Oggi a Firenze la Conferenza che avvia il percorso vero il nuovo Piano di tutela

Il governo dell’acqua al tempo della crisi climatica: la Toscana prima Regione a pianificarlo

Monni: «È evidente che non possiamo solo contenere gli effetti del problema, dobbiamo anche lavorare sulla causa ovvero la crisi climatica»

[19 Giugno 2023]

La Toscana è la prima regione d’Italia ad avviare una pianificazione d’insieme sul tema dell’acqua, per offrire una risposta proattiva alla crisi climatica in corso su tutti i principali comparti: dall’agricolo all’industriale, passando ovviamente dal servizio idrico integrato.

Un percorso che ha preso ufficialmente il via oggi a Firenze, durante la prima Conferenza regionale sull’acqua, organizzata dalla Regione Toscana con la collaborazione della Fondazione Earth and Water Agenda (Ewa) e di tutti i principali stakeholder di settore.

«Le criticità sul ciclo idrico che hanno colpito la Toscana la scorsa estate – ricorda il presidente Eugenio Giani in apertura – hanno determinato l’avvio di gruppi di lavoro e coordinamento, grazie in particolare all’impegno all’assessora all’Ambiente Monia Monni, per arrivare a una programmazione che credo possa offrire un utile esempio anche a livello nazionale».

Del resto la Toscana ha maturato una robusta esperienza in fatto di eventi meteo estremi – la Conferenza odierna ha coinciso con l’anniversario dell’alluvione del 1996 a Stazzema, quando venne usata per la prima volta l’espressione “bomba d’acqua” –, ma l’aumento in frequenza e intensità dovuto ai cambiamenti climatici impone un cambio passo per adeguarsi alla nuova normalità.

«Chi mai avrebbe pensato, solo qualche anno fa, che oggi avremmo dovuto irrigare in modo sistematico coltivazioni così caratteristiche per la Toscana come vigneti e oliveti: eppure è già così», sintetizza con efficacia l’assessora all’Agricoltura Stefania Saccardi, a proposito di impatti del clima che cambia sul paesaggio regionale.

Il punto di svolta politico è arrivato tra agosto e settembre scorsi, quando nell’arco di soli due mesi la Regione Toscana si è trovata costretta a dichiarare quattro stati d’emergenza: prima per siccità e incendi, poi per alluvioni e trombe d’aria.

In quell’occasione sono stati piantati i semi di cinque tavoli tematici permanenti, il cui lavoro ha portato alla Conferenza di oggi riunendo le competenze diffuse su agricoltura e consorzi di bonifica; servizio idrico integrato; tutela della risorsa; cambiamenti climatici e corpi idrici; prevenzione ed emergenze.

È a partire da questa lunga fase di approfondimento e confronto che è adesso in rampa di lancio una rinnovata stagione di pianificazione regionale, con l’obiettivo di consegnare ai cittadini il nuovo Piano di tutela dell’acqua (Pta) e quello della Transizione ecologica (Prte), non a caso insieme.

Per fare cosa? La gestione dell’oro blu in Toscana presenta ampi margini di miglioramento in un’ottica di sostenibilità, ma dispone anche di molti punti di forza da cui partire.

Si pensi alle utility di settore, che investono sul servizio idrico integrato 300 mln di euro l’anno (ovvero circa 90€/procapite contro una media nazionale di 62)e, dopo aver già recuperato 30 mln di mc annui sul fronte delle perdite idriche, hanno adesso l’obiettivo di scendere sotto il 30% (in Italia ad oggi siamo al 42%). Ma questo è solo l’inizio.

Per far fronte alla siccità senza aumentare ancora i prelievi di falda servono piccoli invasi privati per le aziende agricole (nel 2018 Lamma ne ha censiti16mila sparsi sul territorio, in gran parte inattivi); un nuovo grande invaso pubblico per la Toscana del sud (resta in ipotesi quello di San Piero in Campo); sciogliere i nodi normativi che impediscono un pieno riutilizzo delle acque reflue depurate (dal più grande depuratore d’Europa per acque industriali, quello di Prato, si riusa ad oggi appena 1/3); salvaguardare e remunerare i Comuni sorgivi toscani; mettere in campo quelle soluzioni basate sulla natura (Nbs) suggerite dall’Ue e richieste dagli ambientalisti per aiutare la ricarica delle falde, come avvenuto con successo a Suvereto.

«Il significato di questa Conferenza – spiega il presidente della Fondazione Ewa, Erasmo D’Angelis – è proprio coordinare e mettere a fattore comune le conoscenze disponibili per investirle sulla sicurezza idraulica dei toscani, di oggi e di domani».

Ma questo comporta in primis informare e maturare la consapevolezza, a tutti i livelli, di quanto tali investimenti siano necessari. Da parte del Governo nazionale – verso il quale la Regione ha appena presentato progetti per 802 mln di euro, finanziabili nell’ambito della Cabina di regia sulla siccità – come da parte di tutti i cittadini: «Serve un ambientalismo del fare, non quello dei comitati che dicono no a tutto», rimarca nel merito Giani.

Lo stesso “ambientalismo del fare” che nei decenni passati gli amministratori toscani hanno praticato realizzando gli invasi di Montedoglio e Bilancino, oggi fondamentali per la sicurezza idraulica della regione, nonostante abbiano dovuto pagare un prezzo politico e personale pesantissimo.

«Il tema – conclude Monni – è quello di tutelare l’acqua e tutelarci dall’acqua, di lavorare alla resilienza dei nostri territori. Investiamo ogni anno 100 mln di euro in manutenzione e altrettanti in nuove opere. Abbiamo cantieri aperti per quasi 500 mln di euro contro il dissesto idrogeologico. Ma è evidente che non possiamo solo contenere gli effetti del problema, dobbiamo anche lavorare sulla causa ovvero la crisi climatica, verso la quale esiste ancora un grande problema che è il negazionismo. Per affrontarla in modo serio occorre ridurre rapidamente le emissioni climalteranti e sviluppare le fonti rinnovabili: grazie a loro in Toscana oggi produciamo circa la metà dell’elettricità, adesso vogliamo raddoppiare».