RePowerEu, il Wwf preoccupato dalle rinnovabili come “interesse pubblico prevalente”

«Accelerare le autorizzazioni è giusto ma per farlo è necessario risolvere le inefficienti procedure burocratiche, non indebolire la legislazione ambientale»

[19 Maggio 2022]

Il piano RePowerEu, presentato ieri dalla Commissione Ue, secondo il Wwf «contiene una serie di iniziative positive» per promuovere l’efficienza energetica, diversificare le forniture e accelerare la transizione energetica pulita dell’Ue, ma non è tutto oro quello che luccica.

Ad esempio – osservano gli ambientalisti del Panda – per finanziare il piano, la Commissione propone di mobilitare 300 miliardi di euro, principalmente dal già esistente Fondo di ripresa dell’Ue, mentre «solo 20 miliardi di euro costituirebbero “denaro nuovo”, generato dalla vendita di nuovi permessi di inquinare per l’industria, pari a 250 milioni di tonnellate di CO2, e questo danneggerebbe direttamente lo sforzo di riduzione delle emissioni dell’Ue nei negoziati Fit for 55 in corso».

«Il piano della Commissione per accelerare il passaggio dell’Ue a soluzioni energetiche pulite come l’efficienza energetica, l’energia eolica e solare è molto apprezzabile – commenta nel merito Ester Asin, direttore dell’Ufficio politiche europee del Wwf – Ma finanziarlo vendendo permessi di inquinamento è sbagliato, così come lo è costruire altre infrastrutture per il gas fossile o affidarsi a un maggiore uso della biomassa. Questo non farà altro che prolungare la nostra dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili e mettere a rischio gli obiettivi climatici».

Per dire addio velocemente alle fossili occorre però investire ancora più rapidamente sulle rinnovabili, ma anche su questo fronte il Wwf vede un aspetto negativo nella proposta della Commissione Ue, che punta a identificare le infrastrutture rinnovabili come di “interesse pubblico prioritario”.

Il RePowerEu – argomentano dal Wwf – sottolinea giustamente la necessità di un’enorme espansione dell’energia solare ed eolica ed è stato integrato da un emendamento alla direttiva sulle energie rinnovabili attualmente in fase di negoziazione. Questo emendamento aumenterebbe l’obiettivo per le energie rinnovabili al 2030 dal 40% proposto in precedenza al 45%, e includerebbe disposizioni sulle autorizzazioni e sulla mappatura delle energie rinnovabili, con scadenze chiare per gli Stati membri che devono identificare lo spazio per la diffusione delle energie rinnovabili e designare “aree idonee” in cui si prevede che tale sviluppo abbia un basso impatto ambientale.

Nel merito, in primis il Wwf avverte che queste aree di riferimento dovrebbero essere innanzitutto i siti urbani e industriali e, come proposto dalla Commissione, dovrebbero escludere le aree protette nazionali e internazionali come i siti Natura 2000. Inoltre, la loro designazione deve basarsi su valutazioni solide e su un processo di coinvolgimento continuo degli stakeholders, e oltretutto questo ridurrebbe il rischio di opposizione delle comunità ai nuovi progetti.

Tuttavia, per il Panda è «preoccupante» che la Commissione proponga di dichiarare tutti i progetti di energia rinnovabile, di rete e di stoccaggio come di “interesse pubblico prevalente” ovunque, e che nelle aree “di destinazione” i progetti siano esentati dall’obbligo di effettuare una valutazione d’impatto ambientale specifica e una valutazione appropriata, come previsto dalla direttiva Habitat.

In altre parole, per il Wwf «accelerare le autorizzazioni è giusto e darà nuovo impulso all’espansione dell’energia eolica e solare nell’Ue, ma per farlo è necessario risolvere le inefficienti procedure burocratiche, non indebolire la legislazione ambientale».

Il problema è che anche le molteplici ma tiepide semplificazioni messe in fila negli ultimi mesi dal Governo Draghi non hanno raggiunto l’obiettivo, migliorando solo di poco l’asfittico trend che negli ultimi anni ha portato il nostro Paese a rallentare moltissimo il taglio delle emissioni di gas serra (fra il 2014 e il 2021 si sono ridotte solo del 3%), con le fonti rinnovabili che tra il 2015 e il 2019 sono cresciute solo del 3% in Italia, a fronte di una media Ue del 13%.

Un problema, quello delle istallazioni al rallentatore, che riguarda in particolare l’Italia ma che investe anche l’Ue nel suo complesso, come dimostra appunto l’iniziativa della Commissione. Anche l’efficiente Germania soffre questa criticità, e non a caso nelle scorse settimane il governo federale tedesco ha adottato un nuovo pacchetto di proposte prevedendo proprio di ricomprendere gli impianti rinnovabili tra le infrastrutture di interesse pubblico e necessarie per la pubblica sicurezza, sfrondando così i vincoli per la loro installazione sul territorio.

«Ci auguriamo che la spinta europea possa fungere da sprone per una politica coerente e non episodica che veda nell’efficienza/risparmio energetico e nelle fonti rinnovabili un vero volano di sviluppo sicuro e sostenibile per l’Italia – conclude Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed energia del Wwf Italia – Occorre uscire dal tunnel dei combustibili fossili, sfruttare appieno le possibilità offerte dalle energie rinnovabili, valutare le potenzialità delle infrastrutture esistenti per evitare di immobilizzare investimenti in nuove infrastrutture per il gas presto inutili, fare di tutto per non lasciarsi incastrare in contratti capestro e con prezzi altissimi. L’Italia ha tutto da guadagnare da una decisa politica comune europea che veda nelle rinnovabili e nell’efficienza il fulcro per la sicurezza e l’indipendenza energetica: occorre che il nostro Paese faccia una decisa scelta di campo, invece di continuare a parlare di rinnovabili e lavorare sempre e solo per i combustibili fossili».