Per la prima volta da due anni, l’Italia è tornata ad avere abbastanza neve

L’analisi della Fondazione Cima documenta un deficit nazionale azzerato, ma a basse quote e sugli Appennini la situazione resta critica. E sulle Alpi il caldo minaccia fusioni precoci

[5 Aprile 2024]

Mentre la Sicilia ha chiesto al Governo Meloni di dichiarare lo stato di emergenza nazionale a causa della siccità – prospettando la necessità di oltre mezzo miliardo di euro per affrontarla – il nord e in particolare il bacino del Po guardano all’estate in modo più sereno grazie alle neve.

L’ultimo monitoraggio della Fondazione Cima documenta infatti che le nevicate di febbraio e marzo sono riuscite a riportare in pari, per la prima volta da due anni, lo Snow water equivalent (Swe, l’acqua contenuta nella neve), che registra addirittura un leggero surplus rispetto alla mediana degli ultimi 12 anni (+1%). Ma la situazione è molto diversificata lungo lo Stivale.

«I dati sullo Swe sono in forte ripresa per le Alpi, ma ancora in deficit per quanto riguarda gli Appennini. La ragione di queste differenze è, come sempre, legata a precipitazioni e temperature – spiega Francesco Avanzi, idrologo della Fondazione Cima – Questo mese di marzo è stato più piovoso sia al Nord sia al Centro. Tuttavia, specialmente sugli Appennini, le temperature si sono mantenute elevate per tutta la stagione invernale: in marzo, per esempio, si sono registrati +2,5°C rispetto allo scorso decennio. Questo ha portato a una penuria di nevicate sugli Appennini, e alla fusione precoce di quella poca neve accumulatasi in quelle zone durante l’inverno».

Al contrario, nel nord della penisola, le temperature in marzo si sono mantenute più in linea con quelle dello scorso decennio. Così, le abbondanti precipitazioni di fine febbraio e di marzo hanno consentito un accumulo di neve come non ne registravamo da ormai due anni.

Guardando i dati dei singoli bacini idrografici, il divario appare evidente: mentre sul Tevere si registra ancora un deficit del -80% rispetto al periodo storico, per l’Adige l’anomalia è appena del -4% e per il Po, che ha addirittura triplicato la sua risorsa idrica novale da febbraio a oggi, lo Swe è al +29%.

È importante però osservare che, anche per quanto riguarda le Alpi, la situazione non è uniforme e si osservano differenze importanti a seconda della quota. Infatti, lo Swe è positivo, sopra i 1800-2000 metri, dove lo zero termico non è ancora stato superato. Al di sotto di questa quota, però, il deficit rimane significativo: «È come se ci fossero due inverni allo stesso tempo: uno nevoso in quota, e uno avaro di neve a quote medio-basse», commenta Avanzi.

«Questi ultimi dati registrati sulle Alpi sono senz’altro una buona notizia, anche perché evitano una situazione di criticità per il terzo anno di fila – conclude Avanzi – Se e quanto l’acqua ora finalmente presente nel bacino del Po sotto forma di neve potrà sostenere i mesi primaverili ed estivi, però, dipende dalle temperature. I dati ci hanno mostrato un significativo incremento dello Swe tra l’inizio e la metà di marzo, che stava però per essere seguito da un rapido declino, interrotto solo dalle ulteriori nevicate in arrivo. In altre parole, le temperature elevate possono ancora causare, anche sulle Alpi, fusioni precoci: perché sia davvero utile nei periodi in cui l’acqua ci è più necessaria, la neve deve restare tale ancora per alcune settimane».