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Greenpeace: l’ondata di caldo in corso è conseguenza della crisi climatica

SIMA: massima attenzione, rischi per salute. Con cambiamenti climatici aumenta frequenza e intensità di ondate di calore e polveri desertiche
 |  Crisi climatica e adattamento

Un picco di caldo sta interessando in questi giorni ampie parti del nostro Paese e oggi i volontari di Greenpeace Italia hanno effettuato un monitoraggio per le strade di Roma, realizzando immagini foto e video grazie a una termocamera a infrarossi che misura istantaneamente la temperatura delle superfici. I volontari di Greenpeace hanno anche innalzato cartelli con la scritta “Chi paga?”, in riferimento ai costi in termini di salute ed economici che ricadono sulle spalle della collettività nonostante siano conseguenza delle attività delle grandi aziende del settore fossile.

Greenpeace ricorda che «Secondo quanto registrato infatti dalClimate Shift Index, un indicatore messo a punto dal gruppo di esperti del Climate Central per quantificare l’impatto del cambiamento climatico sulla temperatura, in diverse città italiane - Roma inclusa - oggi l'Indice di Cambio Climatico è al massimo livello. Questo significa che la temperatura misurata in queste ore sarebbe stata altamente improbabile in un mondo senza il riscaldamento causato da attività umane come lo sfruttamento delle fonti fossili». 

Dal Climate Shift Index emerge che in città come Perugia – dove oggi il ministero della salute ha dichiarato allerta rossa - la temperatura registrata è 5,7° C più alta della temperatura che si sarebbe misurata senza l’effetto della crisi climatica. Nella Capitale, l’incremento della temperatura è di 7,3° C, mentre in città come Potenza, Palermo e Trento l’aumento dovuto alla crisi climatica è rispettivamente di 8,9° C, 7,3° C e 4,7° C. 

I dati messi a disposizione dal Climate Central si aggiungono al bollettino sulle ondate di calore diramato quotidianamente dal ministero della salute, secondo il quale domani in 8 città tra le 27 monitorate (Ancona, Campobasso, Frosinone, Latina, Palermo, Perugia, Rieti, Roma) il livello di allerta sarà massimo, «Con possibili effetti negativi sulla salute di persone sane e attive e non solo sui sottogruppi a rischio come gli anziani, i bambini molto piccoli e le persone affette da malattie croniche».

Oggi, a Roma Greenpeace ha raccolto immagini con la termocamera intorno al Colosseo, a Piazza San Pietro e all’esterno della Stazione Termini, aree in cui si formano delle isole di calore, con temperature elevate e presenza di numerose persone. Gli ambientalisti dicono che «Le temperature delle superfici inquadrate dalla termocamera sono risultate ampiamente superiori ai 50° C, a cui sono esposte in questi giorni migliaia di turisti, pendolari e persone che vivono o si spostano nella città».

Federico Spadini di Greenpeace Italia ha commentato: «La temperatura del pianeta continua ad aumentare e la comunità scientifica avverte che le ondate di calore stanno diventando più probabili e intense a causa della crisi climatica, aggravata dall’irresponsabilità delle grandi compagnie petrolifere. Ogni evento estremo, come il caldo straordinario che stiamo vivendo in questi giorni, è riconducibile anche ad aziende come ENI e alle altre multinazionali dell’oil&gas, che da decenni si arricchiscono devastando il nostro pianeta. È ora che queste aziende si assumano finalmente la responsabilità per la crisi climatica e ne paghino le conseguenze, anche in tribunale».

Al caldo record  si aggiungono le polveri e il presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA), Alessandro Miani conferma che «In diverse città d’Italia il cielo ha già assunto un colore lattiginoso fino a diventare giallo-rossastro in alcune aree, e ciò come conseguenza dell’arrivo della polvere del Sahara in atmosfera. Polveri che andranno ad aggiungersi al Pm2.5 e Pm10 già presenti nell’aria, peggiorandone la qualità anche in assenza di precipitazioni. I soggetti più a rischio sono bambini, anziani, cardiopatici e chi soffre di malattie respiratorie, a partire dall’asma: le polveri infatti possono avere anche metalli pesanti al loro interno e unirsi alle sostanze inquinanti già presenti nell’aria, e finiscono per essere inalate dall’uomo. Per questo è consigliabile evitare il più possibile l’esposizione alle polveri desertiche, specie per i soggetti che già soffrono di malattie o disturbi respiratori. Particolarmente a rischio i bambini, sia perché loro sistemi respiratori e immunitari sono ancora in via di sviluppo, sia perché tendono a passare più tempo all'aperto rispetto agli adulti. Uno studio del 2015 ha evidenziato ad esempio che i bambini esposti alle polveri sahariane presentano un rischio maggiore del 20% di sviluppare infezioni respiratorie rispetto a quelli non esposti. Le ondate di calore e di polvere sahariana non sono certo fenomeni nuovi in Italia, ma preoccupa il forte aumento della loro frequenza e della loro intensità, un effetto diretto del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici che va monitorato con attenzione, perché impatta in modo diretto sull’ambiente e sulla salute pubblica».

La Sima ha pubblicato una guida con i consigli pratici per difendersi dal caldo:  Evitare di esporsi al caldo e al sole diretto e uscire di casa solo nelle ore più fresche; Assicurare un adeguato ricambio di aria in casa e agevolare la ventilazione naturale; Mantenere le stanze fresche schermando le finestre esposte al sole (utilizzando tapparelle, persiane, tende, ecc.); Chiudere le finestre durante il giorno e aprirle durante le ore più fresche della giornata (la sera e la notte): Fare bagni e docce frequenti e con acqua tiepida; Assumere almeno 1,5/3 litri di acqua durante la giornata, evitare alcolici e preferire cibi che contengono molta acqua, come frutta e verdura; Quando si esce di casa, proteggere gli occhi con occhiali da sole e prevenire scottature con creme solari ad alto fattore protettivo; Indossare abiti in fibre naturali (lino o cotone) e indumenti traspiranti, meglio se di colore chiaro; Evitare l'attività sportiva all'aperto nelle ore più calde.

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.