La Bce e la “coincidenza divina” delle rinnovabili: più verde significa più economico

Panetta: «Questo risultato può essere ottenuto solo stabilendo una narrazione realistica e positiva sulla transizione verde»

[18 Novembre 2022]

L’Ue rappresenta l’8% della domanda globale di combustibili fossili, ma solo lo 0,5% della produzione di petrolio e l’1% di quella di gas: oltre ad alimentare la crisi climatica con questi consumi, è dunque soggetta a pressioni geopolitiche legate alla cronica dipendenza dall’estero.

La transizione ecologica alle fonti rinnovabili potrebbe dunque rappresentare una «coincidenza divina» in grado di contenere i prezzi dell’energia e al contempo il nostro impatto climatico, per dirla con le parole usate da Fabio Panetta – membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea (Bce) – durante un evento organizzato dell’Associazione bancaria italiana (Abi).

«Tanto per cominciare, vorrei essere chiaro – argomenta Panetta – non possiamo incolpare la transizione verde degli alti prezzi del petrolio e del gas di oggi. Il colpevole sta chiaramente nella manipolazione dell’approvvigionamento energetico da parte della Russia, che ha portato a prezzi dell’energia più elevati e più volatili in un mercato già teso: la riduzione dell’offerta ha esacerbato gli effetti della forte ripresa post-pandemica della domanda di combustibili fossili, determinando gli alti prezzi dell’energia che stiamo vedendo oggi».

Al contrario, il percorso verso un’economia più verde non implica necessariamente un’inflazione persistentemente più elevata. Anzi: «Direi persino che possiamo raggiungere una “coincidenza divina” tra stabilità dei prezzi e decarbonizzazione».

Basti osservare che già quest’anno il costo marginale della nuova produzione di energia solare è pari a un quarto rispetto a quello degli impianti a gas esistenti in Europa e che, nella crisi energetica che stiamo attraversando, i prezzi all’ingrosso dell’elettricità sono stati più bassi quando la produzione di energia nell’Ue si basava più sulle energie rinnovabili che sul gas.

«Il minor costo dell’energia rinnovabile può esercitare una pressione al ribasso sui prezzi complessivi dell’energia – osserva Panetta –  L’espansione della produzione di energia rinnovabile aumenterebbe la resilienza dell’economia europea ai picchi dei prezzi dei combustibili fossili e alle interruzioni dell’approvvigionamento. Le energie rinnovabili presentano anche alcuni svantaggi, come l’intermittenza della loro fornitura (tranne per alcune fonti stabili, come la geotermia, ndr) e gli input di materie prime richiesti durante la fase di costruzione dell’impianto, ma non utilizzano più commodity durante il ciclo di vita di un impianto».

Nel complesso, anche il Fondo monetario internazionale (Fmi) sottolinea che gli effetti inflazionistici della transizione verde dipendono in modo cruciale dalle politiche adottate (o meno) durante la transizione.

«Sebbene esistano scenari in cui la transizione può generare lievi pressioni inflazionistiche, il Fmi – ricorda Panetta – prevede che una transizione volta a ridurre le emissioni del 25% da qui al 2030, e dove un terzo delle entrate generate dall’aumento dei prezzi del carbonio andrebbe a sovvenzioni verdi, non porterebbe ad alcun aumento sostanziale dell’inflazione nell’area dell’euro rispetto allo scenario di riferimento. La sua analisi conclude che la transizione verso l’energia pulita non deve necessariamente essere inflazionistica, e che ritardare la transizione provocherebbe solo un aumento dei costi».

In altre parole, se la transizione avviene al ritmo necessario ed è supportata dalle giuste politiche «è probabile che le pressioni al rialzo sui prezzi siano contenute. E quando si confronta il valore attuale dei benefici derivanti da minori emissioni con il valore attuale dei costi per ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili e sostituirli con energia rinnovabile, ci sono in realtà notevoli vantaggi netti».

Per raggiungere una “divina coincidenza” in cui la riduzione della dipendenza dai combustibili fossili non vada a scapito dell’aumento dei prezzi dell’energia, le politiche pubbliche dovranno però riuscire a ridurre l’intensità energetica, proteggere la sicurezza energetica e finanziare la transizione. Basta saperlo spiegare bene.

«La transizione verde è spesso presentata come una minaccia per aspetti fondamentali della nostra vita quotidiana, comprese le opportunità di crescita o il potere d’acquisto. Questa narrativa negativa è ingiustificata – conclude Panetta – La “coincidenza divina” non è un sogno irrealizzabile: più verde può significare più economico. Ciò dipende in modo cruciale dalle politiche che adottiamo. Per agire sul cambiamento climatico, i responsabili politici devono adottare misure rapide, coraggiose e ambiziose che raccolgano il sostegno dei cittadini. Questo risultato può essere ottenuto solo stabilendo una narrazione realistica e positiva sulla transizione verde. In particolare, dobbiamo rassicurare i cittadini che, con politiche ben progettate, la transizione verde aumenterebbe, non diminuirebbe, le loro opportunità di lavoro, la qualità della loro vita e il loro potere d’acquisto. La situazione controfattuale sarebbe peggiore, con il probabile ripetersi del tipo di crisi che stiamo vivendo attualmente».