Yemen: un esperto Ispra per evitare che l’affondamento della nave Rubymar si trasformi in un disastro ambientale

Colpita dagli Houthi il 18 febbraio, la nave trasportava 28.000 tonnellate di fertilizzanti

[7 Marzo 2024]

Luigi Alcaro dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) è stato selezionato dall’Emergency Response Coordination Centre della Commissione europea, tra i vari candidati a livello internazionale, a supportare le autorità Yemenite per far fronte all’emergenza ambientale originatasi dall’affondamento della motonave Rubymar e conseguentemente del suo carico inquinante.

La Rubymar è di proprietà britannica ma batte bandiera del Belize, ed è stata attaccata e danneggiata nel Mar Rosso il 18 febbraio da un missile lanciato dalle milizie Houthi che controllano lo Yemen settentrionale e la capitale Sana’a.

La Rubymar è una vera e propria bomba ecologica: era salpata dagli Emirati Arabi Uniti per trasportare fertilizzanti fino al porto bulgaro di Varna e Ispra spiega che Alcaro «E’ chiamato a valutare il rischio di danno agli ecosistemi marini derivanti dal potenziale rilascio in mare del combustibile di bordo e del carico di fertilizzanti (circa 28.000 tonnellate) e a formulare ipotesi di interventi sul relitto per la mitigazione delle conseguenze del rilascio inquinante».

La nave, colpita da un missile balistico yemenita nell’ambito della guerra navale scatenata dagli Houthi come rappresaglia contro la guerra di invasione e i bombardamenti israeliani a Gaza, è stata abbandonata dall’equipaggio che si è messo fortunatamente in salvo e, dopo aver imbarcato acqua per diversi giorni è affondata con il suo carico di fertilizzanti a base di fosfato di ammonio che rischia di inquinare il Mar Rosso.

Ian Ralby, fondatore della società di sicurezza marittima I.R. Consilium, ha spiegato che il Mar Rosso funziona come una gigantesca laguna: «Ciò che si riversa nel Mar Rosso, rimane nel Mar Rosso».

Come fa notare Africa ExPress, «La Rubymar, dopo essere stata affondata dalle milizie yemenite, sta mettendo a repentaglio l’approvvigionamento idrico per milioni di persone, la lucrosa industria della pesca e rischia di distruggere una delle più grandi barriere coralline del mondo. Non solo, anche l’impatto sottomarino potrebbe rappresentare un rischio  per altre navi che transitano su queste trafficate rotte. Già prima di inabissarsi, la fuoruscita di carburante dall’imbarcazione ha provocate una marea nera di 30 chilometri. L’Arabia Saudita ha la più grande rete di impianti di desalinizzazione al mondo. Intere città, come Gedda, sono costrette a far affidamento a tali strutture che attingono acqua dal Mar Rosso per la quasi totalità dell’acqua potabile. Il petrolio può danneggiare e bloccare i sistemi di conversione dell’acqua salata».