Inquinanti in calo rispetto al 1990, ma resta il record europeo per morti premature

Ispra, le emissioni di gas serra continuano a crescere: Italia fuori rotta per il 2030

«Fondamentale invertire il trend se vogliamo rispettare gli obiettivi di riduzione delle emissioni»

[18 Aprile 2023]

Dopo il drammatico arrivo della pandemia, che nel 2020 ha tagliato le emissioni di gas serra italiane del 9,8% di fronte a un calo del Pil dell’8,9%, già nel 2021 la CO2 ha ripreso a crescere.

Le stime comunicate oggi dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) parlano di una crescita annua dell’8,5%, superando di molto il target: «Le emissioni risultano di 11 milioni di tonnellate al di sopra dell’obiettivo stabilito per il 2021». Un trend continuato anche nel corso del 2022.

Sulla base dei dati disponibili, l’Ispra stima infatti un leggero incremento dei livelli emissivi rispetto al 2021 (+0,1%) a fronte di un aumento previsto del Pil pari all’1,7%; meno ottimista l’Enea, che pochi giorni stimava una crescita delle emissioni dello 0,5% (con l’area euro in calo invece dell’1% circa) nel corso del 2022.

Entrambe le istituzioni scientifiche concordano però nel bollare come largamente insufficienti gli sforzi per la decarbonizzazione. A fine 2021 le emissioni italiane erano diminuite del 19,9% rispetto al 1990, ma l’Ue impone di arrivare a -55% tra appena 7 anni.

Se per il periodo dal 2013 al 2020 l’Italia «ha rispettato gli obiettivi di riduzione assegnati, risultato dovuto sia alle politiche e misure adottate, sia ai diversi cicli di crisi economica», gli obiettivi al 2030 sono oggi lontanissimi.

L’Ispra parla di «scenari poco promettenti», tanto che «secondo gli obiettivi proposti dalla Commissione europea, al 2030 le emissioni effort sharing di gas serra dovrebbero ridursi del 43,7% rispetto ai livelli del 2005, mentre i nostri scenari ci indicano una riduzione di meno del 30%».

In altre parole, se nel 2021 l’Italia ha emesso 11 mln di ton di CO2eq in più rispetto all’obiettivo, nel 2030 il divario potrebbe addirittura allargarsi ulteriormente a oltre 15 mln di ton. Risulta «fondamentale quindi invertire il trend se vogliamo rispettare gli obiettivi di riduzione delle emissioni», sottolinea l’Ispra.

Lo stesso vale per le fonti rinnovabili. Se nel 2020 la quota di energia rinnovabile era pari al 20% rispetto al consumo finale lordo, un valore superiore all’obiettivo del 17%, più che triplicata rispetto al 2004 quando rappresentava il 6.3% del consumo finale lordo di energia, nel 2021 tale quota era pari al 19%. Anche in questo caso, l’Ue impone di arrivare almeno al 42,5% entro il 2030.

Per contenere le emissioni di gas serra e limitare così la crisi climatica in corso, occorrerà agire trasversalmente su tutti i settori economici, anche se le priorità d’azione sono note. Il 5% delle emissioni di CO2eq arriva dalla gestione rifiuti (discariche in primis), il 7% dall’industria, l’8% dall’agricoltura (allevamenti soprattutto), l’80% da energia – climatizzazione degli edifici compresa – e trasporti.

In particolare, nel 2021 il settore dei trasporti ha contribuito complessivamente per il 24,7% delle emissioni di gas serra nazionali (il 93% è arrivato dai trasporti su strada). Si tratta del singolo comparto maggiormente responsabile delle emissioni all’interno della macrosuddivisione “energia”, seguito da industrie energetiche e altri settori (in particolare la climatizzazione degli edifici residenziali).

Anche per questo è importante promuovere la mobilità elettrica che, secondo la comunità scientifica – in opposizione a quanto sostiene il Governo italiano – rappresenta l’unica opzione tecnologica vincente. Per sostituire le industrie energetiche fossili occorre invece puntare sull’installazione di nuovi impianti rinnovabili, mentre per aggredire il problema delle emissioni dalle edifici l’Ue ha messo in campo una nuova direttiva – anche in questo caso osteggiata dal Governo Meloni – che punta sull’efficientamento.

Guardando infine ai dati sulle emissioni di inquinanti in atmosfera, l’Ispra documenta un andamento di forte riduzione: nel periodo 1990-2021, quasi tutti gli inquinanti mostrano una tendenza al ribasso. «Le riduzioni sono particolarmente rilevanti per i principali inquinanti (SOX -96%; NOX -71%; CO -70%; NMVOC -56%), per BC (-62%), cadmio (-60%), mercurio (-59% ), piombo (-95%) ed esaclorobenzene (-91%). I principali driver del trend sono le riduzioni nei settori industriale e dell’autotrasporto, dovute all’implementazione di diverse Direttive europee».

Anche sul fronte dell’inquinamento atmosferico – dove i principali responsabili restano climatizzazione degli edifici, trasporto stradale e allevamenti – resta comunque ancora molto da fare. L’Italia resta infatti saldamente prima nella classifica europea per le vittime dell’inquinamento atmosferico, con ben 52. 300 morti premature da PM2.5 nel solo 2020, mentre le morti premature causate da NO2 sono state 11.200 e quelle dovute al’O3 ben 6.067.