Negli ultimi mesi del 2024 la metà delle linee ferroviarie regionali della Toscana hanno registrato ritardi talmente consistenti e prolungati da indurre la Regione a concedere un bonus (sconto) a tutti gli abbonati. Le linee toscane sono 14 e già a settembre la metà aveva sfondato il cumulo di ritardo consentito dal contratto. Che poi, come ben sanno i pendolari, i ritardi sono più consistenti di quanto appare in quei report, perché lì non si fa cenno dei ritardi per condizioni climatiche, incidenti o comunque cause non dipendenti dal gestore (Trenitalia per i mezzi, RFI per gli impianti).
Un calvario quindi per chi va scuola o al lavoro e non sa mai se arriva in tempo e a che ora tornerà a casa. D’altra parte, stiamo parlando di linee in gran parte non elettrificate, a binario unico dove le possibilità di un intoppo che blocca per ore il transito è all’ordine del giorno.
Se la Toscana piange il resto del Paese non ride, ce lo ricorda il preciso e puntuale report di Legambiente che con Pendolaria fa ogni anno il punto sulla situazione del trasporto ferroviario regionale. Ecco che infatti tra le 10 linee peggiori ne troviamo solo una toscana, la Grosseto Siena. Peggio, come detto, stanno la Roma Lido (la peggiore d’Italia), le ex circumvesuviane, la Catania Caltagirone Gela ma affinché non si pensi che il problema è tutto del sud o del centro sud nella non meritoria classifica appare anche la Milano Mortara.
La Siena Grosseto è l’esempio di quello che potrebbe essere un servizio fondamentale per il territorio, anche in chiave di tutela dell’ambiente, e che invece arranca nella fragilità di un’infrastruttura non all’altezza dei tempi. Circa 100 chilometri, binario unico, non elettrificata, assenza di un orario cadenzato e infiniti ritardi e soppressioni come testimoniato dal report redatto dal gestore stesso. Una situazione simile la vivono gli abitanti del Mugello e Alto Mugello, altra linea che potrebbe essere considerata una metropolitana di superficie in grado di collegare al capoluogo comuni densamente abitati che gravitano (scuola, lavoro, università) inevitabilmente verso Firenze. Qui oltre ai consueti ritardi si sommano i disagi di un territorio diventato fragile a causa dei cambiamenti climatici, così ora sulla linea da Marradi verso Firenze sono stati installati i sensori che dovrebbero avvertire in caso di frane. Ma per sicurezza all’apparire di un rischio, anche lieve di perturbazione atmosferica, Trenitalia sospende il servizio, così gli abitanti della montagna si sono abituati a guardare il meteo piuttosto che l’orario dei treni per sapere se oggi c’è il treno o no. Altrimenti giù per il Passo della Colla o della Futa che d’inverno non è proprio una passeggiata. Questi stessi abitanti ora si chiedono anche cosa accadrà con lo scudo verde, il sistema che promette di disincentivare, fino al blocco, l’ingresso dei non residenti a Firenze con l’auto. Ma se il treno non c’è di chi è la colpa?
È il destino che accumuna in Toscana oltre 200.000 cittadini che ogni giorno scelgono nonostante tutto il treno (sono oltre due milioni i pendolari a livello nazionale). Tutti a sbattere contro l’eterna promessa di una “cura del ferro” che avrebbe ricostruito un sistema ferroviario efficiente in grado di essere alternativo all’uso dell’auto anche e soprattutto per quei paesi a rischio di spopolamento. E invece, è anche l’amara conclusione di Legambiente, continua l’eterna rincorsa all’annuncio di grandi opere con il rischio concreto di ignorare le “piccole” opere che farebbero grande il Paese: raddoppi e passanti ferroviari, potenziamenti e velocizzazioni, nuove stazioni, elettrificazioni.