Neanderthal come noi: i loro neonati avevano gli stessi tempi di svezzamento dell’Homo sapiens

Tre denti trovati nell’Italia nord-orientale riscrivono storia e abitudini dei Neanderthal

[9 Novembre 2020]

Lo studio “Early life of Neanderthals”, pubblicato su PNAS da un  team di ricercatori guidato anche dal Diet and ANcient TEchnology Laboratory (dante) dell’università la Sapienza, che ha realizzato analisi geochimiche ed istologiche su tre denti da latte appartenuti a bambini neandertaliani vissuti tra 70.000 e 45.000 anni fa nell’Italia nord-orientale emerge che «Il loro ritmo di crescita era molto simile al nostro», Alla Sapienza dicono che «La scoperta porta ad escludere che uno svezzamento tardo possa essere tra le cause che hanno portato alla scomparsa di questa specie umana».

I tre denti da latte al centro dello studio sono stati rinvenuti in un’area circoscritta dell’Italia nord-orientale, tra le attuali provincie di Vicenza e di Verona: presso il Riparo del Broion, nella Grotta di Fumane e nella Grotta de Nadale.

Il team di ricercatori – del quale hanno fatto parte anche scienziati delle università italiane di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia, dell’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria (IGAG) – CNR, del Centro Internazionale di Fisica Teorica “Abdus Salam”, dell’Università di Firenze, britannici dell’università del Kent e del Natural History Museum of London de tedeschi della  Goethe Universität Frankfurt am Main – spiega che «I Neandertal iniziavano lo svezzamento dei loro neonati intorno al quinto o sesto mese d’età, un periodo del tutto simile a quanto avviene per l’uomo moderno».

Lo studio ha permesso di ricostruire il ritmo di crescita e i tempi di svezzamento dei neonati neandertaliani. Alla Sapienza ricordano che «In modo simile a quanto avviene negli alberi, infatti, il processo di crescita dei denti produce delle “linee di accrescimento” dalle quali è possibile ottenere informazioni attraverso tecniche di analisi istologica. Combinando queste informazioni con dati sulla composizione chimica ottenuti con la spettrometria di massa, gli studiosi sono riusciti a stabilire che i bambini a cui sono appartenuti i denti analizzati hanno iniziato a mangiare cibo solido tra i cinque e i sei mesi d’età».

La co-prima autrice dello studio, Alessia Nava, del Dante al Dipartimento di Scienze odontostomatologiche e maxillo-facciali della Sapienza, ora ricercatrice Marie Curie dell’università del Kent, sottolinea che «L’inizio dello svezzamento è collegato alla fisiologia dei neonati più che a fattori culturali. Per l’uomo moderno, infatti, a prescindere dal tipo di cultura e di società, l’introduzione nella dieta di cibo solido avviene attorno al sesto mese, quando il bambino inizia ad aver bisogno di un maggior apporto energetico: ora sappiano che la stessa tempistica valeva anche per i Neandertal».

e Federico Lugli, dell’università di Bologna e co-primo autore dello studio, aggiunge: «Se facciamo un confronto con altri primati, è molto probabile che l’alto livello di risorse energetiche richiesto per il processo di crescita del cervello umano porti alla necessità di una precoce introduzione di cibi solidi nella dieta dei neonati».

Ma dallo studio arrivano nuove informazioni che permettono di ricostruire importanti caratteristiche e comportamenti dei uomini di Neandertal e, fanno notare i ricercatori «In particolare, permettono di escludere che il numero ridotto della popolazione dei Neandertal potesse essere legato a tempi di svezzamento più prolungati rispetto all’Homo sapiens, elemento che avrebbe portato ad una minore fertilità».
Stefano Benazzi, del Dipartimento di beni culturali dell’università di Bologna e Principal Investigator del progetto di ricerca europeo SUCCESS, che ha l’obiettivo di capire quando l’uomo moderno sia arrivato nell’Europa meridionale, i processi bio-culturali che hanno favorito il suo successo adattativo e le cause che hanno portato all’estinzione del Neandertal, e che ha guidato il team di ricerca, «I risultati di questo studio mostrano che i Neandertal e l’Homo sapiens condividono una richiesta energetica simile nel corso della prima infanzia e un simile ritmo di crescita. Questi elementi suggeriscono che i neonati di Neandertal dovevano avere un peso simile a quello dei nostri neonati: ciò indicherebbe anche una simile storia gestazionale, un simile processo di sviluppo nelle prime fasi di vita e forse anche un possibile intervallo tra le gravidanze più breve di quanto si è pensato finora».

Insieme alle informazioni sulla dieta e sul processo di crescita dei bambini, l’analisi dei denti dei bambini ha permesso di ottenere anche indicazioni sugli spostamenti dei gruppi di Neandertal che vivevano nell’Italia nord-orientale: «Si spostavano meno di quanto ipotizzato in precedenza – dice Wolfgang Müller, della Goethe Universität, tra i coordinatori dello studio – L’analisi degli isotopi dello stronzio presenti nei denti studiati indica infatti che questi bambini hanno passato gran parte del tempo nelle vicinanze del loro luogo di origine: un comportamento che denota una mentalità moderna, collegata probabilmente ad un utilizzo attento delle risorse che avevano a disposizione in quella regione».

Marco Peresani, dell’università di Ferrara, responsabile degli scavi nella Grotta de Nadale, in quella di Fumane e, in condivisione con Matteo Romandini dell’niversità di Bologna, al Riparo del Broion, conclude: «Nonostante ci sia stato un abbassamento generalizzato delle temperature nel periodo analizzato, l’Italia nord-orientale è quasi sempre rimasta una regione ricca di risorse, in termini di cibo, di diversità di ambienti naturali e per la presenza di grotte: tutti elementi che aiutano a spiegare la sopravvivenza dei Neandertal in quest’area fino a circa 45.000 anni fa».

”, dice Pubblicato sulla rivista PNAS con il titolo “Early life of Neanderthals”, lo studio è stato promosso e guidato da Stefano Benazzi, professore al Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna e Principal Investigator del progetto di ricerca europeo SUCCESS (ERC Starting Grant No. 724046), che ha l’obiettivo di capire quando l’uomo moderno sia arrivato nell’Europa meridionale, i processi bio-culturali che hanno favorito il suo successo adattativo e le cause che hanno portato all’estinzione del Neanderthal.