Presentato il rapporto ASviS 2023

Sviluppo sostenibile, l’Italia arretra mentre crescono gli scettici verso l’impegno di Governo e imprese

Mallen: «È ancora possibile cambiare passo. Nonostante i negazionisti la scelta della sostenibilità conviene dal punto di vista sociale e ambientale, quanto da quello economico»

[19 Ottobre 2023]

È arrivato il momento del giro di boa per l’Agenda 2030, ovvero gli impegni Onu sottoscritti (anche) dall’Italia nel 2015 per completare entro la fine del decennio 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Ma il nuovo rapporto elaborato dall’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS), presentato oggi a Roma, mostra progressi ridicolmente bassi per il nostro Paese, che di fatto «arretra» anziché fare passi avanti: «Al contrario dell’Unione europea, non ha imboccato in modo convinto e concreto la strada dello sviluppo sostenibile», sottolineano dall’ASviS.

A livello Ue gli indicatori dell’ASviS mostrano come dal 2010 ci siano stati progressi per gran parte degli Obiettivi, anche se in vari casi si tratta di miglioramenti contenuti e ancora insufficienti per centrare i target dell’Agenda 2030 entro questa decade.

In Italia invece, sempre rispetto al 2010, per otto dei 17 Obiettivi si registrano miglioramenti molto contenuti (attorno al 10%), per sei la situazione è peggiorata e per tre è stabile.

«Ciò non vuol dire che non si siano fatti alcuni passi avanti o che non si siano assunte decisioni che vanno nella giusta direzione – afferma il direttore scientifico dell’ASviS, Enrico Giovannini – ma la mancanza di un impegno esplicito, corale e coerente da parte della società, delle imprese e delle forze politiche ci ha condotto su un sentiero di sviluppo insostenibile che è sotto gli occhi di tutti».

Più nel dettaglio, l’Italia mostra peggioramenti rispetto al 2010 per la povertà (Goal 1), i sistemi idrici e sociosanitari (Goal 6), la qualità degli ecosistemi terrestri e marini (Goal 14 e 15), la governance (Goal 16) e la partnership (Goal 17), una sostanziale stabilità per gli aspetti legati al cibo (Goal 2), alle disuguaglianze (Goal 10) e alle città sostenibili (Goal 11), mentre per gli altri otto Goal i miglioramenti sono inferiori al 10% in 12 anni, eccetto che per la salute (Goal 3) e l’economia circolare (Goal 12), per i quali l’aumento è leggermente superiore.

Che cosa vogliono dire questi dati, in concreto? Soffermandosi sul profilo della sostenibilità sociale, basti osservare che quasi due milioni di famiglie italiane sono in condizione di povertà assoluta; le disuguaglianze tra ricchi e poveri sono in crescita e quasi cinque milioni di giovani 18-34enni (quasi uno su due) presentano almeno un segnale di deprivazione; 1,7 milioni di giovani non studiano e non lavorano (Neet); la spesa pubblica sanitaria e per l’istruzione è nettamente inferiore a quella europea.

Per riprendere ad avanzare in un percorso di sviluppo sostenibile, l’ASviS ha messo in campo 13 linee di intervento prioritarie, che verranno esaminate in più incontri dedicati a cavallo tra novembre e dicembre: «Alcune delle proposte – continua Giovannini – implicano risorse finanziarie significative, altre sono a ‘costo zero’ o quasi. Molti interventi, peraltro, sono in linea con le Raccomandazioni specifiche rivolte all’Italia dal Consiglio europeo a luglio scorso e potrebbero essere quindi integrati nella prossima Legge di bilancio e dei provvedimenti collegati, nonché nelle riforme previste dal Pnrr».

Per quanto riguarda invece i fronti politici dove è più urgente intervenire, l’Italia è chiamata a dotarsi di una legge per il clima – come proposto nei giorni scorsi in Senato dalle principali associazioni ambientaliste attive a livello nazionale –, e inoltre «le bozze del Piano nazionale integrato energia-clima (Pniec) e del Piano nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) devono essere rafforzate e finalizzate il prima possibile».

Tutte priorità note e ribadite da tempo ma che non vengono tradotte in pratica, alimentando di fatto lo scetticismo dei cittadini sulla reale volontà di concretizzare un modello di sviluppo sostenibile da parte di Governo e imprese.

Da una parte la necessità di imboccare un percorso di sviluppo sostenibile è ben presente tra la popolazione: un recente sondaggio dell’Eurobarometro mostra che per il 96% degli italiani i cambiamenti climatici sono un grave problema su scala mondiale, per il 74% il governo nazionale non sta facendo abbastanza per affrontare il fenomeno, e per l’87% la transizione ecologica è economicamente vantaggiosa perché i danni provocati dalla crisi climatica sono molto più alti dei costi degli investimenti necessari per realizzare la prima.

A questa maggiore consapevolezza sul tema della sostenibilità si accompagna però, negli ultimi anni, un crescente scetticismo: «La quota degli scettici – dettaglia l’ASviS – è cresciuta dal 13% di tre anni fa al 22%, anche a causa di un’eccessiva enfasi di governi e imprese sui propositi e le promesse di azioni future a fronte di risultati limitati, cioè della percezione di un crescente greenwashing».

Una dinamica cui sta contribuendo anche l’ondata di “negazionismo climatico” manifestatasi nel corso di quest’anno (dopo quello legato alla pandemia da Covid-19), che ha obbligato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a intervenire più volte pubblicamente invitando tutti ad ascoltare la scienza.

«Alla constatazione che l’Italia procede a rilento sul cammino dello sviluppo sostenibile non deve corrispondere un sentimento di disfattismo – conclude la presidente dell’ASviS, Marcella Mallen – È ancora possibile cambiare passo, consolidando la crescente consapevolezza dell’opinione pubblica, delle imprese e delle amministrazioni pubbliche sul fatto che, nonostante i negazionisti, la scelta della sostenibilità conviene tanto dal punto di vista sociale e ambientale, quanto da quello economico».