Italia esempio perfetto della “green economy bla, bla, bla” denunciata da Greta Thunberg

Rinnovabili, non assegnati i tre quarti degli incentivi nell’ultimo bando Fer 1

Gse: su 3.315,9 MW di potenza incentivabile disponibile, le richieste in posizione utile si sono fermate a 820,6 MW. Burocrazia e Nimby continuano a frenare gli impianti

[28 Settembre 2021]

Continua il de profundis per le rinnovabili italiane, con il Gestore dei servizi energetici (Gse) che ha comunicato i risultati del 6 bando (su 7 previsti in totale) per l’assegnazione degli incentivi stabiliti dal decreto Fer 1: su un contingente incentivabile pari a 3.315,9 MW , le richieste d’incentivo in posizione utile si sono fermate a quota 820,6 MW.

Ovvero solo il 24,7% degli incentivi messi a bando è stato assegnato, mentre i tre quarti sono caduti nel vuoto. Risultato? Green economy bla, bla, bla, per dirla parafrasando l’intervento tenuto oggi a Milano dall’attivista Greta Thunberg, in occasione di Youth4Climate.

La debacle del sesto bando per gli incentivi del Fer 1 rappresenta infatti solo l’ultimo in ordine temporale, con i problemi per rinnovabili italiane che restano intonsi: burocrazia e sindromi Nimby, spesso capeggiate da politica o amministrazioni pubbliche (in tal caso si parla più propriamente di sindromi Nimto).

Eppure sbloccare lo stallo in cui sono finite le autorizzazioni per realizzare impianti alimentati da fonti rinnovabili (come pure quelli necessari a gestione rifiuti ed economia circolare) è imprescindibile per cogliere le opportunità della transizione ecologica.

«È bene ricordare che l’Italia – ha dichiarato nei giorni scorsi il presidente di Elettricità futura, Agostino Re Rebaudengo – è il Paese europeo con le tempistiche più lunghe e i costi più alti per ottenere un’autorizzazione. Nei prossimi 9 anni dovremo infatti essere in grado di ridurre le emissioni di CO2 del 55% rispetto al 1990. Per farlo dobbiamo installare 70 nuovi GW di rinnovabili al 2030, ovvero almeno 7 ogni anno. Attualmente, a causa dell’eccesso di burocrazia, riusciamo ad installare appena 1 GW all’anno, e continuando così ridurremmo solo il 15% della CO2 che occorre tagliare entro il 2030 nel settore elettrico! Il costo del ritardo della transizione ecologica lo stiamo già pagando perché è la causa del caro bollette», come spiegato anche dall’International energy agency (Iea).

Oltre alle bollette, di fatto già oggi l’Italia è il secondo Paese europeo per costi legati agli effetti del cambiamento climatico, e sta sperimentando un aumento della temperatura media di +2,4°C a fronte di un aumento medio globale di circa +1°C. Un quadro disarmante, a maggior ragione perché le istallazioni per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili avanzano col contagocce dal 2014.

Eppure il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, sembra soddisfatto di quanto fatto finora per sbrogliare la matassa delle rinnovabili: intervistato da La Repubblica ha dichiarato che «come ministero abbiamo fatto tutto ciò che era in nostro potere per preparare la strada che da qui al 2030 ci porterà ad avere 70GW di elettricità prodotta da eolico e fotovoltaico. Significa un incremento di 8GW l’anno. Ecco, se tra un anno non ci saranno quegli 8GW in più vorrà dire che il meccanismo si è inceppato: qualcuno la transizione energetica non la vuole davvero».

Eppure finora non si avvertono segnali di concreto cambiamento; il decreto Fer 2 annunciato entro settembre dal ministro (ma atteso già da almeno 780 giorni) ancora non si vede, e anche l’ultimo decreto Semplificazioni si preannuncia l’ennesimo buco nell’acqua. «Il decreto Semplificazioni – osserva cauto il presidente di Elettricità futura – restituisce l’apprezzabile intenzione del Governo di semplificare la burocrazia che regola lo sviluppo delle rinnovabili. Purtroppo, il ritardo accumulato nella transizione energetica in Italia è tale che soltanto i mesi che verranno sapranno dirci se le misure messe in campo saranno sufficienti».

Nel frattempo però il treno della transizione ecologica sta passando rapidamente. «Quando parlo di cambiamento climatico – conclude la Thunberg da Milano – penso a posti di lavoro, posti di lavoro verdi. Il cambiamento climatico non è solo una minaccia, è soprattutto un’opportunità di creare un pianeta più verde e più sano. Dobbiamo cogliere questa opportunità. È una soluzione win-win, sia per lo sviluppo che per la conservazione». Una soluzione win-win che ci stiamo facendo scappare di mano.