La coalizione #CambiamoAgricoltura chiede alla Commissione Ue di non indebolire la Pac

I trattori invadono Bruxelles, ma tra gli agricoltori c’è chi difende il Green deal

«Più equa remunerazione del lavoro agricolo, ma senza natura non c'è futuro per l'agricoltura»

[1 Febbraio 2024]

La marcia indietro che ieri la Commissione Ue ha frettolosamente innestato su uno dei punti del Green deal che contestano gli agricoltori in protesta, non è riuscita a calmare gli animi.

Il commissario Wojciechowski ha assicurato una proroga alla norma della Politica agricola comune (Pac) che chiede di mantenere a riposo il 4% delle aree agricole per poter accedere agli incentivi Pac, aprendo all’uso di queste aree per colture che fissano l’azoto (come lenticchie, piselli o fave) senza fitosanitari, conciliando così le esigenze produttive a quelle della salute e della produttività dei suoli agricoli. Non è bastato.

Oggi un migliaio di trattori marcia su Bruxelles, col corredo di statue abbattute, lancio di uova e bottiglie all’Europarlamento, strade in fiamme e poliziotti in tenuta anti-sommossa. Con anche la più grande associazione di rappresentanza agricola italiana, Coldiretti, a sostegno della protesta.

«Va cancellato definitivamente l’obbligo di lasciare incolto il 4% dei terreni destinati a seminativi imposto dalla Politica agricola comune (Pac)», dichiara il presidente Ettore Prandini. Ma è solo l’antipasto delle richieste, più o meno condivisibili.

Si va dal comprensibile «stop all’ingresso di prodotti fuori dei confini Ue che non rispettano i nostri stessi standard» (con la Commissione Ue che ha già stoppato l’accordo commerciale coi Paesi dell’America del sud, riuniti nel Mercosur), alla richiesta di sostenere «gli accordi di filiera per costruire mercati più equi, con una più giusta distribuzione del valore».

Sotto quest’ultimo profilo un’apertura è arrivata ieri anche dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, che a margine della Fieragricola a Verona ha annunciato – riporta stamani il Sole 24 Ore – che entro pochi mesi arriverà un ddl sul “prezzo garantito”, per introdurre una soglia minima (da individuare tramite l’Ismea) ai prezzi dei beni agricoli da dover riconoscere ai produttori.

Ma in realtà gli agricoltori in protesta vorrebbero imporre uno stop a tutte le misure rientranti nell’ottica del Green deal che riguardano il comparto agricolo: no al nuovo regolamento sugli imballaggi, no alla “equiparazione” delle emissioni rilasciate dagli allevamenti a quelle delle industrie (eppure in Italia gli allevamenti sono tra i principali responsabili dell’inquinamento atmosferico), sì al mantenimento dei sussidi per mantenere artificialmente basso il prezzo di un combustibile fossile come il gasolio.

Tutto questo mentre la crisi climatica ha comportato danni per almeno 6 miliardi di euro all’agricoltura italiana solo nell’ultimo anno, con oltre il 60% dei suoli europei in cattiva salute.

La nuova Pac prevede lo stanziamento di 386,6 miliardi di euro a favore degli agricoltori europei, per il periodo 2023-27: un terzo dell’intero bilancio Ue. Ma lega questi incentivi a investimenti e scelte produttive necessari per dare all’agricoltura la possibilità di resistere alla crisi climatica e continuare la propria attività.

Si tratta di una prospettiva che non tutti gli agricoltori contestano, anzi. Le associazioni riunite nella coalizione #CambiamoAgricoltura (come Aiab, Associazione italiana biodinamica, FederBio) insieme a circa 90 sigle della società civile (da Legambiente alla Lipu, dal Wwf a Slow food all’Associazione consumatori utenti) si sono già esposte nei giorni scorsi a difesa del Green deal e tornano oggi a far sentire le proprie ragioni.

«In questi giorni di proteste – dichiarano dalla coalizione – capiamo e sosteniamo la richiesta degli agricoltori di vedere a loro riconosciuta una giusta remunerazione, in una filiera agroalimentare oggi dominata dagli attori agroindustriali e della grande distribuzione, attraverso politiche agricole che assicurino una più equa remunerazione del lavoro agricolo e riconoscano la centralità dei produttori. Diciamo però un netto no alla strumentalità con cui viene scaricato sul Green deal europeo il disagio del mondo agricolo. Crediamo fermamente che gli obiettivi produttivi e di conservazione dell’equilibrio degli agroecosistemi debbono andare di pari passo, perché senza natura non c’è futuro per l’agricoltura».

Dunque no alla deroga sul mantenimento di un minimo di 4% di aree agricole destinate alla natura, valutato come «una risposta ideologica alle proteste di una parte del mondo agricolo, priva di una chiara giustificazione e che suscita preoccupazione per le motivazioni alla base di questo cambiamento inaspettato».

Più in generale, la coalizione esorta la Commissione a evitare qualsiasi ulteriore indebolimento delle regole della Pac,  ribadendo  che tali azioni impediranno la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente.

Al contempo, invitano le istituzioni europee ì ad aprire un serio dibattito sulle reali cause del disagio degli agricoltori, che «non vanno certo cercate nella protezione dell’ambiente e nella lotta ai cambiamenti climatici, ma in un sistema alimentare ingiusto, espressione degli interessi delle grandi corporazioni agroindustriali (chimiche, meccaniche, sementiere, della trasformazione alimentare), che penalizza chi produce e chi consuma».