Elettricità futura (Confindustria) chiede a tutte le forze politiche di intervenire

Aree idonee, senza modifiche il decreto «fermerà lo sviluppo delle rinnovabili in Italia»

«Questo provvedimento, invece di ridurre di un terzo le tempistiche autorizzative per le rinnovabili, le ostacolerà ulteriormente»

[12 Settembre 2023]

La bozza di decreto sulle Aree idonee alle fonti rinnovabili, proposta a luglio dal Governo Meloni e in ritardo ormai di 15 mesi, continua a creare scompiglio tra chi gli impianti vorrebbe installarli davvero, in quanto rischia paradossalmente di bloccare il comparto.

Dopo l’appello caduto nel vuoto ai ministri competenti, la confindustriale Elettricità futura – l’associazione che rappresenta oltre il 70% del mercato elettrico nazionale – è tornata a sollevare il tema con una lettera aperta a tutte le forze politiche.

La richiesta è che «intervengano e lavorino con il Governo per risolvere le gravi criticità» contenute nella bozza: «In assenza di correttivi, questo decreto – dichiarano apertamente da Elettricità futura – fermerà lo sviluppo delle rinnovabili e della filiera industriale in Italia e bloccherà investimenti per 320 miliardi di euro, rendendo impossibile raggiungere il target nazionale di decarbonizzazione».

Nel febbraio di quest’anno, Elettricità futura ha presentato insieme ad Enel e Althesys uno studio che dettaglia investimenti da 320 mld di euro al 2030 per installare 85 GW di nuovi impianti rinnovabili – creando al contempo 540mila nuovi posti di lavoro –, quanto basta per raggiungere gli obiettivi RePowerEu al 2030.

Si tratta di installare almeno 10 GW di nuovi impianti l’anno, mentre l’Italia nel 2022 si è fermata a 3 GW e nei primi 7 mesi di quest’anno ne ha aggiunti altrettanti, rendendo improbabile dunque il raggiungimento dell’obiettivo anche nel 2023. E col decreto sulle aree idonee, invece che migliorare, la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente.

«Questo provvedimento, invece di ridurre di un terzo le tempistiche autorizzative per le rinnovabili, le ostacolerà ulteriormente», evidenziano dall’associazione confindustriale: «La bozza indica un obiettivo nazionale di 80 GW di nuove rinnovabili nel periodo 2022-2030, un target sostanzialmente in linea con il Piano 2030 del settore elettrico elaborato da Elettricità futura, ma contiene numerose criticità che – in assenza di correttivi – renderanno impossibile raggiungere il target».

Qualche esempio? Per quanto riguarda il fotovoltaico e l’agrivoltaico, secondo la bozza di decreto una volta «definita come idonea un’area, solo il 10% di quell’area può ospitare un impianto fotovoltaico tradizionale, e solo per il 20% l’area può essere dedicata all’agrivoltaico. In base a questi principi, gli operatori dovrebbero acquisire diritti su aree 5 o 10 volte più ampie rispetto alle aree che effettivamente servono per gli impianti».

Non va meglio per l’eolico: da un lato la bozza valuta come idonee ad ospitare impianti eolici solo le aree che hanno una ventosità tale da garantire 2.250 ore annue di producibilità, un valore ritenuto «troppo elevato» da Elettricità futura per il contesto nazionale. Tant’è che «in Italia si rischia di non fare impianti eolici se non venisse tolto questo limite». Al contempo si prevede che «la distanza minima (buffer) tra i beni sottoposti a tutela e gli impianti eolici di 3 km possa aumentare fino a 7 km nel caso di beni culturali identificati come “di pregio”. Questa estensione, se non eliminata, renderà impossibile fare impianti nella stragrande maggioranza delle Regioni».

Più in generale, secondo l’associazione confindustriale il decreto «dovrebbe indicare criteri efficaci per definire le aree idonee, non introdurre limiti restrittivi all’utilizzo delle stesse». Da qui la richiesta a tutti i partiti politici di un impegno per risolvere le criticità sulle aree idonee.

In caso contrario a rimetterci non saranno “solo” le rinnovabili, ma l’intero sistema-Paese. Come sottolineato infatti pochi giorni fa dalla Banca centrale europea, accelerare la transizione ecologica – in primis grazie agli investimenti sulle rinnovabili – è la strada maestra per portare vantaggi a famiglie, imprese e banche. Gli stessi soggetti che invece ci rimetteranno se la transizione continuerà ad essere frenata dal Governo Meloni.