G7: poco per ambiente e clima, niente per la lotta alla fame
Il clima era una delle priorità annunciate dalla Presidente Meloni per il G7 italiano ma, come ricorda il Wwf Italia, «Il comunicato finale dei leader si limita a confermare i principali obiettivi della COP28 e del Quadro Globale per la Biodiversità, perdendo l’opportunità di accelerare il percorso multilaterale verso la COP29 di Baku sul clima e la COP16 di Cali sulla biodiversità di fine anno. E le notizie provenienti da Bonn, dove si è appena concluso un round negoziale sul clima, confermano che invece di tale spinta ci sarebbe stato un gran bisogno. Un’occasione mancata per rispondere ai gravi impatti economici, finanziari e sociali generati da un clima che cambia sempre più velocemente e da una sempre più grave perdita di biodiversità».
Il Wwf sottolinea però che «Il G7 riafferma impegni sicuramente importanti per il clima e l’obiettivo 1,5°C, a partire dal “transitioning away” dai combustibili fossili e l’uscita dal carbone entro il 2035 decisa dalla Ministeriale Ambiente di Torino». insomma, un passo in avanti rispetto alla recente campagna elettorale delle europee che ha visto la Meloni scagliarsi contro le “follie verdi” in concorrenza con Salvini.
Ma il Panda fa notare che il comunicato finale del G7 «Non definisce piani e scadenze per l’abbandono di petrolio e gas. Anzi, la Presidenza italiana continua a fare del gas il centro gravitazionale del Piano Mattei per l’Africa, confermando un approccio di corto respiro alle sfide legate ai rapporti con il continente africano. Spiace anche notare come la Presidenza italiana abbia messo sul tavolo G7 soluzioni false e divisive, come quella nucleare: oltretutto le tecnologie richiamate dal dibattito pubblico italiano e da alcuni Paesi (non tutti) nel comunicato finale o non esistono (fusione) o sono lontane dall’essere commerciate e disponibili, e allo stato attuale non sono sicure».
Più l’associazione ambientalista sono più incoraggianti gli impegni per la definizione di un nuovo obiettivo collettivo quantificato in materia di finanza per il clima e il richiamo ai target finanziari del Quadro Globale per la Biodiversità. Il G7 ha confermato anche l’obiettivo di adottare Strategie Nazionali e Piani di Azione per la Biodiversità prima della COP16 di Cali.
«Impegni questi sicuramente rilevanti e da rafforzare, a partire dalla loro implementazione a livello dei singoli stati del G7 – dice il Wwf - Non mancano però vistose contraddizioni tra gli impegni assunti in sede multilaterale dal Governo Meloni e la politica “del gambero” portata avanti dallo stesso esecutivo su clima e ambiente a livello interno. A titolo d’esempio, non possiamo che rilevare la netta incompatibilità del divieto d’installazione di impianti fotovoltaici a terra in tutte le aree agricole contenuto nel DL Agricoltura in discussione al Senato e l’impegno assunto in sede G7 di triplicare la produzione elettrica globale da fonti rinnovabili entro il 2030».
Anche sul piano europeo, l’opposizione del Governo italiano alla Nature Restoration Law, che dovrebbe essere votata oggi al Consiglio europeo ambiente, «E’ in netta contraddizione con il forte impegno del G7 per implementare il Quadro Globale per la Biodiversità e raggiungere l’obiettivo di conservare e gestire efficacemente almeno il 30% delle aree terrestri e marine entro il 2030. Viene da pensare che il Governo voglia dare un’immagine conciliante e moderata con i suoi partner internazionali, ma non voglia fare i compiti a casa».
Secondo Mariagrazia Midulla, responsabile clima ed energia del Wwf Italia, presente a Bari con la delegazione della società civile C7 al Media Center del G7, «Sembra che su clima e natura stiamo ripiombando nella lentezza cronica dell’azione che ci ha portato alla situazione pericolosissima in cui siamo. Nessuno imprime accelerazioni all’azione, eppure i dati sulle temperature e sul moltiplicarsi degli impatti della crisi climatica sono fuori scala e davvero paurosi. Gli scienziati ci dicono che per riuscire davvero a limitare il riscaldamento globale a 1,5°C dobbiamo abbattere le emissioni di gas a effetto serra in modo drastico e veloce, raggiungere il picco subito e cominciare a scendere velocemente, il contrario di quanto si sta facendo. Se i leader non daranno prova di capacità di azione, la sfida verrà persa da tutta l’umanità. Come se questa non fosse una ragione più che sufficiente per agire, si perderanno anche le opportunità economiche, che non sono tutte sullo stesso piano, come invece sembrava dagli interlocutori seduti intorno al tavolo del G7 di ieri, tutti uomini d’affari con interessi molto precisi e in alcuni casi molto fossili. E’ giusto che al G7 si parli d’Africa, ma sarebbe stato bene chiamare a parlarne anche chi conosce le esigenze delle persone, delle comunità, della natura».
E l’Africa ha molto a chew fare v con un altro teme del quale, a detta di Azione contro la Fame, il G7 praticamente non si sarebbe interessato: «Le cause strutturali dell'insicurezza alimentare e nutrizionale globale includono l'impatto dei conflitti armati, che spesso danneggiano civili innocenti e i loro mezzi di sostentamento, l'aggravarsi degli effetti della crisi climatica, l'aumento della povertà e delle disuguaglianze di genere, i sistemi alimentari non sostenibili e la mancanza di adeguate misure di protezione sociale e di accesso ai servizi di base. Tuttavia, i conflitti rimangono la causa principale della fame nel mondo e l'uso della fame come arma di guerra è segnalato in molti conflitti, nonostante la Risoluzione 2417 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite».
Simone Garroni, direttore di Azione contro la Fame, ha denunciato che «Il mondo non riesce ad affrontare il problema della fame perché i leader più influenti non sono determinati ad affrontare le sue cause strutturali, nonostante gli strumenti e i diritti esistenti che devono solo essere rispettati o implementati. Ad esempio, oggi a Gaza le organizzazioni umanitarie hanno avvertito della possibilità che la fame venga usata come arma di guerra contro le popolazioni civili, in violazione delle risoluzioni Onu esistenti».
L’ONG internazionale ricorda che è importante che i membri del G7 aumentino il loro impegno per finanziare le crisi umanitarie e alimentari, soprattutto in contesti fragili e di conflitto e ribadisce che «La crisi climatica rappresenta anche una minaccia considerevole per l'obiettivo Fame Zero. Si prevede che entro il 2050 altri 80 milioni di persone saranno a rischio di fame a causa della crisi climatica, poiché gli eventi estremi e la difficoltà a farvi fronte riducono i raccolti e la disponibilità e accessibilità del cibo. Gli effetti sono avvertiti in modo sproporzionato dai Paesi più vulnerabili che hanno contribuito meno alla crisi climatica. Per invertire questa preoccupante tendenza, c’è bisogno di misure concrete per aumentare l'accesso ai finanziamenti per il clima da parte dei Paesi e delle comunità più colpite, nonché di una trasformazione a lungo termine verso sistemi alimentari agroecologici per diventare più sostenibili, resilienti ed equi di fronte alla crisi climatica».
Garroni aggiunge: «Oltre a rispettare i propri obiettivi climatici e a decarbonizzare le economie nazionali, i Paesi del G7 hanno la responsabilità storica di attuare la giustizia climatica sostenendo questa transizione e gli sforzi di adattamento delle comunità vulnerabili che sono colpite da una crisi che non hanno causato».
Inoltre, non tutti i sistemi di protezione sociale nel mondo hanno una componente di risposta agli shock per affrontare eventi climatici estremi o crisi economiche. Azione contro la fame evidenzia che «Oggi, solo il 47% della popolazione mondiale è effettivamente coperto da almeno una prestazione di protezione sociale, anche se il diritto alla protezione sociale è riconosciuto da numerosi strumenti giuridici. Questa mancanza di protezione rende le persone vulnerabili, soprattutto le donne e i bambini. Le disuguaglianze economiche e di genere modellano le dinamiche alimentari a livello familiare e comunitario, rendendo donne, ragazze e altre persone emarginate significativamente svantaggiate nell'accesso e nel controllo del cibo – dalla produzione al consumo – ostacolando i loro diritti umani fondamentali. Promuovere piani di protezione sociale universali è essenziale per prevenire e ridurre la povertà e affrontare le disuguaglianze di genere e costituisce un meccanismo chiave per sradicare la fame».
Gartroni conclude: «Che si tratti di protezione sociale per affrontare la povertà, di lotta al cambiamento climatico e di creazione di sistemi agroecologici più sostenibili, o di risoluzione dei conflitti che affamano migliaia di persone ogni giorno, ci aspettiamo misure più concrete da parte dei membri del G7. Oggi le dichiarazioni di intenti non sono più accettabili».