Torture diffuse e discorsi che incitano all’odio nella Repubblica democratica del Congo

Intere province del Paese sono fuori controllo mentre si avvicinano le elezioni presidenziali del 2023

[6 Ottobre 2022]

Secondo il rapporto “Rapport sur la torture et autres peines ou traitements cruels, inhumains ou dégradants en République démocratique du Congo du 1er avril 2019 au 30 avril 2022”, presentato dal Bureau conjoint des Nations Unies aux droits de l’homme en RDC (BCNUDH) e dalla Mission des Nations Unies pour la stabilisation en RDC (MONUSCO), «La stragrande maggioranza dei casi di tortura nella Repubblica democratica del Congo (RdC) si verifica in aree colpite dal conflitto dove l’impunità è diffusa».

Il rapporto, che copre il periodo tra il 1 aprile 2019 e il 30 aprile 2022, presenta i risultati del BCNUDH  secondo i quali «Il 93% dei casi registrati di tortura e di altri trattamenti o punizioni crudeli, disumani o degradanti, che hanno colpito 4.946 vittime, sono stati documentati in aree colpite da conflitti armati. Di questo totale, 492 sono stati casi di violenza sessuale, che hanno colpito 761 vittime» e «I membri delle forze di difesa e di sicurezza sono responsabili di 1.293 casi.  1.833 casi sono stati attribuiti a membri di gruppi armati, che a volte hanno agito da soli ma che, in determinate circostanze, hanno sottoposto le vittime ad atti di tortura in collusione con membri delle forze di sicurezza».

Il rapporto dimostra che «Le persone hanno subito torture e maltrattamenti mentre esercitavano i loro diritti fondamentali, come la libertà di espressione e di riunione pacifica, o durante la detenzione. La violenza inflitta nell’ambito dell’amministrazione della giustizia, le restrizioni allo spazio democratico o ai luoghi di detenzione illustrano la natura diffusa della tortura che si sviluppa in un contesto di relativa impunità nella misura in cui poche denunce contro presunti autori di tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, disumani o degradanti vengono depositate o portate a compimento. Tale situazione contribuisce a sottovalutare il problema e la sua portata».

Nonostante l’entità delle violazioni e degli abusi commessi durante il periodo di riferimento, BCNUDH  e MONUSCO denuciano che «Solo due ufficiali dell’esercito, 12 agenti della polizia nazionale  e 75 membri di gruppi armati sono stati condannati per atti di tortura». Il rapporto sottolinea che «L’impunità crea un ambiente favorevole alla continuazione degli atti di tortura e spiega la sfiducia della popolazione nei confronti delle forze dell’ordine e del sistema giudiziario».

Presentando il rapporto, la rappresentante speciale del Segretario generale dell’Onu e capo della MONUSCO, Bintou Keita, ha detto che «MONUSCO continua a sostenere il governo nei suoi sforzi per prevenire e combattere la tortura. i comitati per il monitoraggio delle violazioni dei diritti umani attribuibili all’esercito e alla polizia nazionale, creati dalle autorità nazionali e sostenuti dalla MONUSCO, si sono rivelati utili per rafforzare le capacità in questo settore e dare seguito ai casi di tortura».

L’Alto Commissario ad interim per i diritti umani, Nada Al-Nashif, ha ribadito che «La tortura non può mai essere giustificata, indipendentemente dalle circostanze o dal contesto. Le autorità della Repubblica Democratica del Congo devono agire con urgenza e determinazione per porre fine a questo flagello». Pur riconoscendo gli sforzi intrapresi dal governo di Kinshasa, come la ratifica del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione contro la tortura e la creazione del Comitato nazionale per la prevenzione della tortura (CNPT), la Al-Nashif ha tuttavia fatto notare che «Rimane molto da fare per prevenire, eradicare e perseguire efficacemente la tortura nel Paese. Il governo della Repubblica Democratica del Congo si è impegnato negli ultimi anni con diverse parti del sistema dei diritti umani dell’Onu, tra cui l’Universal Periodic Review del Committee against Torture and the Human Rights Council’s, al fine di adattare la sua legislazione e pratiche in modo che siano conformi al diritto internazionale per quanto riguarda la prevenzione e l’eradicazione della tortura. Queste entità hanno formulato raccomandazioni specifiche per porre fine alla tortura una volta per tutte, ma poche sono state effettivamente attuate. Questo è essenziale per evitare che più persone siano sottoposte a torture e crudeltà. L’UN Human Rights Office  è pronto a sostenere la RdC in questo sforzo certamente complesso ma cruciale».

Ma la situazione in Rdc sembra sfuggire sempre più al controllo di governo e Onu: Christian Salazar Volkmann, direttore della Division des opérations sur le terrain du Haut-Commissariat aux droits de l’homme (HCDH), ha detto:  «Resto preoccupato per la proliferazione di incitamenti all’odio e messaggi che incitano alla violenza, alla discriminazione e all’ostilità, in particolare in relazione alla competizione politica, al conflitto armato nell’est e ai conflitti intercomunitari nel resto del Paese».

A un anno dalle prossime elezioni presidenziali la guerra di tutti contro tutti per le risorse minerarie e ambientali della Rdc sembra infuriare e per l’Onu «E’ importante che i presunti autori di questi messaggi siano assicurati alla giustizia e rispondano delle loro azioni, e che la situazione della sicurezza non si deteriori ulteriormente». Per questo l’United Nations Office of the High Commissioner for Human Rights (OHCHR) ha invitato il governo di Kinshasa ad »Adottare senza indugio le misure necessarie per contrastare questo fenomeno. Un passo importante in questo senso potrebbe essere l’adozione e l’attuazione del disegno di legge su razzismo, tribalismo e xenofobia, attualmente in discussione in Parlamento».

Anche la Bintou Keita della MONUSCO ha sottolineato che «L’incitamento all’odio e l’incitamento alla violenza e all’ostilità sono i principali ostacoli alla coesione sociale. Tali discorsi rischiano di precipitare alcune regioni del Paese verso violenze generalizzate». Per combattere questi flagelli, la Missione delle Nazioni Unite ha istituito un gruppo di lavoro sulla prevenzione e la risposta all’incitamento all’odio. A giugno, con l’aiuto dell’Onu, l’organisation du Forum de Kinshasa sur les discours de haine ha consentito l’adozione di una proposta di strategia subregionale. Ma le Nazioni Unite hanno rilevato che «La situazione della sicurezza in questo Paese, in particolare nelle province orientali congolesi, resta molto preoccupante. Le misure adottate per applicare lo stato d’assedio, entrato in vigore il 6 maggio 2021 nelle province del Nord Kivu e dell’Ituri, non sembrano aver dissuaso i gruppi armati dall’attaccare i civili, in particolare nei luoghi dove si trovano gli sfollati».

Secondo Volkmann, «Quasi 5,5 milioni di persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case a causa delle violenze. Preoccupano anche la rinascita della milizia M23 nel Nord Kivu e i suoi attacchi contro i civili e contro la MONUSCO».

La Keitasi è detta molto preoccupata «Per lo scoppio di violenze da luglio nel territorio di Kwamouth, Mai-Ndombe, nella parte occidentale del Paese. La Missione, lavora con gli operatori umanitari per supportare le autorità nella risposta, nella lotta contro l’impunità e nella ricerca di soluzioni durature a questi conflitti presenti in diverse province del Paese. Dobbiamo evitare a tutti i costi una crisi simile a quella di Kasaï o Yumbi che viene giò seguita da parte del Consiglio». Poi la capo della MONUSCO ha elogiato gli sforzi politici dei Capi di Stato delle sub-regioni dell’Africa orientale e dei Grandi Laghi attuati nell’ambito dei processi di Nairobi e Luanda: «La neutralizzazione definitiva di tutti i gruppi armati e la normalizzazione delle relazioni tra la Repubblica democratica del Congo e il Rwanda sono gli obiettivi finali perseguiti. Più in generale, la Missione continua a sostenere queste iniziative. Coordina così le sue azioni e quelle della vicina force est-africaine con la quale dovrebbe essere messo in atto un meccanismo di adeguamento al fine di garantire il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario durante le operazioni militari che saranno condotte sul suolo congolese».