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Cop29: l’Europa con i Paesi in via di sviluppo. Il testo di accordo proposto è sbilanciato, inattuabile e inaccettabile

 |  Editoriale

La COP29 Unfccc che oggi dovrebbe concludersi a Baku, ieri sera era nel totale caos negoziale: Unione europea, Regno Unito, Nuova Zelanda e Irlanda hanno dichiarato che l'accordo proposto era «inaccettabile».
Il Commissario europeo per l'azione per il clima, l’ex ecoscettico Wopke Hoekstra, è stato durissimo: «Il testo che abbiamo ora davanti a noi, a nostro avviso, è sbilanciato , inattuabile e inaccettabile. Per favore, guardiamo il mondo. Guardiamo cosa sta succedendo fuori da questa stanza, in termini di disastri climatici: in Africa e in Asia, nelle Americhe, in Europa, in Medio Oriente e, soprattutto, tra i nostri amici che vivono nelle piccole isole, principalmente nei Caraibi e nel Pacifico. Ed è proprio questa triste realtà che dimostra che dobbiamo fare di più sulla mitigazione, non di meno. Non di meno dell’ UAE Consensus. Significa che dobbiamo accogliere, migliorare e rendere operativo tutto ciò che è lì in termini di mitigazione. E questo dovrebbe essere in questo testo. Per quanto riguarda I NCQG, (New Collective Quantified Goal on Climate Finance), mi dispiace dirlo, ma sono altrettanto deluso. Siamo molto lontani dall'infrastruttura di cui abbiamo bisogno in termini di accordo, e non vediamo come questo testo possa mai realisticamente mobilitare i fondi necessari e soddisfare le nostre esigenze comuni».
Alla COP28 Unfccc dell'anno scorso, i Paesi di tutto il mondo decisero di avviare il percorso per «Abbandonare i combustibili fossili», ma alcune nazioni in via di sviluppo e ricche di petrolio, compreso l’Azerbaigian che ospita la Cop29, sono restie a promuovere misure drastiche per ridurre l'uso dei combustibili fossili perché questo potrebbe mettere a repentaglio la loro crescita economica. In rappresentanza dei Piccoli Stati insulari in via di sviluppo (SIDS), il ministro delle Isole Samoa, Cedric Schuster, ha ricordato che «Non possiamo permetterci di compromettere i progressi compiuti meno di un anno fa a Dubai».
L’Ue si schiera – anche contro le posizioni dichiaratamente procrastinatrici di Paesi membri, come quelle del governo italiano – con i Paesi in via di sviluppo che sono molto arrabbiati perché non è stato stanziato un fondo per aiutarli a contrastare il cambiamento climatico.
Hoekstra ha quindi rilanciato il drammatico appello del segretario generale dell’Onu, António Guterres, che aveva avvertito che a Baku «Iil fallimento non è un'opzione». Il ministro dell'energia britannico Ed Miliband, ha aggiunto: «Restare fermi equivale a ritirarsi e, se questo sarà il risultato, il mondo ci giudicherà giustamente molto severamente». Eamon Ryan, ministro irlandese per l'ambiente, ha detto ai giornalisti: «Se non diventiamo ambiziosi in termini di mitigazione, allora tutto il resto fallirà».
In attesa che alla Casa Bianca arrivi Donald Trump e riporti nuovamente gli Usa fuori dall’Unfccc, anche l'inviato statunitense per il clima, John Podesta, ha espresso la sua forte delusione: «Siamo sorpresi che non ci sia nulla che porti avanti... quel che abbiamo concordato l'anno scorso a Dubai. Mancheremmo al nostro dovere e di rispetto ai milioni di persone che già risentono degli effetti delle condizioni meteorologiche estreme».
Nel mirino c’è soprattutto l'Azerbaijan, accusato di aver presentato una bozza di accordo che riflette le opinioni del gruppo dei Like-Minded guidato dai Paesi arabi e che include Arabia Saudita, Cina e India. Per i sauditi l'accordo raggiunto sui combustibili fossili rappresentava solo un'opzione, non un obbligo per i Paesi e l’irlandese Rayan ha sottolineato che «Il nuovo testo proposto per l'accordo riflette questa visione. Sappiamo tutti che c'è stata una regressione. C'è stato un tentativo di interpretare quel che avevamo concordato l'anno scorso come un menù, e di rinnegare quel linguaggio e quell'impegno, e questo deve cessare anche nell'interesse del gruppo arabo».
Ma i paesi in via di sviluppo accusano anche i Paesi sviluppati si voler tornare indietro rispetto alle promesse fatte in precedenza. Nel 2015, come parte dell'Accordo di Parigi, le nazioni sviluppate promisero finanziamenti per aiutare i paesi più poveri ad abbandonare i combustibili fossili e a prepararsi per condizioni meteorologiche estreme. La proposta di accordo sui nuovi finanziamenti per il clima, pubblicata Ieri mattina alla COP29 non conteneva alcuna cifra e Diego Pacheco, capo negoziatore della Bolivia, ha commentato sarcastico: «Non è nemmeno uno scherzo. E’ un'offesa alle richieste del sud del mondo. Questa è una COP finanziaria e serve la volontà politica per fornire finanziamenti e qualsiasi cosa di meno è un tradimento per [...] l'Accordo di Parigi e per milioni di persone in tutto il mondo».
Il gruppo G77+Cina, che rappresenta i Paesi in via di sviluppo, vuole 1,3 trilioni di dollari entro il 2030 che Potrebbero provenire dai governi e da fonti private come banche o grandi multinazionali. Ma la bozza presentata dalla presidenza azera non conteneva nessuna cifra. Evans Njewa, presidente del Least Developed Countries Group (LDC, i Paesi più poveri), ha detto alla BBC: «Ho sentito cifre nei corridoi, ma niente di ufficiale» .
I paesi in via di sviluppo vogliono anche avere un'idea di quanto denaro verrà dalle sovvenzioni, ad esempio nei bilanci degli aiuti, e quanto sarà destinato ai prestiti privati. Temono che ulteriori prestiti possano aumentare il loro già enorme debito estero.
Alla fine, la proposta negoziale alternativa che si è negoziata nella notte sono i quattro punti proposti da Hoekstra per conto dell’Unione europea: «Uno è che questo è un obiettivo negoziato nell'ambito dell'Accordo di Parigi, in particolare sull'Articolo 9, che è uno sforzo globale di cui le parti sviluppate sono alla guida. E lasciatemi dire ancora una volta che l'Unione Europea continuerà a guidare e continuerà a lavorare di più. Ma la semplice dimensione delle esigenze che stiamo affrontando e le opportunità sono tali che saranno soddisfatte solo se tutte le parti in grado di farlo si uniranno effettivamente. Due, le posizioni estreme non forniscono il terreno per negoziati basati sul testo. Vorrei sottolineare nuovamente che per l'Unione Europea, chiunque possa, dovrebbe contribuire. Le finanze pubbliche dovrebbero essere destinate principalmente all'adattamento e a coloro che sono i più vulnerabili. Abbiamo bisogno di un sistema che tenga meglio conto delle esigenze di investimento e consenta fonti di finanziamento più diversificate e innovative. Tre, che dobbiamo dare priorità ai SIDS e ai LDC: punto. E tuttavia non pensiamo che stabilire flussi di allocazione possa essere la base per raggiungere un consenso qui in questa conferenza. Quattro, ci sono molti, molti elementi in questo testo che vediamo al di fuori dell'ambito delle decisioni NCQG. Il processo potrebbe affrontarli, ma sono al di fuori di questo. Si tratta di sussidi, misure di risposta e riforme di bilancio».

Umberto Mazzantini

Scrive per greenreport.it, dove si occupa soprattutto di biodiversità e politica internazionale, e collabora con La Nuova Ecologia ed ElbaReport. Considerato uno dei maggiori esperti dell’ambiente dell’Arcipelago Toscano, è un punto di riferimento per i media per quanto riguarda la natura e le vicende delle isole toscane. E’ responsabile nazionale Isole Minori di Legambiente e responsabile Mare di Legambiente Toscana. Ex sommozzatore professionista ed ex boscaiolo, ha più volte ricoperto la carica di consigliere e componente della giunta esecutiva del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.