Riceviamo e pubblichiamo

Carrara, da Legambiente 5 osservazioni al progetto del nuovo Piano regolatore portuale

Gli ambientalisti preoccupati per foce del Carrione, rischio erosione e concrete misure di compensazione

[22 Dicembre 2023]

In merito al progetto di nuovo Piano Regolatore Portuale (PRP), presentato dall’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Orientale, Legambiente, pur considerando condivisibile la riorganizzazione interna proposta (ambito commerciale e mercantile a levante e ambito turistico e di interazione con la città a ponente), esprime preoccupazione per gli interventi previsti alla foce del Carrione, per l’assenza di certezze sul rischio erosione, per la carenza di una ”visione” di reale interazione tra porto e città e per la mancanza di concrete misure di compensazione che mitighino l’impatto delle opere portuali.

Legambiente Carrara avanza pertanto le seguenti osservazioni.

  1. Riequilibrare il litorale prima di considerare qualunque ampliamento del porto

Il PRP prevede un rilevante allungamento della diga sopraflutto, la realizzazione di un nuovo bacino e di una nuova banchina che lambisce la foce del T. Carrione. È pertanto inevitabile l’innesco di una ulteriore accentuazione dell’erosione dei litorali posti sottoflutto, che già da decenni subiscono pesanti danni ambientali ed economici.

Il progetto di PRP, seguendo la logica tradizionale, si propone il potenziamento del porto cercando di limitare l’entità di ulteriori impatti: una logica da respingere perché condurrebbe inevitabilmente alla progressiva compromissione del territorio. È ora, invece, che si presentino solo quei progetti che producono un miglioramento ambientale.

Riteniamo pertanto che nessuna proposta di ampliamento portuale possa essere avanzata prima che siano stati attuati interventi di radicale e completo risanamento degli impatti erosivi indotti dalla realizzazione del porto attuale.

Tenuto conto che al deficit sedimentario hanno contribuito in maniera determinante anche le sistemazioni idraulico-forestali degli ultimi due secoli nel bacino del Magra (difese spondali, arginature, briglie, dighe ecc.), riteniamo indispensabile la preventiva concreta realizzazione di un massiccio piano di interventi miranti a rimobilizzare i sedimenti trattenuti nei bacini montani, riattivando così ingenti apporti sedimentari al litorale. In questa prospettiva si collocano alcuni studi dell’Autorità di Distretto dell’Appennino Settentrionale che meriterebbero un ingente sforzo di attuazione: si veda, ad esempio lo studio “Approfondimenti dello studio geomorfologico dei principali alvei fluviali nel bacino del Fiume Magra finalizzato alla definizione di linee guida di gestione dei sedimenti e della fascia di mobilità funzionale” (Rinaldi, 2009. DICeA Univ. Firenze).

Siamo convinti pertanto che il progetto previsto dal PRP debba essere seccamente respinto fino a quando un simile piano di riequilibrio sedimentario del litorale non sarà in avanzata fase di completamento. Sebbene nei prossimi paragrafi si entri nel merito di alcune specifiche problematiche, le osservazioni fondamentali al progetto di PRP possono ritenersi qui già concluse.

  1. Foce del torrente Carrione 

Nella Relazione generale del PRP (p.72) si afferma che “le opere previste dal nuovo PRP non interferiscono con le foci dei torrenti Carrione e del Fosso Lavello”, ma in realtà il consistente prolungamento del piazzale Città di Massa, in destra idrografica del Carrione, per realizzare una nuova banchina deve essere visto in correlazione con quanto previsto dal lotto 1 del Water Front in via di realizzazione da parte dell’Autorità portuale.

Quest’ultimo progetto, infatti, prevede la costruzione di un lungo pennello in sinistra idrografica del Carrione, il mantenimento delle due strozzature idrauliche già esistenti (rappresentate dal ponte ferroviario e da quello su viale Da Verrazzano), oltre a ulteriori e diverse opere infrastrutturali sempre sulla sponda sinistra del Carrione (nuovo raccordo e nuova rotatoria per l’accesso al porto) e al tombamento (di fatto) della foce, conseguente alla prevista realizzazione del terzo ponte a quattro corsie per il nuovo ingresso al porto, che si affiancherebbe al ponte ferroviario esistente.

Il combinato disposto tra nuovo PRP e lotto 1 del Water Front porterebbe, dunque, a un notevole aggravamento del rischio idraulico già esistente.

Si fa altresì notare che la città di Carrara ha subito in questi ultimi 20 anni vari eventi alluvionali, da quello devastante del 2003 all’ultimo del 2014, quando una parte consistente di Marina è stata sommersa dalle acque che il mare non riusciva a ricevere (anche perché il muro di recinzione portuale ne sbarrava il deflusso). È dunque indispensabile rendere permeabile ai deflussi il muro di recinzione.

Viviamo inoltre in una fase di radicale cambiamento climatico in cui gli eventi estremi si fanno sempre più frequenti e le piene dei fiumi non seguono più i tempi di ritorno tradizionali; sarebbe quindi estremamente importante intervenire sulle foci con una logica diametralmente opposta a quella presente nel PRP, prevedendo anzi di restituire spazio al fiume, con un consistente allargamento della sezione di foce, che contempli la ricostituzione di un’area golenale e di fasce spondali, nell’ottica di una progettazione ecologico-naturalistica che faccia convivere funzionalità idraulica, sicurezza e riqualificazione paesaggistico-ambientale.

  1. Erosione del litorale: considerazioni sul progetto

Com’è ampiamente noto, l’erosione del litorale è un tema altamente sensibile che richiede pertanto di essere affrontato con la massima chiarezza, obiettività e completezza, evitando ogni reticenza e affermazioni tendenziose.

Già dalla Relazione Generale (analisi SWOT: punti di forza e di debolezza, opportunità e rischi) si comprende che non è questo lo spirito adottato dal PRP: in essa, infatti, si afferma che la dinamica evolutiva della linea di costa (accrescimenti ma, soprattutto, erosione) è utilizzata strumentalmente come argomento di opposizione allo sviluppo portuale.

Anche lo studio modellistico morfodinamico si limita a simulare la dinamica dei sedimenti tra le due situazioni studiate (stato attuale e stato di progetto).In tal modo lascia sottintendere che, in assenza di variazioni, la nuova configurazione portuale sarebbe da considerarsi priva di impatti. In realtà, poiché la costruzione del porto (1928) ha già innescato una rilevante erosione costiera per parecchi km, anche l’eventuale assenza di variazioni attribuibili alla nuova configurazione portuale dovrebbe essere considerata dannosa poiché renderebbe permanenti gli impatti già indotti dalla configurazione attuale.

I risultati dello studio modellistico, comunque, non mostrano assenza di impatti, ma un aggravamento del deficit sedimentario per circa 1 km a sud del porto. Si tratta dunque di un impatto inaccettabile, anche perché sicuramente innescherebbe altri interventi di opere di difesa litoranea il cui risultato sarebbe la progressiva necessità di altre opere di difesa sottoflutto, in una catena senza fine.

Lo stesso studio, infatti, sostiene (con argomentazioni interessate) che i fenomeni erosivi attualmente in essere nel tratto di litorale tra Massa e Pietrasanta non sono attribuibili al porto, ma sono strettamente connessi alla presenza delle opere di difesa litoranea, poste in opera negli ultimi decenni, che ormai senza soluzione di continuità si sviluppano dalla foce del fosso Lavello quasi sino a quella del fiume Versilia. Si tratta di argomentazioni reticenti: è proprio la realizzazione del porto, infatti, che –innescando l’erosione a sud– ha indotto la realizzazione delle opere di difesa litoranea. È pur vero che queste opere (soprattutto i pennelli trasversali alla riva), più che opere di “difesa” dall’erosione, sono opere di “trasferimento” dell’erosione, ma va riconosciuto che sono state realizzate come tentativo (seppur maldestro) di rimediare all’erosione innescata dalla costruzione del porto.

Anche il prospettato utilizzo per il ripascimento costiero dei sedimenti che dovranno essere dragati dal porto per la manutenzione della profondità dei fondali è in realtà illusorio poiché, date le condizioni di calma del bacino portuale, questi sedimenti (anche qualora fossero privi di contaminazioni) saranno in gran parte di granulometria troppo fine e saranno pertanto rapidamente risospesi e trasportati al largo dal moto ondoso, rendendo di fatto inefficace il ripascimento stesso.

In ogni caso, limitarsi al confronto della situazione sedimentaria litoranea tra la situazione attuale e quella della nuova configurazione del PRP mira a nascondere le responsabilità storiche del porto e a considerare ormai “condonata” la drammatica erosione del litorale da esso generato. Riteniamo invece che il porto debba farsi pienamente carico di tali responsabilità con misure concrete volte a recuperare il deficit solido indotto in passato (anziché limitarsi a minimizzare nuovi danni).

Invitiamo dunque l’Autorità di Sistema Portuale ad abbondonare ogni atteggiamento reticente volto a negare o minimizzare gli impatti del porto sull’equilibrio sedimentario. 

  1. Mancanza di opere di compensazione 

Nel PRP mancano concrete opere di compensazione che vadano a reale beneficio della cittadinanza: proponiamo quindi che l’Autorità Portuale realizzi, a sue spese, un parco lineare costiero tra le foci dei torrenti Carrione e Lavello. Si tratterebbe di risistemare questa striscia di territorio ad area pubblica fruibile, riqualificandola sotto il profilo ambientale e paesaggistico tramite fasce di vegetazione parallele alla linea di costa, che si sviluppino progressivamente dalla linea di riva verso l’interno secondo le successioni naturali proprie di ambienti marini di costa bassa (quali gli habitat dunali, retro-dunali e di macchia mediterranea).La fruibilità dell’area si realizzerebbe, integrandosi con le sistemazioni vegetali, tramite percorsi pedonali, piste ciclabili, aree di sosta con sedute e punti d’ombra, belvedere sul mare e postazioni minimamente attrezzate per la pesca sportiva.

  1. Carenza di una “visione” di reale interazione tra porto e città

L’urbanistica, e la pianificazione territoriale più in generale, già dalla prima metà degli anni ’90, hanno iniziato a riconsiderare le infrastrutture portuali come “brani” fondamentali, e fondanti, degli insediamenti urbani costieri, con l’obiettivo di tentare di ricucire, il rapporto tra la città e il porto, di riappropriare alle funzioni urbane gli affacci a mare, di cancellare o mitigare il ruolo del porto come mera infrastruttura risultato del solo sviluppo industriale.

Sulla scorta anche degli esempi fino ad oggi realizzati, risulta chiaro che la ricucitura città-porto deve essere anzitutto volta a trasformare infrastrutture rigide e impermeabili, nella maggior parte dei casi divenute avulse dai contesti urbani, in strutture permeabili, non bloccate da rigidi confini, da muraglie e da steccati edificatori, ma aperte alla compenetrazione con le funzioni urbane e al costante interscambio con le attività più proprie della città.

Un porto contemporaneo deve avere dunque, almeno in alcune sue parti, un contatto diretto con il tessuto urbano, non ostacolare lo sviluppo sul mare della città, non cingerla con nuove divisioni funzionali, non creare nuove barriere, ma anzi rendere permeabile l’infrastruttura portuale alle funzioni urbane.

Dobbiamo rilevare, purtroppo, che questa innovativa concezione di “porto” non viene affatto recepita dal nuovo PRP.

di Legambiente Carrara