«Servono risorse straordinarie, non servono i commissari straordinari»

In Toscana oltre 95 milioni di euro per attuare il Piano di tutela delle acque

L’assessora Monni ha portato in Consiglio l’informativa sull’avanzamento del documento

[29 Marzo 2024]

Avviato lo scorso giugno con la conferenza organizzata dalla Regione Toscana in collaborazione con Fondazione Earth and water agenda, prosegue di gran lena il percorso per arrivare ad approvare il nuovo Piano di tutela delle acque (Pta).

L’assessora all’Ambiente, Monia Monni, ha portato all’attenzione del Consiglio regionale un’informativa sull’avanzamento dei lavori, con un focus sulle fonti di finanziamento.

Il documento, ha spiegato, ha «un rilievo marcatamente intersettoriale perché coinvolge diversi settori, quali la tutela delle acque, il settore idrologico e geologico, quello sulla tutela della natura e del mare, della forestazione e dell’agroambiente, e infine il settore delle bonifiche».

Altro macro obiettivo del piano è quello relativo alla definizione degli interventi e le misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico: elenco dei corpi idrici significativi, risultati dell’attività conoscitiva e di monitoraggio, obiettivi di qualità ambientali, misure di tutela quali-quantitativa integrate, indicazione della cadenza temporale degli interventi, programma di verifica dell’efficacia degli stessi, interventi di bonifica e, infine, analisi economica e risorse finanziarie previste.

Sul fronte delle risorse attivabili per l’attuazione del Pta, complessivamente ammontano a oltre 95 milioni di euro. Tra le principali fonti di finanziamento sono da segnalare i 19 interventi del Pnrr relativi agli investimenti in infrastrutture idriche primarie, per la sicurezza dell’approvvigionamento idrico, che ammontano ad oltre 57 milioni di euro; l’adeguamento e la messa in sicurezza degli invasi esistenti finanziati dal Piano nazionale dighe, a valere sul Fondo di sviluppo della coesione (Fsc) 2014-2025, che ammontano a 13,5 milioni ed infine la realizzazione di invasi e sbarramenti mobili sulla diga di Montedoglio per 12 milioni di euro.

Monni ha inoltre ricordato che il Piano di tutela delle acque non si occupa di dissesto idrogeologico, ma di qualità e di quantità dell’acqua, anche se questo certamente s’intreccia a questioni come la difesa del suolo.

Per quanto riguarda in  particolare i grandi invasi, Monni ha spiegato di puntare alla realizzazione di un bacino per la Toscana del sud, che ne è sprovvista: «Il modello da seguire è un po’ quello di Bilancino. Vogliamo una multifunzionalità degli invasi, che devono garantire risorsa idropotabile ma devono anche avere una funzione ecologica e di riduzione del rischio idraulico, e che diventano ancora più importanti a seguito dal cambiamento climatico, che provoca grandi precipitazioni in poco tempo e poi lunghi periodi di siccità».

Oltre ai grandi invasi, necessari ma che sono opere che richiedono lunghi tempi di realizzazione anche a causa «di una burocrazia che dipende tutta dalle norme nazionali, quindi uno snellimento va chiesto al governo centrale», per Monni si deve ricorrere anche ad altre soluzioni.

Per quanto riguarda i piccoli invasi a uso irriguo privati esiste un monitoraggio preciso: «Sono 16.000, in gran parte nei territori di Arezzo e Grosseto, e su questi è stato attivato un tavolo tecnico. Anche in questo caso la morsa della burocrazia dovuta alle norme nazionali si fa sentire».

Ancora, è in atto un confronto con le industrie per la riduzione dell’impiego della risorsa idrica e contro l’inquinamento, che in alcuni casi sta già dando buoni risultati: «La Regione Toscana tenta di superare la deroga, sostituendola a una valutazione a partire dalle performance – ha evidenziato l’assessora – Vedo un territorio che ha fatto enormi progressi e che sta affrontando i periodi di siccità senza che l’acqua smetta di uscire dai rubinetti».

«Servono risorse straordinarie, non servono i commissari straordinari, se non accompagnati da risorse», ha concluso Monni, che si è recata poi in visita alla diga di Sammontana, un invaso artificiale realizzato all’inizio degli anni sessanta ad uso della fattoria omonima.

A seguito di modifiche normative la proprietà ha manifestato formalmente la volontà di dismettere la diga. Comune di Montelupo Fiorentino e Regione hanno però deciso di mantenere operativo l’invaso per la sua funzione di laminazione delle piene del rio di Sammontana, oltre che per fini di tutela paesaggistica e ambientale, per finalità antincendio ed anche per scopi ludico-ricreativi.

Il progetto di adeguamento e recupero dell’area, dal valore di 2 milioni di euro, è co-finanziato per 495mila euro dalla Regione, per «interventi sul reticolo minore, migliorandone la qualità e riducendo il rischio idraulico nelle vicine aree industriali», ha spiegato l’assessora.