Pubblicato con Rete geotermica il primo studio strategico sulle tecnologie binarie

Ambrosetti, grazie alla geotermia l’Italia può tagliare di almeno il 40% il consumo di gas

Con un moltiplicatore economico che è il più alto tra le fonti rinnovabili, ogni GW installato genera oltre 6mila nuovi posti di lavoro

[16 Aprile 2024]

La geotermia è una fonte di energia rinnovabile e programmabile dalla quale si può produrre elettricità, calore e anche materie prime critiche (come il litio), che da oltre 200 anni l’Italia – primo Paese al mondo – ha saputo impiegare a fini industriali.

Da molti anni, però, sono altri i Paesi che puntano con più convinzione sul calore rinnovabile della Terra. Nel 2000 l’Italia era il 4° Paese al mondo per potenza elettrica installata in geotermia, mentre è oggi è scivolata all’8° posto.

Le uniche centrali geotermoelettriche attive sono concentrate in Toscana, dove l’attuale gestore (Enel green power) è stato chiamato dalla Regione a presentare entro il 30 giugno un piano d’investimenti, che potrebbe valere la proroga ventennale delle concessioni minerarie. Si tratterebbe di un importante passo avanti, a dieci anni dall’entrata in funzione della più recente centrale (Bagnore 4, a Santa Fiora).

Tutte le centrali Enel attive coltivano risorse geotermiche ad alta temperatura (entalpia) e in genere con alta presenza di gas incondensabili come la CO2; tali caratteristiche del fluido geotermico hanno guidato la scelta delle tecnologie per le centrali tra dry steam e flash, che non prevedono la re-immissione totale del fluido nel sottosuolo.

La CO2 in uscita dalle centrali, come dimostrato dal progetto di ricerca Deep carbon, avrebbe comunque raggiunto l’atmosfera tramite il degassamento naturali dei suoli, a conferma della sostenibilità ambientale degli impianti.

Nelle vastissime aree d’Italia dove sono presenti risorse meno pregiate dal punto di vista della temperatura (media entalpia, tipicamente tra i 90 e i 180°C), la geotermia può crescere puntando anche su tecnologie diverse come quelle a “zero emissioni” ovvero a ciclo binario con re-iniezione totale del fluido nel sottosuolo.

Paradossalmente, finora però nessun impianto di questo tipo risulta attivo nel Paese, tra gli oltre 40 progettati dall’associazione d’imprese Rete geotermica.

«In Italia, Rete geotermica ha in sviluppo 44 progetti per oltre 800 MWe di potenza elettrica installabile ed investimenti di circa 8 miliardi di euro da realizzare entro il 2040 – snocciola il presidente, Fausto Batini –  Purtroppo, ad oggi, nessun impianto è stato realizzato a causa dei complessi iter autorizzativi e della mancanza di adeguate politiche di sostegno allo sviluppo di questa tipologia di progetti».

Da qui la decisione di pubblicare, in tandem con The European House – Ambrosetti, il primo studio strategico su “La geotermia a emissioni nulle per accelerare la decarbonizzazione e creare sviluppo in Italia”.

In particolare, Ambrosetti ha calcolato il potenziale di sviluppo della tecnologia: ipotizzando che l’Italia riesca a valorizzare anche solo il 2% del potenziale presente in tutto il territorio italiano nei primi 5 km di profondità (pari a 2.900 TWh, ovvero il quintuplo dell’intero fabbisogno energetico nazionale), la geotermia potrebbe contribuire al 10% della produzione elettrica prevista al 2050.

A livello di energia termica (attraverso le reti di riscaldamento e le pompe di calore geotermiche) complessivamente la geotermia potrebbe contribuire al 25% dei consumi finali termici di oggi, permettendo all’Italia di ridurre del 40% gli attuali consumi finali di gas naturale.

Inoltre, investire nella tecnologia geotermica genera elevate esternalità economiche positive a livello locale. Per Ambrosetti 1 euro investito in questa tecnologia attiva altri 2 euro nel resto dell’economia, per un moltiplicatore economico che è il più alto tra le fonti rinnovabili.

Ogni GW installato genera un valore aggiunto complessivo a livello di sistema-Paese pari a 8 miliardi di euro. Anche dal punto di vista sociale e occupazionale, il settore della geotermia gioca un ruolo chiave, generando circa 6.131 nuovi occupati (diretti, indiretti e indotti) per ogni GW installato, e risultando la tecnologia green a maggiore intensità occupazionale.

Cos’è dunque che frena lo sviluppo della geotermia? Tra i primi fattori spiccano l’elevato rischio di esplorazione iniziale e gli iter autorizzativi ancora troppo complessi.

Per superarli, Ambrosetti – incentrando la propria analisi sulle tecnologie binarie – ha identificato alcuni ambiti di policy concrete: tariffe incentivanti pari a 300 €/MWh per i primi 10 anni (riducibili a 200 €/MWh nei successivi 15 anni); misure di de-risking per tutelare l’attività imprenditoriale dal rischio intrinseco della tecnologia (ad esempio, tramite la compensazione per gli sviluppatori dei progetti geotermici condizionata al successo/fallimento della perforazione del primo pozzo esplorativo); snellire e ottimizzare gli iter autorizzativi (ad esempio, attraverso la creazione di un’Autorità geotermica nazionale e l’istituzione del Titolo autorizzativo unico).