Gli iter autorizzativi per i nuovi impianti non potranno superare i 12-24 mesi, mentre l'Italia impiega 7 anni

L’Europarlamento approva la direttiva Red III: rinnovabili almeno al 42,5% entro il 2030

Pieper: «Abbiamo designato le energie rinnovabili come interesse pubblico prevalente, snellendo il loro processo di approvazione»

[13 Settembre 2023]

Con 470 voti favorevoli, 120 contrari e 40 astensioni, il Parlamento europeo ha approvato ieri in via definitiva l’aggiornamento della direttiva Ue sulle energie rinnovabili (Red III).

Si tratta del testo già concordato a marzo col Consiglio, da parte del quale manca adesso soltanto l’adozione formale per l’entrata in vigore della direttiva, aggiornando così i dettami in vigore ormai dal 2018.

L’obiettivo principale della nuova Red III porta la quota vincolante di rinnovabili nel consumo finale di energia dell’Ue al 42,5% entro il 2030 (dal 32% previsto nella Red II), con l’obiettivo – non vincolante – di raggiungere il 45%.

Si tratta dunque di raddoppiare l’attuale contributo delle rinnovabili nel mix energetico europeo (nel 2021 al 21,8% in Ue, 19% in Italia) entro sette anni, sebbene molti Paesi del Vecchio continente siano già assai avanti (Islanda 85,8%, Norvegia 74,1%, Svezia 62,6%, Finlandia 43,1%, Lettonia 42,1%, Albania 41,4%, etc).

Per traguardare questo risultato, la Red III passa dallo snellimento delle procedure per la concessione di permessi per nuovi impianti di energia rinnovabile, o per l’adeguamento di quelli esistenti.

«Abbiamo designato le energie rinnovabili come interesse pubblico prevalente, snellendo il loro processo di approvazione – spiega il relatore, Markus Pieper – L’attenzione è rivolta all’energia eolica, fotovoltaica, idroelettrica, geotermica e alle correnti di marea. La biomassa da legno rimarrà classificata come energia rinnovabile. In base al principio del “silenzio assenso”, gli investimenti saranno considerati approvati in assenza di riscontri amministrativi contrari. Ora abbiamo urgentemente bisogno di una riforma del mercato dell’elettricità dell’Ue (affinché i vantaggi economici legati all’uso delle rinnovabili possano essere più visibili in bolletta, ndr) e di un passaggio immediato all’idrogeno per una transizione più verde».

In particolare, con l’approvazione della Red III le autorità nazionali non potranno impiegare più di 12 mesi per autorizzare la costruzione di nuovi impianti di energia rinnovabile situati nelle cosiddette “zone di riferimento per le energie rinnovabili”. E anche al di fuori di queste zone, la procedura non potrà superare i 24 mesi.

Si tratta di un obiettivo particolarmente sfidante per l’Italia, dove in media per concludere un iter autorizzativo per gli impianti rinnovabili occorrono 7 anni; un ritmo lentissimo per il nostro Paese, chiamato a installare circa 10 GW di nuova potenza rinnovabile l’anno, mentre nel 2022 si è fermato appena a quota +3 GW.

Per dare una scossa al comparto, il Governo Meloni ha recentemente pubblicato la bozza di decreto per individuare le Aree idonee alle rinnovabili – un provvedimento in ritardo già di 15 mesi –, ma col paradossale rischio di peggiorare ulteriormente la situazione.

Come afferma infatti Elettricità futura, l’associazione confindustriale che rappresenta il 70% del comparto elettrico nazionale, se la bozza di decreto non sarà modificata di fatto «fermerà lo sviluppo delle rinnovabili in Italia».

Un risultato che di fatto taglierebbe fuori il nostro Paese dalla rotta già tracciata a livello internazionale per combattere la crisi climatica e al contempo creare nuovi posti di lavoro legati alla transizione ecologica.

Come spiegato ieri sulle pagine del Financial Times dall’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), anticipando i risultati di un rapporto atteso a ottobre, la domanda mondiale di petrolio, gas naturale e carbone raggiungerà il suo picco prima del 2030: «Siamo all’inizio della fine dell’era dei combustibili fossili», dichiara la Iea, che nel 2021 ha già elaborato una roadmap energetica per mostrare come il mondo possa arrivare al 2050 azzerando le emissioni nette di gas serra del comparto energetico (responsabile per tre quarti delle emissioni climalteranti totali) puntando in modo deciso sullo sviluppo delle rinnovabili.