La classificazione linneana e il disinteresse dei primati non umani per i nomi che gli diamo

Gli animali distinguono gli altri esseri viventi, uomini inclusi, per quello che sono: in questo sono certamente più bravi di noi

[8 Febbraio 2024]

Se una cosa è certa è che alle scimmie in particolare, così come a tutti gli animali in generale, non interessa nulla su come vengono chiamate o classificate dagli esseri umani.

Proverbiali sono la loro indifferenza e il loro disinteresse verso l’uomo. Se per esempio chiamiamo uno scimpanzé nano – più comunemente detto Bonobo (Pan paniscus) – Cenerentola, per lui non cambierebbe assolutamente niente.

Gli animali distinguono gli altri esseri viventi, uomini inclusi, per quello che sono, così come vengono percepiti e rappresentati nella mente e fissati nella memoria. In questo sono certamente più bravi di noi, anche perché se così non fosse ne andrebbe della loro esistenza.

Ad esempio, per un topo saper distinguere un gatto da un coniglio è fondamentale, così come per una scimmia lo è distinguere una pantera da una gazzella.

Siamo noi esseri umani che per fare ordine nella nostra mente amiamo dare dei nomi a tutto quello che ci circonda, inclusi gli altri esseri viventi. Abbiamo sentito questa necessità sin dai tempi in cui eravamo ancora dei cacciatori raccoglitori, quando lo facevamo con una forma di protolinguaggio.

Non erano delle parole vere e proprie, ma si distinguevano significativamente solo per l’intensità e la frequenza dei loro suoni.

Poi questo sistema arcaico si è evoluto. Per primi furono i Greci dell’antichità e poi i Romani, che con dei nomi specifici migliorarono questo criterio classificatorio che però è rimasto piuttosto limitato per, le scarse conoscenze naturalistiche del tempo.

Molto più avanti, all’inizio del XVIII secolo, qualcuno ha pensato di mettere ordine a questo sistema che ancora era scientificamente molto approssimativo. Stiamo parlando di Carl Nilsson Linnaeus (italianizzato Linneo), nato in Svezia nel 1707 e morto nel 1778.

Non entreremo nei dettagli della classificazione linneana degli esseri viventi e delle scimmie in particolare per non annoiare il lettore, anche perché in un contesto divulgativo non avrebbe molto senso. Il problema però è sempre esistito.

I tassonomisti, insieme ai genetisti, sono coloro che lavorano su queste questioni e non passa giorno che non si leggano sulle riviste specialistiche delle novità sulle classificazioni degli animali (Specie che diventano Generi o che passano a Sottospecie, addirittura Generi a cui si cambiano i nomi), sollevando molte perplessità tra coloro che lavorano ogni giorno con gli animali, soprattutto nel campo etologico, come in passato ha fatto il sottoscritto, ad esempio con i macachi del Giappone (Macaca fuscata), così chiamati dal 1875 da Edward Blyth (1847), noto zoologo britannico, quindi circa settant’anni dopo la morte di Linneo.

È quindi vero che la classificazione dei primati non umani ha preso spunto da Linneo, ma è anche vero che nel tempo è stata rivista e giustamente corretta sulla base della comparsa di nuove caratteristiche morfologiche (tutti si evolvono) e negli ultimi cinquant’anni sulla base delle scoperte genetiche, in primo luogo quelle di Watson e Crick sulla doppia elica del Dna.

Ai tempi di Linneo, da considerare ad ogni modo il fondatore della tassonomia di tutte le specie viventi, incluse le scimmie, non si conoscevano le leggi fondamentali della genetica, per intenderci quelle sulla ereditarietà dei caratteri di Mendel, Gregor Johann Mendel, un abate agostiniano boemo nato nel 1822 e morto nel 1884.

Mendel scoprì fondamentalmente che i caratteri ereditari sono determinati dai geni, sebbene non sapesse ancora che cosa fosse veramente un gene. Prima di questa scoperta, avvenuta tra il 1865 e il 1886 (in verità si è trattato di una riscoperta fatta all’inizio del XX secolo quindi dopo la morte di Mendel) sulla ereditarietà non si sapeva nulla.

Prima di Mendel tutti, studiosi e non, erano abituati a distinguere gli animali per come si presentavano fisicamente, non per altro: un compito facile per tutti, soprattutto per i primatologi che studiavano il comportamentodelle scimmie allo stato naturale, nelle savane e nelle foreste del mondo in cui esse vivevano ma anche in condizioni di semilibertà.

Ad esempio era facile distinguere una bertuccia (Macaca sylvanus) da un cercopiteco grigioverde (Cercopithecusaethiops, ora ribattezzato Chlorocebusaethiops), quindi due specie appartenenti a due Generi diversi (macaco e cercopiteco), oppure distinguere un babbuino amadriade (Papio hamadryas) da uno scimpanzé comune (Pan troglodytes).

Il compito, almeno in alcuni casi, è stato altrettanto facile per distinguere scimmie appartenenti allo stesso Genere. Le cose invece si sono complicate quando si è trattato di distinguere tra loro alcune scimmie sud-americane che si assomigliano moltissimo, i tamarini; per esempio il tamarino calvo (Saguinus bicolor) dal tamarino dal dorso dorato (Saguinusfuscicollis).

Per distinguerli occorre l’occhio di un esperto. Certo è che per non confondere due specie vicine tra loro e appartenentiallo stesso Genere in base alle loro caratteristiche morfologiche, a volte può essere difficile per un comune mortale, anche se in passato si è sempre cercato di farlo, da prima che Linneo facesse la sua classificazione.

Sono esistiti ed esistono tuttora altri criteri che ci aiutano a distinguere tra loro specie di scimmie diverse appartenenti allo stesso Genere, per esempio in base alla collocazione nei loro contesti naturali.

Molte di loro vivono in luoghi in cui non ci sono altre specie di scimmie, quindi senza contendersi cibo, acqua e luoghi per passare la notte. Per esempio il tamarino calvo vive nella foresta secondaria e nelle aree paludose del Brasile nella zona di Manaus lungo le rive del fiume Rio Negro e Rio Erepecurú.

Si alimenta principalmente di frutta ma anche di resina, essudati, fiori e piccoli animali da preda. Ha un muso scuro, la parte anteriore del corpo e le spalle sono bianche, mentre il resto del corpo sfuma in un marroncino scuro.

Il tamarino dal dorso bruno vive anch’esso in Brasile ma nella foresta primaria, secondaria e in quella equatoriale, inoltre si trova anche in Colombia, Perù ed Ecuador. È principalmente frugivoro, folivoro e insettivoro e una sua peculiarità è quella di non scendere quasi mai a terra. Passa gran parte del suo tempo sulle cime più alte degli alberi.

Insomma esistono abitudini e comportamenti diversi che permettono di distinguerle abbastanza bene. In sostanza è solo per una questione scientifica e ovviamente di convenzione tra gli addetti ai lavori che le specie devono essere identificate nella loro specificità genetica, non per altro.

Questo lo sa molto bene chi lavora nel loro contesto naturale, senza chiedersi quali siano le loro caratteristiche genetiche, ma quali siano i loro usi, i loro comportamenti sociali, la loro alimentazione, il loro livello di conservazione e il loro ambiente. Se poi si conosce anche illoro patrimonio genetico tanto meglio, e questo è sempre possibile farlo.