Dal caso virtuoso dell’Ateneo di Ferrara un’analisi che guarda al futuro del Paese

Capitale umano e ricerca: come attrarre studenti internazionali e farli rimanere in Italia

Giovani che creano un ambiente multiculturale portano nuove conoscenze e possono, se trovano un contesto fertile, dare nuova linfa al sistema socioeconomico locale

L’obiettivo dello sviluppo economico e umano deve guidare la governance delle molteplici transizioni verso le sostenibilità, con quella ecologica al centro.

La diffusione del benessere deve dunque essere perseguita attraverso innovazioni tecnologiche, organizzative, sociali e creazione di conoscenza, che possano evitare ulteriori disuguaglianze e l’emergere di “territori dimenticati”, sia lungo lo storico divario nord-sud che oltre, soprattutto guardando alle disuguaglianze emergenti legate agli effetti dell’urbanizzazione.

Negli ultimi 10 anni l’Ateneo di Ferrara ha visto aumentare gli studenti da una quota di 15mila a quasi 30mila, entrando nel novero dei grandi atenei. Le matricole per l’anno accademico 2023/24 si confermano su numeri elevati, quasi 9.000 a gennaio 2024, con un 4.7% di aumento rispetto all’inizio del 2023.

Uno studio di caso più specifico, su cui ragionare per esaminare le prospettive di creazione di capitale umano in un territorio del nord est italiano è la dinamica degli iscritti ai corsi di laurea del Dipartimento di Economia e management (Dem), che abbraccia discipline economiche e aziendali, diritto, statistica, matematica, pianificazione urbana, in una prospettiva altamente interdisciplinare. Una dinamica che presenta da un lato aspetti idiosincratici dall’altro elementi comuni ad altri Dipartimenti e Atenei, almeno nel centro nord Italia.

Dal 2015 i corsi di laurea del Dem (triennali e magistrali) sono incrementati per numero di studenti da 818 (349 di genere femminile), di cui 162 iscritti/e alla magistrale (LM) e 656 alla triennale (LT), a 1148 (512) nel 2023, con 203 alle varie LM, in italiano e inglese, e 945 alla LT.

A gennaio 2024, le due lauree magistrali del Dem vedono 172 (Economia e management per la creazione di valore) e 67 (Economics, management and policies for global challenges) iscritti.

In riferimento alla LM in lingua inglese, lanciata quasi 10 anni fa, si osserva un andamento stabile, dai 79 iscritti del 2018 ai 67 del gennaio 2024, con iscrizioni ancora aperte per l’anno 2023/24.

La magistrale Economics, management and policies for global challenges, che ora prevede due curricula, Green economy and sustainability e Small and medium enterprises in international markets, sarà formalmente divisa in due lauree magistrali separate dall’anno prossimo: Green economy and sustainable transitions, e Small business management in international markets.

Per gli obiettivi di attrattività regionale dei talenti, anche considerando il sostegno del contribuente alla formazione, e di internazionalizzazione dell’Ateneo e del territorio, è interessante effettuare un focus sulla provenienza degli studenti stranieri in base al paese in cui si è conseguito il titolo precedente alla LM (livello undergraduate).

Dal 2016, sono 176 gli studenti passati per la LM in inglese, molti di questi già laureati. Si evidenziano i Paesi, mettendo tra parentesi il numero nei casi più rilevanti: Afghanistan, Albania, Armenia, Bangladesh (8), Brasile, Camerun, Filippine, Ghana, Guinea, Gran Bretagna, Giordania, India (20), Indonesia, Iran (24), Kazakistan, Kirghizistan, Libano (17), Marocco (12), Messico, Moldavia, Paesi Bassi, Pakistan (17), Repubblica Dominicana, Sudafrica, Russia, Siria, Romania, Spagna, USA, Togo, Tunisia (12), Turchia, Turkmenistan, Ucraina, Vietnam. A questi si aggiungono gli studenti europei che possono arrivare grazie ai vari doppi titoli, in primis quelli con Southern Denmark University, Kristianstadt (SE), East Anglia (UK), Badenburg (DE).

Per l’anno accademico 2023/24, delle 2000 application ricevute da extra UE per la magistrale in inglese, 800 sono state positivamente valutate dal Dem. Di queste, più di 500 studenti hanno selezionato, avendo un’unica opzione nel portale Universitaly, la magistrale del Dem come destinazione prioritaria. Il problema principale per la finalizzazione è il conseguimento, in tempi celeri, del visto.

Studenti che creano un ambiente internazionale, multiculturale, portano nuove conoscenze e possono, se trovano un contesto fertile, rimanere nel sistema socio economico.

Occorre esaminare i numeri precedenti congiuntamente ai mega trend su reddito e popolazione. Entro il 2030 la maggior parte della popolazione mondiale apparterrà alla classe media, definita come individui che rientrano tra il 67 e il 200% del reddito medio di un Paese.

Le stime attuali mostrano che nel 2030 ci saranno 5,3 miliardi di persone classificate come tali, rispetto ai 3,2 miliardi attuali. In merito alla popolazione, al 2050 l’Europa vede calare da 742 a 716 milioni gli abitanti, con incrementi in Asia da 4.5 a 5.2 miliardi, in cui si concentra l’80% della crescita del ceto medio nei prossimi 10 anni, e in Africa da 1.2 a 2.5 miliardi.[1]

Occorre anche ricordare che la scelta di politica economica in Italia è attualmente quella di finanziare il sistema universitario (lato didattica) all’80% con risorse fiscali della tassazione generale. Questo genera in media delle contribuzioni studentesche di certo superiori ai livelli molto bassi, se non nulli, dell’area scandinava, con Germania e Francia su simili scelte di finanziamento del sistema universitario, ma di molto inferiori ai livelli di fees dei paesi anglosassoni, chiaramente associati a livelli di tassazione sul Pil minore (33% UK, 26% USA).

Un master/laurea magistrale nel contesto britannico può essere associato a fees pari a 15-50 mila £ all’anno per discipline economiche; in Italia si parla di 2-3 mila€ annui per le magistrali, per gli studenti che non godono di riduzioni. Al netto delle borse di studio presenti nel contesto anglosassone, il meccanismo di finanziamento generale della conoscenza è molto diverso, con divergenze crescenti rispetto al passato.

Nel contesto globale, le fees non molto elevate del contesto italiano sono una scelta precisa di politica e una possibile determinante aggiuntiva del flusso di studenti internazionali.

Servirebbe, per mantenere e aumentare una qualità della ricerca competitiva, portare in modo strutturale la spesa totale in R&S dall’attuale 1.6% al 3% del Pil e oltre, avvicinando i paesi del nord Europa (intorno al 3%) e il leader Corea del Sud (con oltre il 4%). Aumentando di 0.2% all’anno la R&S (0.1 privato 0.1 pubblico, circa 4 miliardi di euro totale), si porterebbe la R&S nel 2035 al 3.6%.

Questo ‘pacchetto’ di politica economica, basato su investimenti in R&S e capitale umano sinergico, chiaramente modulabile nel tempo, consentirebbe di strutturare lo sviluppo economico e umano, in un paese a bassa crescita dal 2000, su due pilastri fondamentali e complementari, la formazione di capitale umano/alta formazione e la ricerca pubblica e privata.

Bibliografia

Diaz Lopez F. Mazzanti M. Zoboli R. (eds.) (2023), Handbook on Innovation, Society and the Environment, Edward Elgar.

EEA (2019), The sustainability transition in Europe in an age of demographic and technological change: An exploration of implications for fiscal and financial strategies, European Environment Agency, Copenhagen.

[1]https://ec.europa.eu/assets/epsc/pages/espas/chapter1.html