Per le energie rinnovabili il decreto Semplificazioni è un altro buco nell’acqua

Elettricità futura: «Il nostro Paese rischia di continuare ad avere tempistiche autorizzative lunghe e alti costi burocratici»

[2 Agosto 2021]

Col via libera del Parlamento, nei giorni scorsi è stato definitivamente convertito in legge il decreto Semplificazioni “bis” – dopo quello in vigore dal luglio scorso –, ma ancora una volta non sembra profilarsi all’orizzonte nessuna accelerazione di peso sul fronte delle energie rinnovabili.

«Il nostro Paese rischia di continuare ad avere tempistiche autorizzative lunghe e alti costi burocratici. Speriamo che i nostri timori non trovino conferma», commenta a caldo Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità futura.

Dopo le forti perplessità sul provvedimento già palesate dagli ambientalisti come dal comparto eolico, adesso anche la più grande associazione confindustriale di imprese elettriche parla di «legge ancora incompleta» nonostante le modifiche introdotte dall’iter parlamentare.

Del resto le “semplificazioni” che non semplificano hanno purtroppo una robusta tradizione nella green economy italiana. In questo caso però la mancanza è particolarmente colpevole, dato il ritardo che caratterizza il nostro Paese nel perseguimento degli obiettivi europei al 2030.

Per ridurre le emissioni di gas serra al 2030 del 55% rispetto al 1990, dovremmo arrivare al 70-72% di elettricità da rinnovabili al 2030: questo significa installare 70 GW in meno di dieci anni, mentre da troppo tempo oscilliamo attorno agli 0,8 GW l’anno. Frenate da eccessivi vincoli burocratici come dal diffondersi delle sindromi Nimby&Nimto, quasi il 50% delle richieste autorizzazione non diventa un impianto e l’altro 50% lo diventa ma con 6 anni di ritardo.

«L’obiettivo del Green Deal al 2030, anche per il settore elettrico è molto chiaro, realizzare 100 miliardi di investimenti privati e 90.000 nuovi posti di lavoro: misureremo l’efficacia del decreto Semplificazioni nei prossimi mesi», conclude Re Rebaudengo.

Al momento però i segnali positivi – su fotovoltaico, eolico, idroelettrico e l’integrazione dei sistemi di accumulo con gli impianti rinnovabili esistenti o autorizzati – che emergono dalla conversione in legge del decreto sembrano però ampiamente insufficienti. E nel frattempo il surriscaldamento del clima italiano continua a correre a velocità più che doppia rispetto alla media globale.