La sovrastima dell’ETS frutta alle compagnie anche 60.000 euro a tratta in media

Trasporto merci via mare: le compagnie navali guadagnano sulla tassa Ue sulle emissioni di gas serra

Il governo italiano, che ha contestato duramente la direttIva Ue, ha sbagliato clamorosamente

[28 Marzo 2024]

Secondo il nuovo studio “Profits uncontained. An analysis of container shipping ETS surcharges” pubblicato da Transport & Environment (T&E), «I colossi del trasporto merci marittimo stanno sfruttando il mercato delle emissioni di CO2 dell’Ue (ETS) per aumentare i loro profitti».

Il rapporto T&E prende in considerazione un campione di oltre 500 viaggi, provenienti da e diretti verso i principali porti europei,  e dimostra come «In quasi il 90% dei casi le compagnie di navigazione stiano addebitando ai clienti costi più elevati rispetto a quelli da esse sostenuti per adeguarsi al sistema ETS dell’Ue».

Il report fa l’esempio del caso estremo della compagnia danese Maersk che, «Verosimilmente,  realizzerà più di 300.000 euro di extra profitti per un singolo viaggio».

Quindi, per T&E,  «Le misure di compensazione economica introdotte con il sistema ETS non starebbero inducendole compagnie al boicottaggio dei porti europei. Tutt’altro: lungi dal voler eludere il costo delle loro emissioni, le compagnie di navigazione sembrano aver trovato modo di trarne consistente vantaggio.

La Direttiva Ue prevede un’entrata in vigore graduale del meccanismo di tassazione: nel 2024, le navi dovranno pagare infatti solo il 40% delle loro emissioni, passando al 70% nel 2025 e arrivando al 100% solo nel 2026. I governi dell’Europa meridionale hanno contestato la direttiva emendo che l’ETS potesse allontanare i traffici commerciali dai loro porti, spingendo le compagnie a scegliere scali sull’altro versante del Mediterraneo, in Nord Africa, esclusi dalle misure di compensazione per le emissioni climalteranti. Invece, l’analisi di T&E, dimostra che «Le compagnie di navigazione difficilmente eluderanno l’ETS, almeno sin quando troveranno il modo di trarne ingiustificato profitto».  Infatti, l’ETS per il trasporto marittimo è entrato in vigore il 1° gennaio di quest’anno e il rapporto denuncia che «A partire da quella data le compagnie di navigazione hanno applicato un “sovrapprezzo ETS” che viene addebitato al cliente».

Carlo Tritto, responsabile delle politiche di T&E Italia, ha dichiarato: «I colossi del trasporto marittimo stanno sfruttando le misure ambientali per il loro tornaconto, addebitando al cliente un sovraprezzo addirittura superiore a quanto devono sostenere per adeguarsi all’ETS. E’ paradossale che una misura di compensazione per i danni che si arrecano al clima diventi occasione di extra profitto. Tutti i governi del Sud Europa, tra cui quello italiano, che hanno sollevato dure contestazioni all’estensione dell’ETS al trasporto via mare, temendo di vedere i moli dei propri porti desertificati, hanno sbagliato clamorosamente. A oggi la realtà dimostra che le compagnie navali stanno traendo enormi benefici da questa misura».

L’indagine di T&E ha esaminato 565 viaggi di 80 navi diverse, 20 per ognuna delle 4 più grandi compagnie di navigazione europee: Maersk, MSC, CMA CGM e Hapag-Lloyd, e l’associazione sottolinea che «Il caso più evidente è quello della Maersk: in un singolo viaggio dalla Cina alla Germania, la compagnia guadagnerà circa 325.000 euro di extra-profitti, tutti derivanti dal sovrapprezzo imputato all’entrata in vigore dell’ETS. Per MSC invece un viaggio dall’Europa al Nord America potrebbe fruttare 125.000€ di extra profitti. Si stima che i profitti medi generati da questa strategia si aggirino per Maersk intorno ai 60.000 euro per tratta, a seguire MSC con 25.000 euro, Hapag Lloyd con 23.000 euro e CMA CGM con 14.000 euro.[1] Anche se i profitti generati per ogni viaggio non sono sempre così alti, per le compagnie con centinaia di navi questo meccanismo di sovrapprezzo potrebbe valere milioni di euro di profitti aggiuntivi ogni anno».

Quel che viene fuori dal report è anche che in realtà l’ETS influisce poco sul costo delle merci: «I costi del trasporto via mare hanno un impatto solo marginale sui costi finali delle merci. Questo significa che le compagnie di navigazione possono addebitare costi extra ai clienti senza destare troppo clamore. Come già mostrato in precedenti studi di T&E, anche le misure climatiche più audaci aggiungerebbero soltanto pochi centesimi al prezzo finale della maggior parte dei beni di consumo, come un casco di banane, un paio di scarpe da ginnastica o una televisione».

Inoltre, i costi dell’ETS sono trascurabili se confrontati ai sovrapprezzi, molto più elevati, addebitati a causa dei disagi al commercio conseguenti agli attacchi dei miliziani Houthi nel Mar Rosso. In un caso analizzato da T&E sulle rotte dall’Asia all’Europa gestite dal colosso del trasporto francese CMA CGM, «Il sovrapprezzo imputabile all’ETS è pari a meno dell’1% del prezzo di spedizione di un container, mentre quello generato dai conflitti nel Mar Rosso rappresenta quasi il 18% del costo totale di quello stesso container».
Tritto aggiunge: «Le economie di scala garantiscono  alla logistica via mare la capacità di assorbire facilmente ogni turbolenza nei costi delle loro attività. Quello determinatosi nel Mar Rosso è praticamente il peggiore scenario possibile, ma il commercio globale non ne ha risentito. Il peso finanziario dell’ETS in confronto è poca cosa. Il costo dei crediti di CO2 non è un ostacolo alla decarbonizzazione del trasporto marittimo, dal momento che anche le misure ambientali più ambiziose aggiungerebbero solo centesimi al costo della maggior parte dei beni di consumo»

T&E evidenzia però anche come Maersk – la compagnia con  performance peggiori secondo lo studio – abbia delineato degli ambiziosi piani per la produzione di carburanti green alternativi. Nel 2023, il colosso danese del trasporto ha varato la prima nave portacontainer al mondo alimentata da metanolo sostenibile e, recentemente, ha annunciato obiettivi di decarbonizzazione in linea con gli obiettivi climatici indicati dalla scienza.