Com’è andato l’incontro promosso dall’Unione geotermica italiana al dicastero

Fer 2, concessioni e non solo: il punto sulla geotermia col ministro dell’Ambiente Pichetto

Della Vedova: «Ci ha ascoltato con grande interesse e attenzione, altri incontri in vista del National renewable energy action plan che l’Ue chiede entro giugno»

[26 Gennaio 2023]

Dopo anni di richieste d’appuntamento cadute nel vuoto, il mondo della geotermia italiana è riuscito a riaprire un dialogo diretto col ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, ruolo oggi ricoperto da Gilberto Pichetto Fratin.

Il 24 gennaio si è tenuto a Roma l’incontro promosso dall’Unione geotermica italiana (Ugi, da poco formalmente riconosciuta come Ente del terzo settore – Ets), in rappresentanza del Tavolo tecnico geotermia e in collaborazione con la Piattaforma nazionale geotermia; sei i rappresentanti presenti al dicastero (vedi foto), per un confronto di analisi e di proposte col ministro e il suo staff.

Sono state illustrate le potenzialità, gli obiettivi al 2030 e le misure necessarie a far decollare il settore della geotermia – una fonte rinnovabile che per prima al mondo l’Italia ha saputo piegare a fini industriali, oltre due secoli fa – per il raggiungimento degli obiettivi di un’economia neutrale dal punto di vista climatico, mettendo a frutto le molteplici applicazioni che il calore naturalmente presente nel sottosuolo del Paese è in grado di garantire: dal geoscambio con pompe di calore per riscaldamento, raffrescamento e acqua calda sanitaria, alle infrastrutture di teleriscaldamento e teleraffrescamento di quartieri urbani, industriali e agricoli, alla produzione di energia elettrica e calore da sistemi profondi ad alta temperatura. L’Italia è uno dei Paesi meglio dotati in Europa per questa risorsa e la nostra filiera è di alto livello tecnologico e know-how, a tutt’oggi richiestissima, ma prevalentemente all’estero.

Per dare un’idea del potenziale, le risorse geotermiche teoricamente accessibili entro i 5 km di profondità sarebbero sufficienti a soddisfare il quintuplo dell’intero fabbisogno energetico nazionale. Eppure la costruzione di nuove centrali geotermoelettriche è ferma da un decennio. Sarà la volta buona per ripartire?

«Il ministro ci ha ascoltato con estremo interesse e attenzione, dopo aver valutato la documentazione che gli avevamo precedentemente inviato – ci spiega il presidente dell’Ugi, Bruno Della Vedova – È stato un interlocutore aperto al confronto e acuto nella discussione. La collaborazione è avviata e auspichiamo altri incontri insieme. La sfida della decarbonizzazione e la contingenza della crisi energetica impongono un cambio di passo sulla sicurezza e transizione energetica e la geotermia avrebbe molto da dire su questo, ma mentre il resto del mondo corre noi siamo ancora fermi. L’Ue chiede agli Stati membri di aggiornare i National renewable energy action plan (Nreap) con prospettiva al 2030, entro il 30 giugno, ed è importante che l’Italia elabori il nuovo Piano dando il giusto peso alla geotermia, visti gli importanti vantaggi che questa fonte rinnovabile in termini di sostenibilità ambientale, continuità e flessibilità produttiva, per la generazione elettrica, ma anche e soprattutto per gli usi termici».

Per l’Italia, la richiesta europea significa aggiornare entro la metà di quest’anno il Pniec, nato già vecchio nel gennaio 2020; il ministro Cingolani, predecessore di Pichetto, aveva iniziato a metterci mano nel 2021 ma senza arrivare a un punto conclusivo. Cosa aspettarci adesso?

«Da una parte l’Europa pretende un quadro normativo e regolatorio stabile, chiaro e di prospettiva sulle fonti rinnovabili, che comprenda una semplificazione delle procedure autorizzative, soprattutto per le pompe di calore. Dall’altra, che ogni Stato membro elabori un Piano termico affinché le amministrazioni pubbliche si attivino sui territori per guidare una transizione delle città dalla climatizzazione – caldo, freddo, acqua calda sanitaria – alimentata coi combustibili fossili a una alimentata dalle fonti rinnovabili, un ambito dove la geotermia gioca un ruolo fondamentale. Circa la metà dell’energia che consumiamo in Europa è per uso termico, e l’80% di quest’energia viene consumata nelle città. La transizione energetica come la giustizia sociale, soprattutto in questa fase dove la crisi energetica incide sulle bollette, passa inevitabilmente da qui».

A che punto sono i lavori per il Fer 2, l’atteso decreto che dovrebbe introdurre i nuovi incentivi per la produzione di energia elettrica da geotermia?

«Il ministro ci ha confermato che il decreto è arrivato all’esame dell’Ue per le verifiche di compatibilità. È dunque in dirittura d’arrivo, credo entro marzo. La prima bozza prevedeva l’incentivazione fino a 40 MW di impianti a re-immissione totale, noi abbiamo proposto di arrivare a 100 MW ma il risultato finale dovrebbe cadere a 60 MW, che è comunque un incremento del 50% rispetto al dato di partenza. A questo si aggiunge un contingente di altri 100 MW incentivabili per la geotermia tradizionale con innovazione».

E per quanto riguarda invece l’ammontare dell’incentivazione?

«Il Fer 2 dovrebbe prevedere incentivi da 100€/MWh per gli impianti tradizionali con innovazione e 200€/MWh per quelli a re-immissione totale. Non è però ancora chiaro se verranno mantenuti i criteri di premialità previsti per il contingente 2016, ovvero 30€/MWh aggiuntivi per i primi 10 MW installati in un’area “vergine” e altri 30€/MWh se l’impianto a re-immissione totale prevede una produzione combinata di elettricità e calore, recuperando cioè i cascami per usi termici».

Oltre all’uscita del Fer 2, un altro tema fondamentale per lo sviluppo della geotermia riguarda la gestione delle concessioni minerarie in Toscana, in scadenza al 2024. La Regione, le amministrazioni locali e i sindacati chiedono una proroga ampia, il ministro si è detto disponibile a valutare: qual è l’orientamento attuale al dicastero?

«Durante il nostro incontro il tema delle concessioni in scadenza è stato richiamato direttamente dal ministro. Pichetto Fratin è consapevole della necessità di porre mano alla questione ed ha assicurato che presto ci saranno indicazioni al riguardo: l’orientamento nel merito è dibattuto, anche se di fatto in molti Paesi europei il vincolo della gara non c’è.

Certo non si può pensare di bloccare il settore, predisponendo una gara europea nell’immediato. Prima occorre individuare un obiettivo comune, valutando in modo realistico cosa fare e in che tempi: se l’obiettivo è quello di rafforzare la geotermia, occorrono strumenti normativi che non ne blocchino lo sviluppo. Anche perché questa fonte rinnovabile non è un patrimonio esclusivo della Toscana: al ministro abbiamo mostrato una mappa delle potenzialità, con ampissime parti del Paese – dal Veneto all’Emilia, passando da Milano fino a tutta la zona Tirrenica, Sardegna e Sicilia – dove la geotermia potrebbe svilupparsi in modo sostenibile. L’Italia è piena di risorse geotermiche, non sempre ce ne rendiamo conto, ma è un dato di fatto».

Anche se le potenzialità sono enormi, realisticamente quali crede possano essere gli obiettivi perseguibili nel breve-medio periodo per l’installazione di nuove centrali geotermoelettriche?

«Al ministro abbiamo presentato un quadro con 400 MW installabili a livello nazionale entro un decennio, di cui oltre 200 MW da parte di Enel green power e quasi altrettanti da parte delle imprese riunite in Rete geotermica e da altri operatori. Si parla di impianti molto efficienti, in grado di lavorare per circa 8mila ore l’anno senza essere influenzati dall’andamento delle condizioni meteorologiche. Basti osservare che in due anni è atteso un +100% di progetti per nuova potenza geotermica nel sudest asiatico, negli Usa del +50%, solo in Europa nel 2021 sono state installate nuove centrali geotermiche per 3,4 GW. L’Italia, che è la patria delle tecnologie geotermiche, non può continuare a stare ferma: dal comparto nazionale non arriva la richiesta di grandi incentivi, ma semplicemente che venga fatto ordine sullo sviluppo della risorsa in modo che le imprese possano riprendere a investire. In quest’ottica, la necessità per un quadro normativo e regolatorio più chiaro, sicuro ed armonizzato è tuttora molto pressante».