Brutto clima a Baku. La Cop29 parte senza ambizioni e sul versante Oil & Gas. Interviene per il G7 anche Meloni per frenare “un approccio troppo ideologico che rischia di portarci fuori strada”
Il padrone di casa è stato chiaro, con uno dei più brutali interventi mai ascoltati in una Conferenza delle Parti. L’azero Ilham Aliyev, presidente dell'Azerbaigian dal 31 ottobre 2003, figlio e successore di suo padre ex presidente Heydər Əliyev, alle spalle ben quattro elezioni presidenziali vinte, ha piegato sul versante trumpiano Oil & Gas il felpato cerimoniale diplomatico che dietro le quinte sta limando ogni parola provando a chiudere un accordo finale che si prevede comunque al ribasso delle ambizioni, spingendo l’assemblea. Altro che riduzione di emissioni di gas killer, ha avvertito tutti che dalla dipendenza dagli idrocarburi non si esce, ha ricordato che in terra dell’Azerbaigian il 92% delle esportazioni sono di petrolio e gas, con l'Italia primo partner europeo, che i carburanti fossili sono un “dono di Dio” che va ringraziato insieme a chi li preleva e li commercia grazie al suo petrostato e che solo gli “ipocriti” in Europa e in Occidente possono chiedere di accelerare la riduzione delle emissioni di Co2 mentre “vengono da noi per comprare il gas”. Concludendo con le fake news dei media che attaccano il suo Paese solo perché è stato benedetto da Dio con il greggio e il gas. Il trailer di un film già visto, di una sceneggiatura della Cop29 già scritta dove, a meno di improbabili sorprese, vinceranno ancora il prendere tempo con atti di autolesionismo nazionali e scelte autolesionistiche su scala continentale e globale.
E questa mattina ha trasformato in parole chiare il pensiero dominante anche la presidente di turno del G7, la nostra presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Lo ha fatto con un discorso tutto centrato sulla "decarbonizzazione che deve tenere in considerazione la sostenibilità dei nostri sistemi sociali e produttivi. Dobbiamo proteggere la natura con l'uomo al centro. Un approccio troppo ideologico e non pragmatico rischia di portarci fuori strada. La neutralità tecnologica è l'approccio giusto, al momento non c'è una singola alternativa ai combustibili fossili". Ha spiegato che bisogna "tenere in considerazione che la popolazione mondiale raggiungerà gli 8 miliardi e mezzo nel 2030. I consumi energetici aumenteranno, anche a causa dell'intelligenza artificiale. Dobbiamo avere un paniere energetico equilibrato e sfruttare tutte le tecnologie a disposizione: non solo le rinnovabili ma anche gas, biocarburanti, idrogeno, cattura e stoccaggio dell'anidride carbonica e in futuro la fusione nucleare, che potrebbe permettere di produrre senza limiti e in maniera sicura”.
Almeno Keir Starmer e Geraldo Alckmin, il premier britannico e il vice-presidente del Brasile – hanno provato a risollevare l’umore. Il primo presentando il piano per ridurre le emissioni dell’81% entro il 2035 in nome della lotta al riscaldamento globale. Il Brasile di Lula lanciando nuovi target tra -39% e meno -50% al 2035 e preparando la vera “resa dei conti climatica” ospitando in Amazzonia il primo summit COP30.
Anche il premier spagnolo Pedro Sánchez, nel suo intervento, ha messo in guardia il mondo spiegando che “la Spagna non è un caso isolato”. Dopo aver vissuto la tragedia delle inondazioni mortali di Valencia, quasi preso a bastonate, bersaglio di lanci di fango e grida di “assassino” insieme al re e alla regina di Spagna al posto dell’imbelle governatore negazionista Mazón, Sánchez ha avvertito che l’emergenza climatica “mata”, uccide, che “siamo vulnerabili e abbiamo assistito a al più grande disastro naturale della nostra storia”. E che basta con il negare il ruolo delle emissioni da combustibili fossili, basta “esitare o rallentare quando dovremmo accelerare, non possiamo tornare indietro, all’età della pietra, ma ripensare il modo in cui ci relazioniamo con il Pianeta”, innovare, decarbonizzare, utilizzare nuovi materiali e processi, adattare le nostre città e renderle più resilienti alle nuove realtà climatiche».
Cosa spinge il mondo a farsi così male resta un mistero, a stare fermo fatalmente attratto da rischi incombenti così evidenti? Solo la totale perdita di coscienza della realtà, l’illusione di potersi salvare da vittime designate, la falsa sensazione di avere persino il controllo dell’atmosfera può ridurre lo spavento e generare il sabotaggio delle scelte indicate da tutti i modelli climatici che certificano che ogni anno sarà il più caldo da quando si misurano le temperature dell'atmosfera e degli oceani, dimostrando che questo 2024 sarà il primo a superare la soglia - considerata “invalicabile” per la fine secolo nell’Accordo di Parigi del 2015 stracciato da Trump per la seconda volta - di +1,5°C. Siamo nel pieno di una crisi climatica senza precedenti, con aree del pianeta già devastate da tipologie terrificanti di eventi meteorologici e anche nel bacino del Mediterraneo è tra queste. Eppure tanti si preparano a dare battaglia per dilazionare o affossare anche le minime ambizioni di questa ventinovesima mega-assemblea mondiale dell’Onu che si è aperta in un brutto clima. Basta guardare e sentire oggi i delegati dell'Unione Europea, che ha un Green Deal da “mettere a terra” ufficialmente ancora da principale sostenitrice del percorso verso la decarbonizzazione, con l’entusiasmo sotto i tacchi. Ma siamo ancora all’inizio.