Bangladesh: dopo la strage di studenti l’eterna premier si dimette e fugge in India
Dopo che più di 300 persone, tra cui molti bambini, erano state uccise e più di 20.000 erano rimaste ferite nella repressione delle proteste contro le quote di lavoro nel servizio civile, iniziate a luglio e guidate dagli studenti, la contestazione delle misure del governo autoritario del Bangladesh si sono trasformate in rivolta di popolo e la principale richiesta era diventata quella delle dimissioni della primo ministro Sheikh Hasina e che i responsabili della violenta repressione delle dimostrazioni fossero ritenuti responsabili.
Alla fine, dopo una domenica di sangue e rabbia con decine di morti e centinaia di feriti, la Hasina, leader incontrastata della Lega Awami, il partito nazional-liberista-populista e filo-indiano, che era al potere dal gennaio 2009, dopo aver guidato il Bangladesh dal 1996 al 2001 e che ha paralizzato il Paese in un’eterna sfida con il Bangladesh Nationalist Party di destra, islamista e vicino all’esercito, è fuggita in India. Una notizia che è stata accolta con giubilo in gran parte del Paese, ma anche con saccheggi e con l’incendio della residenza della ex premier, di un museo commemorativo del primo Presidente del Paese e padre della Hasina, Sheikh Mujibur Rahman e delle le abitazioni di alti esponenti governativi.
Il capo dell'esercito del Bangladesh ha annunciato in un discorso televisivo alla nazione che verrà formato un governo ad interim, anche se non sono stati forniti ulteriori dettagli. Insomma, tra il giubilo popolare, probabilmente il governo sarà nelle mani di quelle forze che hanno partecipato alla repressione violenta dei manifestanti e che ora non fanno nulla per fermare la vendetta.
Il Bangladesh è uno dei Paesi più sovrappopolati del mondo, che sta subendo gli impatti fortissimi del cambiamento climatico e dove l’inquinamento atmosferico e dell’acqua in alcune regioni è alle stelle e che ospita, in un Paese poverissimo, un Paese di migranti che sta ospitando centinaia di migliaia di profughi Rohingya musulmani fuggiti dalle persecuzioni dell’esercito e della destra buddista del Myanmar.
Anche per tutte queste fragilità, esponenti delle Nazioni Unite hanno sottolineato la necessità di una transizione pacifica e democratica in Bangladesh. Farhan Haq, portavoce aggiunto del Capo dell’Onu António Guterres ha detto che «Il Segretario generale deplora l'ulteriore perdita di vite umane durante le proteste in Bangladesh nel fine settimana. Continua a seguire da vicino gli sviluppi nel paese, tra cui l'annuncio del Capo di Stato maggiore dell'esercito in merito alle dimissioni del Primo Ministro Sheikh Hasina e i piani per la formazione di un Governo ad interim. Esorta alla calma e alla moderazione da tutte le parti e sottolinea l'importanza di una transizione pacifica, ordinata e democratica. Il Segretario generale è pienamente solidale con il popolo del Bangladesh e chiede il pieno rispetto dei diritti umani. Continua a sottolineare la necessità di un'indagine completa, indipendente, imparziale e trasparente su tutti gli atti di violenza».
L’Alto Commissario Onu per i diritti umani, Volker Türk, ha sottolineato che «E’ fondamentale che la transizione del potere in Bangladesh avvenga pacificamente e sia guidata dai diritti umani, in linea con gli obblighi internazionali del Paese, e che i responsabili dell'uccisione di centinaia di persone e del ferimento di migliaia di persone siano chiamati a risponderne. La transizione deve essere condotta in modo trasparente e responsabile, e deve essere inclusiva e aperta alla partecipazione significativa di tutti i bengalesi. Non devono esserci ulteriori violenze o rappresaglie. L'ordine democratico e lo stato di diritto devono essere garantiti il più rapidamente possibile e tutte le misure di emergenza devono essere rigorosamente limitate in conformità con il diritto internazionale. Tutti coloro che sono stati arbitrariamente detenuti devono essere rilasciati e tutti i responsabili delle violazioni dei diritti umani devono essere ritenuti responsabili. I problemi e le lamentele di fondo devono essere affrontati».
Türk ha ribadito la sua richiesta di «un'indagine completa, imparziale e trasparente su tutte le presunte violazioni dei diritti umani avvenute a partire da luglio, quando alle proteste pacifiche iniziali contro un sistema di quote per i posti di lavoro nella pubblica amministrazione sono seguite violenze e una risposta brutale da parte delle autorità. Nelle circostanze attuali, e per garantire la fiducia dell’opinione pubblica, un'indagine dovrebbe essere condotta in modo indipendente e il mio ufficio è pronto a sostenerla. Le richieste di giustizia e riforme devono essere ascoltate. In questo momento cruciale, gli obblighi internazionali del Bangladesh in materia di diritti umani possono fungere da road map per le autorità di transizione e tutti i leader politici. Questo è un momento di guarigione nazionale, anche attraverso la fine immediata della violenza, nonché di responsabilità che garantisca il diritto delle vittime alla verità e alle riparazioni, e un processo veramente inclusivo che unisca il Paese sulla strada da seguire. La transizione deve essere condotta in modo trasparente e responsabile, ed essere inclusiva e aperta alla partecipazione significativa di tutti i cittadini del Bangladesh».
Ad essere preoccupata delle ricadute della rivolta popolare in Bangladesh è soprattutto l’India che ha già già fermato i treni che collegano i due Paesi, mentre le compagnie aeree indiane hanno cancellato i voli da e per la capitale del Bangladesh Dhaka. La Border Security Force indiana sta rafforzando la sua presenza sul confine di 4.000 km che circonda quasi completamente il Bangladeh, salvo un breve tratto a sud con il Myanmar. La polizia di New Delhi presidia l’ambasciata del Bangladesh in India per timore che venga presa d’assalto da manifestanti anti-Hasina. Molte grandi imprese indiane in Bangladesh, individuate spesso come sostenitrici della premier fuggita, hanno sospeso le loro attività in attesa che la situazione si chiarisca e tranquillizzi.