Il nuovo Pniec arranca, servono +12 GW di rinnovabili all’anno ma l’Italia ne installa la metà

L’attuale bozza prevede solo -40% di CO2 al 2030. Elettricità futura: «Largamente inferiore rispetto al -51% previsto negli impegni dell'Italia per l'accesso ai fondi Pnrr»

[3 Aprile 2024]

Si è svolto oggi alla Camera un ciclo di audizioni sull’aggiornamento del Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec), che il Governo Meloni è chiamato a ri-presentare entro fine giugno dopo aver ricevuto la bocciatura della Commissione europea (oltre che dell’Ocse e dalle associazioni ambientaliste).

Nel suo intervento Agostino Re Rebaudengo, presidente Elettricità futura – l’associazione confindustriale che rappresenta il 70% del comparto elettrico nazionale – ha messo in evidenza i principali punti deboli del Pniec, insieme ai principali interventi correttivi necessari.

Dal punto di vista emissivo, il percorso di decarbonizzazione europeo prevede di traguardare almeno -55% di CO2 al 2030 rispetto al 1990 e -90% al 2040, per poi arrivare allo zero netto nel 2050.

«Invece – spiega Elettricità futura – l’attuale bozza di Pniec prevede una riduzione al 2030 solo del -40%, che è peraltro anche largamente inferiore rispetto al -51% previsto negli impegni dell’Italia per l’accesso ai fondi Pnrr».

Questo quando la priorità numero uno per l’Italia, che è il Paese con la più alta dipendenza energetica in Ue e il più esposto alla volatilità dei prezzi dei combustibili fossili, dovrebbe essere passare il più rapidamente possibile alle fonti rinnovabili.

A partire dai 66 GW rinnovabili presenti sul suolo nazionale alla fine del 2023, l’obiettivo dovrebbe essere arrivare a 142 GW entro il 2030, realizzando al contempo 80 GWh di accumuli di grande taglia.

«Dovremmo installare 12 GW all’anno di nuova capacità rinnovabile da qui al 2030, il settore elettrico è pronto a investire per farlo – continua Elettricità futura – Serve ancora uno sforzo per velocizzare il rilascio delle autorizzazioni».

Del resto le imprese italiane rappresentate da Elettricità futura si dicono da tempo pronte a investire 320 miliardi di euro per dare corpo a questo Piano elettrico al 2030, ma senza un assetto normativo favorevole gli investimenti stanno rimanendo fermi al palo.

«L’attuale bozza del Pniec – argomenta l’associazione confindustriale – raggiunge una quota rinnovabili sul consumo interno lordo elettrico pari al 65% nel 2030, che si traduce in una percentuale di rinnovabili nel mix elettrico del 73%. Secondo il Piano elettrico 2030, in coerenza con il RePowerEu, il settore elettrico italiano può arrivare al 75% di rinnovabili sul consumo interno lordo di elettricità, che equivale all’84% di rinnovabili nel mix elettrico».

Tutto questo però non sta accadendo. Nell’ultimo anno il Paese ha installato 5,7 GW di nuovi impianti rinnovabili, meno della metà del necessario, e anche i primi due mesi del 2024 documentano un trend insufficiente.

Finora uno dei principali elemento di freno alla diffusione degli impianti rinnovabili sui territori è stato l’atteggiamento ostativo delle Soprintendenze, emanazione del ministero della Cultura, e quello delle Regioni, deputate ad autorizzare (o meno) la maggior parte degli impianti.

Un collo di bottiglia autorizzativo che ancora non può dirsi risolto, anche perché latita l’atteso decreto nazionale sulle aree idonee. Nel frattempo, a rimetterci non è “solo” il clima ma anche l’economia.

«Alzare le ambizioni del Pniec in coerenza con il Piano elettrico 2030 di Elettricità futura – concludono dall’associazione – permetterebbe di creare, nel periodo 2024-2035, oltre 25 miliardi di euro di benefici economici rispetto a quanto previsto nell’attuale bozza di Pniec».