La proposta della Commissione sarà pronta entro il primo trimestre del prossimo anno, ma l'Italia è in grande ritardo

I nuovi commissari Ue per Clima e Green deal puntano a -90% emissioni entro il 2040

«Più riusciremo a ridurre le nostre emissioni entro il 2030, migliore sarà il nostro punto di partenza per il prossimo decennio»

[6 Ottobre 2023]

Il Parlamento europeo ha approvato la nomina di Wopke Hoekstra a nuovo commissario per l’Azione per il clima, e quella di Maroš Šefčovič a vicepresidente esecutivo per il Green deal: per ottenere il via libera dell’Aula, entrambi hanno firmato una dichiarazione scritta con importanti impegni sul fronte della lotta alla crisi climatica.

«L’Ue ha dato e deve continuare a dare l’esempio, fissando obiettivi ambiziosi in linea con gli obiettivi stabiliti nell’Accordo di Parigi e in linea con la migliore scienza disponibile. Su questa base – affermano Hoekstra e Šefčovič – difenderemo un obiettivo minimo di riduzione netta delle emissioni di almeno il 90% entro il 2040».

Si tratta di un obiettivo in linea con le raccomandazioni arrivate sia dal Comitato scientifico consultivo europeo sui cambiamenti climatici, sia da Onu e Ipcc, che hanno indicato ai Paesi sviluppati la necessità di raggiungere le emissioni nette zero «il più vicino possibile» al 2040 (per i Paesi in via di sviluppo invece si parla del 2050).

«Naturalmente – continuano Hoekstra e Šefčovič – più riusciremo a ridurre le nostre emissioni entro il 2030, migliore sarà il nostro punto di partenza per il prossimo decennio. Si prevede già che il pacchetto Fit for 55 ci porterà al -57% entro il 2030».

L’Italia però è particolarmente in ritardo nell’attuare la propria transizione ecologica: nel periodo 1990-2021 il taglio delle emissioni si è limitato a un -19,9%, quando l’Ue impone di arrivare ad almeno -55% tra soli 7 anni. Lo stesso vale per la penetrazione delle rinnovabili nel mix energetico nazionale: l’obiettivo al 2030 è almeno 42,5% mentre siamo fermi al 19%, eppure anche nei primi otto mesi di quest’anno sono entrati in esercizio solo 3,4 GW di nuovi impianti rinnovabili, quando dovrebbero essere circa +12 GW l’anno.

«Il lavoro sulla valutazione d’impatto per un obiettivo climatico 2040 è già ben avviato – proseguono Hoekstra e Šefčovič – L’obiettivo 2040 e il corrispondente bilancio del carbonio stabiliranno una chiara traiettoria per il decennio tra il 2030 e il 2040, fornendo così chiarezza e prevedibilità per gli attori economici così come per i cittadini».

Come ricordano da Euractiv, la Commissione Ue dovrebbe dettagliare la proposta per gli obiettivi climatici al 2040 nel primo trimestre del 2024 – ovvero prima delle elezioni europee in agenda il prossimo giugno –, avviando così l’iter legislativo che proseguirà con la valutazione degli Stati membri dell’Ue e infine dell’Europarlamento.

«Naturalmente – aggiunge Hoekstra – faremo una valutazione d’impatto approfondita e analizzeremo diversi scenari, percorsi di riduzione, costi e benefici. Utilizzerò tutti gli strumenti disponibili per consentire all’Ue di raggiungere l’obiettivo minimo raccomandato di riduzioni nette del 90%. E lavorerò per portare avanti la nostra industria».

Un impegno è infatti lo specchio dell’altro. Al contrario di quanto affermano gli “inattivisti” per ritardare l’azione climatica, la Bce ha mostrato chiaramente che aspettare significherebbe solo aumentare i costi per famiglie, banche e imprese; non a caso Iea, Bce e Bei chiedono anzi di accelerare la transizione ecologica, seguendo la roadmap tracciata a settembre proprio dalla Iea.

Sappiamo quali sono le opzioni tecnologiche più efficienti già oggi disponibili per raggiungere le emissioni nette zero – proprio grazie alle indicazioni di Iea e Ipcc –, e anche dove è possibile recuperare le risorse economiche necessarie ad alimentare la transizione, aggredendo al contempo il crescente problema delle disuguaglianze economiche, una minaccia esiziale per le democrazie europee.

A livello comunitario, semplicemente aumentando la progressività delle tasse su grandi patrimoni, plusvalenze finanziarie e profitti delle multinazionali, potrebbero arrivare dai 307 ai 472 miliardi di euro l’anno dall’1% degli europei più ricchi; al contempo, introdurre una blanda tassa patrimoniale sullo 0,5% più ricco degli italiani potrebbe portare un gettito di 30 mld di euro l’anno. Perseguire o meno queste opzioni è solo questione di volontà politica.