climatica e adattamento

Il meeting climatico dell’Onu (60th Sessions of the Subsidiary Bodies - SB 60) che termina domani a Bonn ha ospitato anche eventi collaterali come la conferenza ”Addressing the Intersectional Impacts of Climate Change; Bridging Gender Gaps in Climate: Faith Perspectives” organizzata dal World Council of Churches (WCC), in collaborazione con Brahma Kumaris, Evangelical Lutheran Church in America, Lutheran World Federation e nd ACT Church della Svezia. che si è concentrato sulla giustizia di genere e sulle strategie per colmare i gap di genere nel cambiamento climatico.

Un evento collaterale che ha favorito la collaborazione tra diversi stakeholder, tra cui esperti provenienti da tutto il mondo, comunità indigene, Ong. organizzazioni religiose, istituzioni e ricercatori.

Max Weber, dell'Istituto ecumenico di Bossey e futuro coordinatore della Evangelische Kirche im Rheinland  per l’organizzazione del Deutscher Evangelischer Kirchentag del 2027, che ha facilitato l'evento collaterale, ha avvertito che «Le sfide che dobbiamo affrontare sono vaste e complesse. Ogni secondo perso è un secondo di troppo, soprattutto per coloro che sono più colpiti dal cambiamento climatico, come donne, bambini e persone diversamente abili. Ma, vedendo la partecipazione attiva dei giovani attivisti e sostenendo la loro inclusione nei processi decisionali, ho speranza».

Musamba Mubanga, senior advocacy officer di Caritas Internationalis, ha sottolineato la necessità di confrontarsi con «Le sfide uniche affrontate dalle donne nelle comunità vulnerabili a causa degli impatti climatici.  Affrontare questi problemi è un imperativo morale, che richiede gestione e giustizia per colmare i gap e combattere il cambiamento climatico per il benessere di tutti. E’ importante adottare un approccio olistico alla COP29».

Amina Amharech, dell’ Indigenous Programme  dell’United Nations High Commissioner for Human Rights e co-presidente dell’International Land Coalition Indigenous Caucus, ha criticato l’ideologia mercantilista e ha sostenuto la preservazione della terra per le generazioni future: «La nostra terra non ha valore economico, né prezzo. Quel che abbiamo invece è il valore della vita: la prospettiva che dobbiamo preservare la terra per gli altri. E’ necessaria una maggiore responsabilità da parte di tutti i settori della società».

Redazione Greenreport

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