
Altro che dazi, la crisi climatica mette a rischio il 40% del Pil mondiale: nessuno è immune

L’erratica politica commerciale di Donald Trump non permette di fare previsioni di alcun tipo sull’andamento dei dazi imposti dagli Usa sulle importazioni dall’estero, dato che l’unico criterio sembra essere la massimizzazione del profitto a breve termine per sé stesso e per i propri, già ricchissimi sodali. Al momento sono sospesi i dazi al 20% sull’import dagli Stati europei, ma sappiamo che – secondo la Bce – una loro introduzione costerebbe lo 0,3% del Pil Ue nel primo anno. Ma in molti, in questo turbinio geopolitico, sembrano dimenticare che una crisi ben più rilevante incombe già sulle nostre teste: quella climatica.
In base a un nuovo studio elaborato dai ricercatori dell’australiano Institute for climate risk & response, lo scenario peggiore del surriscaldamento globale – ovvero con circa +4°C al 2100 rispetto all’era preindustriale – il Pil globale crollerebbe del 40% circa, aumentando di molto le precedenti stime che si attestavano attorno al -11%. Perché questo salto? «Tradizionalmente, gli economisti hanno esaminato i dati storici confrontando gli eventi meteorologici con la crescita economica per calcolare i danni climatici», spiega il co-autore della ricerca Timothy Neal. In altre parole venivano soppesati i danni della crisi climatica a livello locale, senza inserire nel computo anche le ampie reti d’interdipendenza che legano tra loro le varie aree del globo.
«Si supponeva che alcuni paesi più freddi, come la Russia o il Canada, trarranno beneficio dal cambiamento climatico, ma la dipendenza dalle catene di approvvigionamento fa sì che nessun Paese ne sia immune – continua Neal – In un futuro più caldo, possiamo aspettarci interruzioni a cascata della catena di approvvigionamento innescate da eventi meteorologici estremi in tutto il mondo». Altro che dazi.
Le conclusioni dello studio sono che dovremmo dunque limitare il surriscaldamento globale entro un massimo di +1,7°C rispetto all’era pre-industriale – in linea coi limiti di sicurezza individuati dall’Accordo sul clima di Parigi – mentre ad oggi il mondo è proiettato verso +2,7°C, in base alle stime Ipcc e non solo. Come se non bastasse, in Italia l’aumento delle temperature corre a velocità doppia rispetto alla media globale. Eppure il Governo Meloni, in risposta ai dazi trumpiani, propone di fermare il Green deal, quando semmai dovremmo accelerare la corsa della transizione ecologica.
