L’analisi Cispel all’alba del nuovo Piano regionale

Rifiuti urbani, il nuovo rapporto Ispra traccia le sfide dell’economia circolare in Toscana

Diminuiscono i rifiuti generati mentre cresce la raccolta differenziata, ma il ciclo ancora non si chiude per carenza d’impianti: servono biodigestione, ossicombustione, riciclo chimico, termovalorizzazione

[3 Gennaio 2024]

Dall’annuale rapporto sui rifiuti urbani in Italia pubblicato dall’Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale del ministero dell’ambiente), pubblicato nei giorni scorsi, emergono alcuni elementi interessanti che riguardano la situazione toscana.

Il primo dato è positivo e riguarda la produzione dei rifiuti, che si riduce nella nostra regione così come in tutta Italia. Dal 2021 al 2022, si passa da 2,199 milioni di tonnellate a 2,153, con una riduzione del 2% (46.000 tonnellate), dato di particolare interesse considerato che il 2022 è stato un anno che ha visto sia un aumento del Pil che dei consumi delle famiglie. Forse è iniziato il famoso disaccoppiamento.

I rifiuti procapite prodotti sono pari a 590 kg/anno, sempre fra i più alti d’Italia, secondi solo all’Emilia Romagna (633) e alla Valle d’Aosta (613). Un valore come sempre dovuto all’alto tasso di rifiuti simili (non domestici) presenti nei rifiuti solidi (industria diffusa, turismo).

Il secondo dato positivo riguarda il tanto atteso raggiungimento, anche in Toscana, dell’obiettivo di raccolta differenziata del 65%. La Toscana nel 2022 raggiunge il 65,4% (nel 2021 era 64,1), con 1,4 milioni di tonnellate di materiali raccolti, e arriva quindi finalmente a questo obiettivo previsto dalla legge nazionale per l’anno 2012.

Entriamo quindi fra le regioni virtuose in ritardo, dopo 10 anni, ma ci siamo arrivati. Una buona notizia quindi, rinforzata dal fatto che in termini assoluti la Toscana presenta da anni ottimi dati di raccolta differenziata procapite in tutte le frazioni di riciclo, attestandosi in cima alla classifica delle regioni.

La Toscana raccoglie infatti in forma differenziata 387 kg/anno ad abitante, collocandosi fra le regioni con la migliore performance, dietro ad Emilia Romagna (468) e Valle d’Aosta (407) e abbondantemente sopra la media nazionale (322) e del nord in generale (363).

Il Rapporto non indica dati regionali sul tasso di riciclo effettivo dei rifiuti urbani, ma avendo la Toscana la medesima percentuale di raccolte differenziate della media italiana (65,2%), è ragionevole pensare che abbia anche lo stesso tasso di riciclo (49,2%). Un dato ormai prossimo all’obiettivo europeo del 50%. Gli scarti delle raccolte differenziate sono quindi 354.000 tonnellate.

Veniamo invece ai problemi. La nostra regione continua a non avere impianti di digestione anaerobica (solo uno piccolo in provincia di Grosseto), e dispone di 14 impianti di compostaggio, che però riducono i quantitativi di rifiuti organici trattati da 315.000 tonnellate a 302.000, a fronte di una raccolta differenziata di 525.000 tonnellate. Un deficit impiantistico che produce l’effetto di una forte esportazione di rifiuti organici in altre regioni italiane: nel 2022 circa 218.000 tonnellate.

Un dato negativo, destinato però ad essere risolto con la costruzione di impianti di digestione anerobica previsti dai vari gestori nei loro piani industriali, quasi tutti già autorizzati ed in fase di costruzione.

Si riduce il quantitativo di rifiuti indifferenziati da gestire, nel 2022 arrivati a circa 740.000 tonnellate. La maggior parte di questo flusso viene avviata ad impianti di trattamento meccanico biologico o solo biologico, che passano da 787.000 tonnellate a circa 711.000, a fronte di un parco autorizzato per circa il doppio (1,4 milioni di tonnellate).

Sta andando avanti quindi il percorso di dismissione parziale di questa tipologia di impianto. Una parte dei rifiuti indifferenziati viene avviata invece direttamente ad incenerimento (77.000 tonnellate), mentre una piccolissima quota va in discarica (6.000 tonnellate).

La Toscana poi vede ridursi il quantitativo di rifiuti urbani avviati a recupero energetico, con solo quattro impianti che trattano 215.000 tonnellate nel 2022 (5.000 tonnellate meno che nel 2021). Dato che va collegato anche con il fenomeno dell’export di rifiuti combustibili in uscita dai Tmb, pari in Toscana a circa 11.300 tonnellate. Avviati a coincenerimento industriale (un solo impianto in provincia di Arezzo) circa 7.400 tonnellate di rifiuti urbani.

Ma il dato più negativo riguarda un uso ancora molto consistente della discarica come modalità di smaltimento, e pari al 35,7% del totale rifiuti urbani. Quantitativo in leggera riduzione, è vero (da 775.000 a768.000 tonnellate). ma sempre elevato, e che colloca la Toscana come seconda regione italiana per uso della discarica, dopo la Sicilia.

Un fenomeno che il nuovo Piano regionale è chiamato a risolvere, migliorando il riciclo ma soprattutto dotando la regione di tutti gli impianti di chiusura del ciclo alternativi alla discarica: inceneritori, ossicombustori, gassificatori, riducendo così l’uso delle discariche sotto il 10% al 2035 e senza sostituirlo con l’export fuori regione o fuori Italia.

Veniamo ai costi di gestione, che si contraggono rispetto al 2021. Il costo ad abitante è pari nel 2022 a 243,7 euro ad abitante nel 2022 (era 256 nel 2021), valore superiore alla media nazionale sotto i 200 euro. Un dato che non va confuso con il valore della Tari domestica ad abitante (molto più bassa per via del contributo al pagamento della tassa/tariffa degli utenti non domestici).

I costi rapportati alle tonnellate gestite sono pari a 414 euro, erano 429 nel 2021, valore leggermente superiore alla media nazionale di 385. Un interessante dato di decremento della spesa Tari/Tarip che rimane ancora leggermente più alta della media.

Dati che dovrebbero correggere le basi numeriche del Piano regionale di gestione dei rifiuti in fase di  approvazione dal Consiglio regionale – ancora basato su elementi numerici ormai sorpassati – e che dicono che per rafforzare i buoni risultati già raggiunti devono essere realizzati rapidamente impianti di digestione anaerobica per la frazione organica e tutti gli impianti di chiusura del ciclo per i rifiuti indifferenziati.

Una scelta che punta all’autosufficienza regionale per tutte le filiere, alla sicurezza nella gestione e al miglioramento dei costi.