Disuguaglianza climatica: tassare i più ricchi per frenare il riscaldamento globale

Il 10% più ricco della popolazione mondiale produce ancora circa metà dell’insieme dei gas a effetto serra emessi nell’atmosfera

[21 Febbraio 2023]

Un evento catastrofico e di portata internazionale come quello della pandemia da Covid-19 avrebbe potuto insegnarci molto sulla necessità di affrontare in modo equo e collaborativo sfide globali, come quella climatica, ma le cose sembrano essere andate diversamente: i vaccini sono arrivati in minima parte nei Paesi più poveri, mentre la disuguaglianza climatica resta una delle principali difficoltà a contrastare il riscaldamento globale.

A testimoniarlo sono i nuovi dati raccolti dal think tank World inequality lab, co-diretto dall’economista Thomas Piketty, e passati in rassegna dall’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS).

Nel 2019 il 10% più ricco della popolazione mondiale emetteva quasi il 48% delle emissioni globali di gas serra, l’1% più ricco il 17% del totale, mentre la metà più povera del mondo il 12%; dati praticamente immutati nel rapporto 2023, visto che il 10% più ricco della popolazione mondiale produce ancora circa metà dell’insieme dei gas a effetto serra emessi nell’atmosfera.

«Il consumo e il modello di investimenti di una parte relativamente piccola della popolazione mondiale contribuisce, direttamente o indirettamente, in modo sproporzionato alle emissioni globali di gas a effetto serra», spiegano gli autori del rapporto, suggerendo di intervenire con «una profonda trasformazione dei regimi fiscali, nazionali e internazionali, e adottare sistemi di tassazione progressivi».

Si tratta di un suggerimento valido per contenere la disuguaglianza climatica tra i Paesi ricchi (come l’Italia) e quelli più poveri, ma anche per incidere nelle disuguaglianze che si ripresentano anche all’interno degli Stati, compreso il nostro.

Da recenti stime Oxfam emerge ad esempio che il 10% più ricco dei cittadini europei (ovvero quelli con un reddito superiore a 41.000 euro all’anno) è responsabile da solo di oltre un quarto (il 27%) delle emissioni totali; il 40% degli europei con un reddito medio è responsabile del 46% delle emissioni, mentre l’1% più ricco (chi supera gli 89mila euro/anno) di ben il 7%.

Un trend particolarmente sentito in Italia, dove lo studio The concentration of personal wealth in Italy 1995-2016 documenta che la ricchezza dello 0,1% degli italiani più ricchi è raddoppiata (e quella dello 0,01% triplicata) dalla metà degli anni ’90, mentre quella posseduta dalla metà più povera del Paese è calata dell’80%.

Come risultato finale, sempre in base a stime Oxfam, i super ricchi con patrimoni superiori ai 5 milioni di dollari (lo 0,134% degli italiani) erano titolari, a fine 2021, di un ammontare di ricchezza equivalente a quella posseduta dal 60% degli italiani più poveri.

Tutto questo all’interno di un sistema fiscale assai perfettibile per quanto riguarda la lotta alla disuguaglianza, dato che – come argomentano gli economisti Demetrio Guzzardi, Elisa Palagi, Andrea Roventini e Alessandro Santoro – in Italia sulla distribuzione dei redditi «è regressivo per il 5% più ricco dei contribuenti, che pagano aliquote inferiori rispetto al 95% della popolazione». L’estrema disuguaglianza climatica, come quella economica, è dunque frutto di precise scelte politiche più che uno stato dell’arte inevitabile.