Elettricità futura (Confindustria): «Non rispecchia l’urgente necessità del nostro Paese di aumentare davvero l'indipendenza e la sicurezza energetica»

Il flop del Pniec: il Governo Meloni punta a tagliare le emissioni del 45%, l’Ue del 55%

Ronchi: «Per ridurre l’impatto di alluvioni e siccità è necessario contribuire a rallentare il riscaldamento globale che le alimenta»

[6 Luglio 2023]

A causa della crisi climatica in corso l’Italia ha già perso il 20% dell’acqua, e rischia di vedere evaporare buona parte di quella che resta (dal 40 al 90% entro il 2100) se le emissioni di gas serra dovute ai combustibili fossili non verranno ridotte rapidamente.

Eppure il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) elaborato dal Governo Meloni e proposto alla Commissione Ue nei giorni scorsi – senza che nessuno potesse prima consultare il testo, ancora oggi ufficialmente non disponibile – sembra rinunciare in partenza alla sfida, come oggi denunciano con forza anche le principali associazioni ambientaliste del Paese.

«Per ridurre l’impatto di alluvioni e siccità è necessario contribuire a rallentare il riscaldamento globale che le alimenta, tagliando le emissioni di gas serra, e aggiornare e rendere operative misure di adattamento” – spiega Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile e già ministro dell’Ambiente – La proposta di nuovo Pniec inviata a Bruxelles è poco ambiziosa: punta ad un taglio solo del 45% delle emissioni di gas serra al 2030 (rispetto ad una media europea del 55%) in 40 anni dal 1990, lasciando un altro 45% (per arrivare al 90%) ai successivi 20 anni».

Al contrario, l’iniziativa Italy for climate guidata proprio da Ronchi, sottolinea la necessità di tagliare le emissioni nette del 58% al 2030 (rispetto al 1990) e raggiungere la neutralità climatica al 2045, mostrando un’ambizione maggiore a partire dall’installazione di nuovi impianti rinnovabili.

Una posizione che emerge non solo dal fronte ambientalista ma anche da Elettricità futura, ovvero la più importante associazione confindustriale attiva nel comparto elettrico, seconda la quale il Pniec proposto dal Governo «non rispecchia l’urgente necessità del nostro Paese di aumentare davvero l’indipendenza e la sicurezza energetica. L’Italia importa l’80% del proprio fabbisogno, ma essendo ricca di sole, vento, acqua e biomasse, potrebbe diminuire notevolmente la dipendenza energetica dall’estero proprio grazie alle rinnovabili».

In particolare, la bozza di Pniec recepisce gli obiettivi al 2030 già delineati da Elettricità futura per il fotovoltaico, ma sottostima l’apporto delle altre fonti, come eolico, bioenergie, idroelettrico e geotermia.

Stando alle informazioni disponibili, complessivamente il Pniec punta a installare circa 8 GW di nuovi impianti rinnovabili l’anno, quando ne servirebbero almeno 10 per rispettare i target Ue; lo stesso ministro dell’Ambiente, neanche quattro mesi fa, affermava di puntare a 12-14 GW l’anno.

Un’affermazione puntualmente smentita sia dalla programmazione di Governo, sia soprattutto dalla cronaca: nel 2022 sono entrati in esercizio appena 3 GW, e anche quest’anno probabilmente il dato si fermerà attorno ai 5 GW.

Che fare? Da Elettricità futura indicano una dozzina di priorità, in testa alle quali spiccano la necessità di emanare al più presto il decreto Aree idonee all’installazione delle rinnovabili; responsabilizzare le regioni per raggiungere +80 GW al 2030, con premialità per quelle che superano il target; razionalizzare le richieste di connessione alla rete.

Per il primo punto in agenda, quello sul decreto Aree idonee, il ministro Pichetto assicura che sarà pronto «entro luglio». Di certo per ora c’è solo il ritardo: il testo era previsto, per legge, entro il 13 giugno… del 2022.