Legambiente Lombardia: a Milano qualità dell’aria mai così male dal 2017

Il ruolo degli allevamenti intensivi nell’inquinamento record della Pianura Padana

Greenpeace: «L’ammoniaca prodotta costituisce la seconda causa di formazione di polveri sottili, che in Italia causano ogni anno circa 50.000 morti premature»

[20 Febbraio 2024]

Dopo settimane da record per l’inquinamento atmosferico in Pianura Padana, solo a partire da oggi – quando peraltro iniziano ad essere attese condizioni meteo più favorevoli – la Regione Lombardia ha avviato le attese misure antismog, seguendo quanto già messo in campo da Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte.

«Siamo al paradosso di dover attendere che si concluda un’emergenza conclamata, oltre che chiaramente prevedibile, in Lombardia così come nel resto del bacino padano, per attivare quelle procedure emergenziali che dovrebbero servire a prevenirla», dichiarano nel merito gli ambientalisti di Legambiente Lombardia.

Eppure le premesse per un’azione più tempestiva c’erano tutte: lo stesso circolo regionale del Cigno verde segnala che a Milano, due giorni fa, la centralina Arpa di via Senato segnava livelli di Pm2.5 pari a 118 microgrammi/mc come media giornaliera – un valore 24 volte più alto dei livelli raccomandati dall’Oms su base annuale – e 136 di Pm10, toccando «il picco di una crisi di inquinamento i cui livelli non sono mai stati eguagliati dal gennaio 2017».

L’assessore regionale all’Ambiente, Giorgio Maione, preferisce guardare il bicchiere mezzo pieno, osservando che negli ultimi vent’anni si è registrata in Lombardia «una riduzione del 39% delle concentrazioni di Pm10 e del 45% delle concentrazioni di NO2», ma la cronaca rende evidente che picchi emergenziali continuano a capitare.

Soprattutto, nonostante un trend in miglioramento – che riguarda la qualità dell’aria in tutta Italia –, il nostro Paese resta il peggiore d’Europa per morti premature da inquinamento atmosferico, dato che l’Agenzia europea dell’ambiente documenta ben 46.800 decessi all’anno da PM2.5, altri 11.300 da NO2 e 5,100 da O3.

Gli ambientalisti si chiedono dunque perché fino ad oggi non sia stata prevista nessuna limitazione «nemmeno per l’attività che maggiormente contribuisce all’aumento del particolato sottile, ovvero lo spandimento di liquami zootecnici», in tutti i campi lombardi.

«La totale inadeguatezza delle risposte agli episodi di inquinamento di questo inizio 2024 hanno azzerato la residua fiducia verso amministrazioni evidentemente irresponsabili riguardo agli effetti sanitari dell’inquinamento – dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia – Alla luce dei fatti, le istituzioni pubbliche della Lombardia risultano evidentemente, e colpevolmente, sprovviste di strumenti per la prevenzione e gestione delle emergenze sanitarie. L’immobilismo delle istituzioni non è compatibile con i diritti fondamentali di tutela della salute dei cittadini».

I dati Arpa Lombardia messi in fila da Greenpeace per Milano parlano chiaro: se i valori di ozono, biossidi di azoto e zolfo sono rimasti entro i valori limite, nelle ultime settimane le polveri sottili Pm10 hanno avuto una media giornaliera di 100 microgrammi al metro cubo di aria, un dato decisamente preoccupante dato che il valore limite è di 50. I giorni in cui tale limite è stato superato è salito a 16 giorni sui 47 trascorsi dall’inizio dell’anno fino a sabato scorso.

Altro dato allarmante riguarda invece le Pm2.5 – le polveri sottili più pericolose – che sono risultate pari a 76 microgrammi al metro cubo, superiore al valore giornaliero di 5 microgrammi al metro cubo e di 15 su un periodo di 3-4 giorni, indicato dall’Oms.

Valori simili a quelli di Milano sono stati registrati nelle zone di pianura dai servizi ambientali di Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna.

A incidere in modo determinante sull’inquinamento atmosferico in Pianura Padana sono le condizioni geografiche locali, che la rendono un bacino racchiuso tra Alpi e Appennini dove – soprattutto in caso d’inversione termica – gli inquinanti restano schiacciati al suolo. Al contempo, ovviamente questi inquinanti non arrivano dal nulla.

«Gli allevamenti intensivi, insieme al riscaldamento, sono tra i principali responsabili dell’aumento dei livelli di inquinamento da Pm2,5 – affermano nel merito da Greenpeace – A tal proposito è emblematico il nostro studio realizzato in collaborazione con Ispra, che indaga i settori che hanno maggiormente contribuito all’inquinamento da Pm in Italia. Nel 2018 i settori più inquinanti sono risultati essere il riscaldamento residenziale e commerciale (36,9%) e gli allevamenti (16,6%): dati alla mano, insieme questi due settori sono la causa di quasi il 54% del Pm2,5 nazionale. Seguono i trasporti stradali (con il 14%) e le emissioni dell’industria (10%)».

In particolare l’ammoniaca prodotta dagli allevamenti intensivi «costituisce la seconda causa di formazione di polveri sottili – Pm2.5 – che in Italia causano ogni anno circa 50.000 morti premature».

Un problema che non riguarda certo soltanto Milano. Nel merito Legambiente ricorda che nel 2023, secondo l’ultimo report di Mal’aria di città, 18 città su 98 hanno superato i limiti giornalieri di Pm10. Ben 16 delle 18 città si trovano nel bacino padano e 6 sono lombarde(Mantova 62, Milano 49, Cremona 46, Lodi 43, Brescia e Monza 40.

«Da anni con il report Mal’aria di città denunciamo l’emergenza cronica dell’inquinamento atmosferico che soffoca la nostra penisola e che trova, soprattutto in Pianura Padana, la sua area più vulnerabile. Qui a pesare è anche l’effetto degli allevamenti intensivi e dell’agricoltura – conclude il dg di Legambiente nazionale, Giorgio Zampetti – Si introduca una vera e propria rivoluzione urbana con misure strutturali e integrate che abbiano al centro una mobilità sempre più sostenibile, il trasporto pubblico locale che deve essere maggiormente incentivato, e prevedendo al tempo stesso azioni concrete per contrastare anche le altre fonti inquinanti come riscaldamento e agricoltura. Non si perda altro tempo».