Giovannini (ASviS): «La resilienza dei territori passa dalla volontà politica»

Dissesto idrogeologico, l’Italia investe in prevenzione 10 volte meno delle spese in emergenza

Per ricucire il Paese basterebbero 26 miliardi di euro, mentre in soli 7 anni ne sono stati spesi 20 per far fronte agli eventi catastrofici

[5 Marzo 2024]

Quando si tratta di far fronte al dissesto idrogeologico, investire in prevenzione fa risparmiare vite umane e risorse economiche, ma l’Italia preferisce piuttosto inseguire le emergenze.

È quanto conferma il policy brief Politiche di prevenzione e contrasto al dissesto idrogeologico. Proposte per un approccio integrato, realizzato dall’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS) e presentato ieri in Consiglio dei ministri, alla presenza del ministro per la Protezione civile Nello Musumeci.

«Il costo dell’inazione è nettamente superiore a quello da sostenere per affrontare seriamente i rischi derivanti dalla crisi climatica – spiega il direttore scientifico dell’ASviS, Enrico Giovannini – La resilienza dei territori passa dalla volontà politica di investire nella prevenzione e nella gestione sostenibile delle risorse idriche».

Due temi che s’intrecciano in profondità in un Paese come il nostro, dove il 93,9% dei comuni italiani è a rischio frane, alluvioni o erosione costiera. Un dato che rende vulnerabili almeno 1,3 milioni di abitanti per quanto riguarda le frane, e 6,8 milioni per le alluvioni, come certifica l’Ispra.

Ed è sempre l’Ispra a informare come nel periodo 1999-2019 il ministero dell’Ambiente abbia finanziato oltre 6mila interventi contro il dissesto idrogeologico per un totale di oltre 6,5 miliardi di euro, con una spesa media annua che si è attestata a 329 milioni di euro.

«Si tratta di risorse del tutto insufficienti, poiché le richieste di interventi inevase a quella data risultavano pari a 26 miliardi di euro, il che rappresenterebbe una stima del costo teorico per la messa in sicurezza dell’intero territorio nazionale. Per questo ASviS propone di triplicare la capacità di spesa portandola ad almeno 1 miliardo di euro l’anno», spiegano dall’associazione.

Anche perché nel mentre il conto della crisi climatica imposto al territorio continua a crescere. La sola alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna lo scorso maggio ha provocato danni per 8,86 mld di euro (mentre i ristori garantiti dal Governo Meloni attingendo al Pnrr si fermano a 1,2 mld di euro), cui si aggiungono danni per altri 2,7 mld di euro dall’alluvione in Toscana del novembre scorso (in questo caso dal Governo nazionale finora sono arrivati solo circa 30 mln di euro).

Più in generale, l’ASviS mostra che in Italia, tra il 2013 e il 2019, sono stati spesi circa 20 miliardi di euro per far fronte all’emergenza generata da alluvioni, piogge e frane, di contro solo un decimo di questa cifra (2 miliardi di euro) è andato in prevenzione.

Non a caso tra le proposte avanzate nel policy brief dell’ASviS spicca la necessità di triplicare la capacità di spesa per interventi di prevenzione del rischio idrogeologico segnalati dalle Regioni e di competenza del ministero dell’Ambiente, portandola rapidamente a un miliardo di euro l’anno rispetto agli attuali 329 mln di euro.

Inoltre, appare urgente l’individuazione di una procedura uniforme per la gestione delle fasi di emergenza e ricostruzione, e occorre applicare il modello della resilienza trasformativa alle diverse fasi di ricostruzione.

Urgente anche adeguare in via straordinaria la pianificazione di bacino tramite i Piani per l’assetto idrogeologico (Pai) alle nuove mappe di pericolosità contenute nei Piani gestione rischio alluvioni (Pgra) delle Autorità di bacino distrettuali.

Per quanto riguarda infine il “Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, il ripristino e la tutela della risorsa ambientale”, il cosiddetto “ProteggItalia” varato nel 2019 e tutt’ora in vigore, la Corte dei Conti ha segnalato che la misura non è riuscita a unificare i criteri e le procedure di spesa, anche in relazione ai fondi messi a disposizione dal Pnrr, e non ha individuato strumenti di pianificazione territoriale efficaci. Che fare?

«È essenziale – conclude nel merito Giovannini – adottare una pianificazione nazionale pluriennale per la difesa del suolo e la gestione delle acque, nonché affidare una delega al Governo per la redazione di un Testo unico legislativo in materia di mitigazione del rischio idrogeologico».