Ma per il ministro Pichetto il Governo ha «rimesso in moto il settore»

Il decreto per le aree idonee alle rinnovabili rischia di bloccare le rinnovabili

Elettricità futura (Confindustria): «Se resta nella versione attuale sarà impossibile lo sviluppo degli impianti»

[3 Agosto 2023]

Intervenendo ieri in un’audizione alla Camera, il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto ha auto-incensato l’operato del Governo Meloni sullo sviluppo delle energie rinnovabili, affermando di aver «rimesso in moto il settore, che era praticamente paralizzato, ed elaborando una proposta di revisione del Pniec ambiziosa e realistica».

In realtà, la proposta di Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) inviata all’attenzione della Commissione Ue – senza nessun confronto preliminare con la società civile, o anche solo col Parlamento – è stata bocciata all’unanimità dalla principali associazioni ambientaliste, prevede un taglio delle emissioni di gas serra del 40% circa al 2030 rispetto al 1990 contro un target Ue del 55%, e punta ad installare circa 8 GW di nuovi impianti rinnovabili l’anno, contro gli almeno 10 necessari per rispettare il target RePowerEu.

In questo contesto, il Governo ha predisposto anche l’attesa bozza – in ritardo di 13 mesi – del decreto sulle aree idonee allo sviluppo delle energie rinnovabili, che rischia però di ottenere l’effetto contrario a quello auspicato.

Tant’è che Elettricità futura, ovvero la principale associazione confindustriale attiva nel comparto elettrico, ha messo in fila le criticità del decreto inviandole per lettera ai ministri Pichetto (Ambiente), Sangiuliano (Cultura) e Lollobrigida (Agricoltura).

«Se il decreto sulle aree idonee resta nella versione attuale sarà impossibile lo sviluppo degli impianti rinnovabili – spiega il presidente di Elettricità futura, Agostino Re Rebaudengo, intervenuto oggi sul confindustriale Sole 24 Ore – La definizione di aree idonee serve a  ridurre a un terzo i tempi dei permessi in aree del paese predefinite. Con i criteri individuati, invece, per gli operatori sarà più conveniente paradossalmente andare a investire direttamente nelle aree non idonee».

Molti i punti critici messi in evidenza nella missiva al Governo. «Quello che certamente non va – argomenta Re Rebaudengo – sono gli indici previsti per i terreni ad uso agricolo, che limitano al 10% dell’area a disposizione lo spazio dove costruire l’impianto fotovoltaico a terra e del 20% nel caso di agrivoltaico. Se il decreto rimanesse nella versione attuale direi che più che altro le aree vengono rese inidonee. In Italia i terreni sono tipicamente molto frazionati; se un operatore deve avere un’area 10 volte più grande di quella necessaria per l’impianto è evidente che diventa anche un’impresa mettere assieme il territorio necessario». Per il presidente di Elettricità futura semmai «avrebbe più senso il contrario: vincolare il 10 o 20% all’uso agricolo e non viceversa».

Guardando invece agli impianti eolici, salta all’occhio la possibilità di istallarne solo se è presente una ventosità che garantisce 2.250 ore annue di produzione: «In Italia ci sono poche zone con quel livello di ventosità – spiega Re Rebaudengo – ma in ogni caso è un limite assurdo».

Lo stesso vale per l’area di rispetto per i beni patrimonio Unesco, dai quali gli impianti rinnovabili potrebbero doversi tenere alla larga fino a 7 km: «Penso a regioni come la Sardegna e non solo, lì non si farebbe un impianto», osserva il presidente di Elettricità futura.

La bozza di decreto sulle aree idonee, come nel più classico degli approcci gattopardeschi, potrebbe favorire l’ennesimo stallo per lo sviluppo delle rinnovabili. E a pagarne le conseguenze, in questo caso, potrebbero essere anche le Regioni.

«Auspico che nella conferenza unificata si ragioni su questi temi – conclude Re Rebaudengo – Perché se queste sono le regole, va ricordato che esse definiscono obiettivi vincolanti per le regioni. E se quegli obiettivi non sono raggiungibili le regioni saranno soggette a sanzioni economiche».