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Valencia, si aggrava il bilancio delle vittime. Gli esperti: d’obbligo tagliare le emissioni di gas serra

Sono oltre 150 i morti e 120mila gli sfollati, soccorsi ostacolati dalle linee elettriche abbattute. Fatale il fenomeno della cosiddetta «gota fría», la «goccia fedda» devastante a causa del riscaldamento globale
 |  Crisi climatica e adattamento

Oltre 150 morti, decine di dispersi, 120 mila sfollati e danni incalcolabili. Nella notte il bilancio di quanto sta vivendo la Spagna si è ulteriormente aggravato. Le inondazioni hanno colpito soprattutto Valencia, ma vittime sono state segnalate anche in Castilla-La Mancha e nella provincia di Malaga. L’allarme è tutt’altro che rientrato e adesso si monitora la situazione anche nella provincia di Barcellona. Il governo spagnolo ha dichiarato tre giorni di lutto nazionale. E non si placano le polemiche per come le autorità hanno gestito l’intera vicenda. Un giornale, e neanche spagnolo, come il Guardian già tre giorni fa aveva dedicato un articolo al rischio che si stava per abbattere sulla costa orientale della Spagna. Segno che l’evento estremo era stato ben previsto e segnalato dai centri meteo. «Valencia, Catalogna, Murcia e l’Andalusia orientale potrebbero ricevere più di 150 mm di pioggia in sole 24 ore martedì – si leggeva nell’edizione di lunedì del Guardian – che è più di sette volte la media tipica per questo mese». Alla base dell’intensità dell’acquazzone previsto, veniva anche spiegato, ci sarebbe stato il fenomeno noto come «gota fría», ovvero la «goccia fredda», che si verifica quando venti freddi si muovono sulle acque calde del Mediterraneo. «Questo evento stagionale crea instabilità atmosferica, causando un rapido aumento di aria calda e satura, portando alla formazione di torreggianti nuvole cumulonembi nel giro di poche ore, scaricando forti piogge attraverso le parti orientali della Spagna». Che quello in arrivo non sarebbe stato un evento meteo come altri visti in precedenza, era già stato messo in conto. E se è vero che solitamente è difficile prevedere l’area esatta dove colpirà questa Dana, ovvero la goccia fredda scientificamente chiamata «depresión aislada en niveles altos» dai meteorologi spagnoli, è anche vero che in cima alla lista delle zone da monitorare per il rischio inondazioni era stata messa proprio Valencia. 

Ma a nulla è servito. E infatti ancora stamattina non si placano le polemiche per come l’intera vicenda è stata gestita dal presidente di questa regione, Carlos Mazón, accusato di aver sottovalutato gli allarmi lanciati dall’autorità meteo nazionale. Tra l’allarme lanciato martedi mattina dall’Agencia Estatal de Meteorología (Aemet) e la comunicazione ai residenti delle zone in pericolo a non muoversi in tutta la provincia sono infatti passate ben 11 ore, quando ormai era calato il buio dopo una prima giornata di piogge intense e nel frattempo l’area era stata già pesantemente colpita dalle inondazioni. E anche l’indomani, cioè ieri mattina, Mazón invitava sui social a mantenere la prudenza sulle strade, senza mai però dare il senso di quello che in verità stava avvenendo. Mentre invece, per fare un esempio, da aziende private e anche da istituzioni pubbliche come l’Università di Valencia partivano messaggi per invitare dipendenti e studenti a restare a casa. Ma Mazón non viene duramente criticato soltanto per il ritardo con cui si è mosso: in queste ore l’esponente del Partito popolare viene anche nuovamente accusato, come già lo era stato all’epoca dei fatti dalle forze di sinistra, di aver commesso un grave errore nell’eliminare, dopo soli quattro mesi dalla sua elezione, l’Unità di emergenza valenziana, uno strumento che era stato appositamente creato per intervenire rapidamente con gli interventi di soccorso in caso di calamità naturali.

Per tutta la notte sono andate avanti le operazioni per mettere in salvo le persone e cercare i dispersi, ma il tutto è stato reso più complicato a causa delle linee elettriche abbattute, dalle reti telefoniche crollate, dalle strade allagate. La presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen ha dichiarato: «Ciò a cui stiamo assistendo in Spagna è devastante. I miei pensieri vanno alle vittime, alle loro famiglie e alle squadre di soccorso. L’Ue ha già offerto sostegno, Copernicus è stato attivato. La Protezione civile europea può essere mobilitata». E dopo una frase in spagnolo - «l’Europa esta lista para ayudar», ovvero «l’Europa è pronta ad aiutare» - ha sottolineato: «È l’effetto del cambiamento climatico e dobbiamo essere pronti ad affrontarlo». 

Ma non è soltanto da affrontare, il cambiamento climatico. Vanno anche poste le condizioni perché si inverta la rotta, mettendo in campo le misure necessarie per tagliare le emissioni di gas serra e mitigare il riscaldamento globale. Science media centre ha raccolto una serie di commenti di esperti e docenti universitari, su tale questione. Spiega Carola Koenig, del Centre for Flood Risk and Resilience, della Brunel University di Londra: «Indubbiamente, il cambiamento climatico è il fattore chiave che contribuisce a questi eventi di pioggia estrema. Il Mediterraneo ha visto la temperatura dell’acqua superficiale più calda mai registrata, con una temperatura media di 28,47°C a metà agosto. Questo facilita un maggiore assorbimento di umidità nell’aria, con conseguente più pioggia quando l’atmosfera inizia a raffreddarsi in autunno». E la professoressa dell’Università di Newcastle, Hayley Fowler, esperta di impatti sui cambiamenti climatici e direttrice del Centro per la resilienza climatica e ambientale dell’istituto, sottolinea che «le inondazioni a Valencia sono l’ennesimo campanello d’allarme che il nostro clima sta cambiando rapidamente e che le nostre infrastrutture non sono progettate per affrontare questi livelli di inondazioni. L’evacuazione delle città e delle strade che si trasformano in fiumi è ora comune in tutto il mondo. C’è un chiaro legame causale con il cambiamento climatico nell’intensificazione delle precipitazioni estreme, che si intensificano a un ritmo del 7% per grado di riscaldamento». Fenomeni meteo estremi come quelli recentemente registrati in Italia e in altri Paesi d’Europastanno diventando più frequenti e, spiega la studiosa, si prevede che aumenteranno ulteriormente se non verrà mitigato il riscaldamento globale. «Queste tempeste diventeranno ancora più intense, causando più inondazioni, con questo nostro clima più caldo». E c’è solo un modo, aggiunge, per tentare di ridurre il rischio: «Ridurre le emissioni di gas serra il più rapidamente possibile».

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.