Servono investimenti da 2,5 - 3,2mila miliardi di euro al 2030

Per la Bce accelerare la transizione verde conviene a famiglie, imprese e banche

«Procrastinare può essere più facile e meno costoso oggi, ma significa che domani pagheremo un prezzo più alto. È necessaria un’azione politica tempestiva e forte»

[7 Settembre 2023]

La transizione verde non solo è necessaria di fronte all’avanzare della crisi climatica, ma accelerarne la messa in atto è anche la mossa economicamente più conveniente per famiglie, imprese e banche.

A dimostrarlo è il secondo stress test climatico realizzato dalla Banca centrale europea (Bce), dopo la prima edizione pubblicata nel 2021 che già aveva dettagliato come i costi a breve termine di una transizione verde anticipata «sono sempre più che compensati» dai benefici a lungo termine.

Questo secondo esercizio di stress test climatico a livello economico si basa sul precedente, ma si concentra anche sui tempi e sull’ambizione della transizione, esplorando tre diversi scenari dove gli investimenti totali oscillano tra i 2,5 e i 3,2mila mld di euro al 2030.

«È uno strumento che ci consente di misurare l’impatto futuro del rischio climatico su aziende, famiglie e sistema finanziario», spiega il vicepresidente della Bce Luis de Guindos, che sintetizza così il risultato finale: «Abbiamo bisogno di politiche più decise per garantire una transizione più rapida verso un’economia a zero emissioni, in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Muoversi al ritmo attuale aumenterà i rischi e i costi per l’economia e per il sistema finanziario».

In altre parole «procrastinare può essere più facile e meno costoso oggi, ma significa che domani pagheremo un prezzo più alto: il danno al nostro ambiente e alle nostre economie derivante dall’aumento delle temperature sarà molto più grave».

La Bce ritiene dunque «necessaria un’azione politica tempestiva e forte» per raggiungere le emissioni nette zero in Ue entro il 2050, accelerando da subito gli investimenti necessari nel decennio in corso. Lo stress test della Banca centrale europea del resto rende evidente il perché.

Nello scenario della “transizione accelerata” gli investimenti iniziano a correre già dall’anno in corso, arrivando a sfiorare i 1.000 mld di euro a livello Ue, e al contempo si prospettano nell’immediato «aumenti rapidi e forti nei prezzi dell’energia» che raggiungeranno il picco nel 2027 per poi imboccare una ripida discesa; al contempo, nel 2030 la riduzione delle emissioni di CO2eq sarà in linea con l’Accordo di Parigi sul clima.

Anche nel caso di “transizione con spinta tardiva” sarà possibile raggiungere quest’obiettivo, ma gli investimenti totali richiesti – previsti in questo caso in accelerazione solo dal 2026 – saranno più alti, così come i costi dell’energia da sopportare

Lo scenario di una “transizione ritardata” non permetterà invece di raggiungere gli obiettivi climatici (con investimenti in lenta crescita dal 2026) e i costi dell’energia elettrica, inizialmente più bassi, saliranno alle stelle a partire dal 2025.

Questo è uno dei principali motivi per cui conviene accelerare la transizione: le rinnovabili sono le fonti più economiche per produrre energia, come già documentato dalla Bce e confermato recentemente dall’Irena.

«Mentre una transizione più rapida comporta inizialmente maggiori investimenti e costi energetici più elevati – argomenta la Bce –, nel medio termine i rischi finanziari diminuiscono significativamente. Sia i profitti che il potere d’acquisto subiscono effetti meno negativi poiché gli investimenti anticipati nelle energie rinnovabili si ripagano prima e, in ultima analisi, riducono le spese energetiche».

Se gli scenari di transizione rallentano, la situazione invece peggiora. L’impennata dei costi energetici verrebbe accompagnata da rischi fisici in crescita per imprese e famiglie, dato che ci sarebbero «incendi e inondazioni più frequenti e più intensi di quelli che stiamo già sperimentando attualmente». Sotto questo profilo, è utile notare che la sola alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna a maggio ha provocato danni per circa 9 mld di euro. E se le imprese sono a rischio, lo stesso vale per le banche che gli fanno credito.

La soluzione, per quanto sfidante, è chiara: «La transizione verso lo zero netto richiede investimenti sostanziali in energie rinnovabili ed efficienti dal punto di vista energetico, come l’energia solare ed eolica, nonché nell’eliminazione graduale dei combustibili fossili».

Certo, la prospettiva di dover investire circa 3mila miliardi di dollari in 8 anni impressiona. Ma davvero si tratta di un ammontare di risorse spropositato per il continente più benestante al mondo?

Basti osservare che gli investimenti annuali richiesti oscillano tra il 2 e il 3% del Pil europeo, e che potrebbero essere finanziati interamente – come dimostra un recentissimo studio della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa – tassando (blandamente) i profitti delle multinazionali insieme ai grandi patrimoni e alle plusvalenze finanziarie appartenenti all’1% degli europei più ricchi, risolvendo così due grandi problemi in un colpo solo: la crisi climatica e la disuguaglianza estrema che pesa sulle democrazie europee.