Necessari investimenti pari al 3,2% del Pil, ma l’inazione climatica costerebbe il doppio

Emissioni, questa Commissione Ue propone -90% al 2040. Ma deciderà la prossima

Servirà «una serie di condizioni politiche favorevoli» per confermare l’obiettivo climatico, da verificarsi dopo le elezioni di giugno

[6 Febbraio 2024]

La Commissione europea ha presentato oggi una raccomandazione per ridurre le emissioni nette di gas serra del 90% al 2040 (rispetto al 1990), come tappa intermedia per la neutralità climatica da traguardare entro il 2050.

Si tratta di un importante impegno politico, preannunciato lo scorso ottobre dai commissari Ue per Clima e Green deal, ma è stato accolto in chiaroscuro dalle associazioni ambientaliste. Anche perché rischia tale impegno rischia di essere scritto sulla sabbia.

Dopo la raccomandazione odierna, una concreta proposta legislativa nel merito sarà presentata (forse) dalla prossima Commissione Ue, dopo le elezioni per il rinnovo dell’Europarlamento in agenda a giugno; l’avanzata dei partiti di estrema destra e negazionisti climatici, un’ipotesi concreta in molti Paesi europei – in Italia del resto si è già concretizzata – rischia dunque di mettere un freno a questa progettualità.

Già nella raccomandazione odierna si specifica che servirà «una serie di condizioni politiche favorevoli» per raggiungere l’obiettivo del -90%, che passano dalla piena attuazione degli obiettivi già approvati per il 2030 (-55%), garantendo la competitività dell’industria europea, una maggiore attenzione agli aspetti di giustizia sociale nella transizione ecologica, una condizione di parità coi partner internazionali e un dialogo strategico con industriali e agricoltori sul quadro post-2030.

Tra i vari distinguo, la Commissione Ue aggiunge anche che «il ritmo della decarbonizzazione dipenderà dalla disponibilità di tecnologie» a zero emissioni nonché di un efficiente uso delle risorse, nell’ambito di un’economia circolare.

Si prospetta una minore dipendenza dai combustibili fossili – con un calo dell’80% nel loro consumo tra il 2021 e il 2040 – ma si ritiene necessaria la diffusione delle controverse tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio (Ccs), oltre che dell’uso del carbonio catturato nell’industria (Ccu). Resta inoltre aperta la porta all’energia nucleare.

«Si prevede che il settore energetico conseguirà la piena decarbonizzazione subito dopo il 2040 – dichiara nel merito la Commissione – sulla base di tutte le soluzioni energetiche a zero e a basse emissioni di carbonio, tra cui energie rinnovabili, nucleare, efficienza energetica, stoccaggio, Ccs, Ccu, assorbimenti di carbonio, geotermia e idroelettrico».

Nonostante un linguaggio attendista, perfettamente calato nella campagna elettorale per le europee, leggendo neanche troppo tra le righe la Commissione Ue ribadisce appieno la convenienza socioeconomica – oltre che ambientale – di un rapido taglio delle emissioni climalteranti.

Le importazioni di combustibili fossili sono costate oltre il 4% del Pil europeo nel 2022, mentre negli ultimi 5 anni i danni legati agli eventi meteo estremi pesano 170 mld di euro. In base a «stime prudenti» elaborate dalla Commissione, l’inazione climatica potrebbe ridurre il Pil dell’Ue di circa il 7% entro la fine del secolo (fatte salve le differenze regionali, visto che un recente studio parla di -21% del Pil per il Veneto, sempre entro il 2100).

A fronte di queste prospettive, quelli nella transizione ecologica si configurano come investimenti anziché come costi. La Commissione stima necessari investimenti necessari nel sistema energetico (esclusi i trasporti) pari al 3,2% del Pil nel periodo 2031-2050 – pari a 660 mld di euro l’anno –, ovvero una crescita dell’1,5% rispetto a quanto già messo in campo nel decennio 2011-2020, da recuperare anche tagliando i sussidi ai combustibili fossili.

I vantaggi sarebbero enormi anche sotto il profilo sanitario: ridurre l’uso dei combustibili fossili in linea con l’obiettivo -90% emissioni al 2040 ridurrebbe le morti premature legate all’inquinamento atmosferico «da 466.000 nel 2015 a 196,000 ogni anno entro il 2040», ovvero salvando 270mila vite europee l’anno.

In questo contesto, anziché lasciare ancora in sospeso l’obiettivo -90% al 2040, la domanda dovrebbe semmai essere perché non fare di più. Il Comitato scientifico consultivo europeo sui cambiamenti climatici, come anche Onu e Ipcc, hanno infatti indicato ai Paesi sviluppati la necessità di raggiungere le emissioni nette zero «il più vicino possibile» al 2040 (per i Paesi in via di sviluppo invece si parla del 2050). Raggiungere quota -90% sarebbe almeno un passo decisivo in tal senso.